Export agroalimentare: il segno negativo per la riduzione delle esportazioni anche in valore del -0,5% a causa delle flessioni registrate da mele, kiwi e nocciole sgusciate
Stando ai dati diffusi da Ismea nell’ultimo report “La bilancia dell’agroalimentare italiano”, nei primi sette mesi del 2022, l’export agroalimentare Made in Italy segna un +18% nei mercati esteri rispetto all’anno passato. Da gennaio a luglio sono stati incassati dalle vendite all’estero introiti complessivi per 34,5 miliardi di euro.
Naturalmente i dati in valore risentono della forte spinta inflattiva, ma crescono anche i flussi in volume delle referenze più rappresentative quali: pasta, prodotti della panetteria e biscotteria, vini spumanti, formaggi freschi e stagionati, prosciutti, pelati e polpe di pomodoro.
Il segno negativo incide invece fortemente sul comparto della frutta fresca e trasformata, con una riduzione delle esportazioni anche in valore del -0,5% a causa delle flessioni registrate da mele, kiwi e nocciole sgusciate. Ismea fa riferimento ai prodotti maggiormente esportati, cioè mele e kiwi che rappresentano congiuntamente il 35% del valore e il 45% dei volumi, e segnala la flessione dell’export delle mele (-4,6% in valore per poco meno di 500 milioni di euro e -5,4% in volume), mentre, nel caso dei kiwi si evidenzia una flessione dei volumi inviati oltre confine (- 2,1%) cui è corrisposto un incremento in valore (+2,4% per 283 milioni di euro).
Nel semestre preso in esame, inoltre, si sono quasi dimezzate le esportazioni di nocciole sgusciate, che scendono a 80 milioni di euro contro più di 155 milioni di euro del primo semestre dello scorso anno e in volume a 10,5 mila tonnellate contro più di 20mila tonnellate del 2021. L’export cresce a due cifre sia in ambito Ue (+21% nel primo semestre del 2022) sia presso i Paesi terzi (+16%) favorito, in questo caso, anche da un euro debole sul dollaro. Nei principali mercati di sbocco la progressione è, nell’ordine, del +11% in Germania, del +21% negli Usa, del +18% in Francia. Anche nel Regno Unito, quarta destinazione per importanza, le vendite sono aumentate del +19% a dispetto della Brexit.