La terapia adiuvante antiestrogenica per la cura dei tumori di seno e prostata espone a un maggior rischio di fratture ossee spontanee
La terapia adiuvante antiestrogenica per la cura dei tumori di seno e prostata espone a un maggior rischio di fratture ossee spontanee, tra il 9 e il 14%. Prevenire questo aumento è quindi fondamentale, dal momento che sono coinvolte 7 donne su 10 con tumore del seno a recettori ormonali positivi e 8 uomini su 10 con tumore della prostata. Per questo è nato Predict & Prevent, un programma che velocizza la presa in carico delle pazienti a rischio, grazie a un approccio sinergico, già in fase iniziale, dell’oncologo e del ‘Bone Specialist’, l’esperto dell’osso.
Se necessario, la paziente viene avviata a percorsi terapeutici oncologici e di prevenzione primaria per la salute scheletrica con la prescrizione di farmaci specifici (come indicato dalla Nota 79 dell’AIFA). Tutto questo entro 90 giorni dalla visita iniziale. A distanza di 12 mesi dall’inizio del programma, 4 centri su 10 (Sacro Cuore Don Calabria, Negrar; Fondazione Poliambulanza di Brescia; San Martino, Genova; Ospedale Antonio Caldarelli, Napoli) hanno già messo a disposizione i loro dati, secondo i quali l’85% delle pazienti incluse nel programma sono state inviate entro trenta giorni dall’inizio della terapia alla valutazione della ‘Bone Health’ e il 61% ha iniziato una terapia specifica antiriassorbimento osseo entro 90 giorni, con sensibili benefici sulla tempestività della cura e sulla salute della donna. Il programma è considerato una “best practice” dalle Istituzioni (Parlamento, Ministero della Salute, Agenas Agenzia Nazionale per i Servizi Regionali) ed è potenzialmente applicabile ad altre patologie oncologiche. Al convegno si è parlato anche di metastasi ossee e delle cure oggi disponibili per evitare le complicanze scheletriche, con la presentazione dei risultati del Progetto ENGAGE, ricavati da un questionario che ROPI ha rivolto a pazienti con metastasi ossee da carcinoma della mammella e della prostata. Risultati positivi: oltre il 70% dei pazienti ritiene di essere stato adeguatamente informato sulle problematiche relative alle metastasi ossee e l’88% vuole essere coinvolto nei processi decisionali terapeutici. Di tutto questo si è discusso nella 1° edizione de “Le Giornate Scientifiche: La salute dell’osso”.
“Predict & Prevent nasce dal bisogno di fare cultura tra i professionisti in ambito di salute dell’osso nelle donne con carcinoma mammario ormonoresponsivo in fase precoce che iniziano una terapia adiuvante antiestrogenica – spiega Stefania Gori, Presidente Rete Oncologica Pazienti Italia (ROPI) e Direttore Oncologia Medica IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella –. La riduzione dei livelli estrogenici modifica infatti la qualità dell’osso che diventa più fragile e quindi più soggetto a fratture spontanee. Poichè esistono farmaci che possono evitare queste fratture ma solo il 25% delle pazienti li riceve, con questo progetto si prevede un percorso di formazione per professionisti sanitari, materiale informativo per le pazienti, un modello gestionale (solitamente il gruppo Multidisciplinare sul carcinoma mammario) e una valutazione dei risultati a 12 mesi. Risultati che sono stati sorprendenti: dopo l’applicazione del modello Predict & Prevent ben il 61% delle pazienti con carcinoma mammario in terapia adiuvante con antiestrogeni iniziava anche una terapia protettiva per l’osso”.
“Lo scheletro viene comunemente ritenuto un apparato esclusivamente deputato al sostegno meccanico scheletro – precisa Francesco Bertoldo, unità di Osteoncologia, Università di Verona, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata –. In realtà il tessuto osseo entra in gioco in numerose funzioni del nostro organismo, ad esempio la produzione di globuli rossi e il controllo del metabolismo minerale. Non vi è quasi nessuna patologia che, direttamente o indirettamente, non coinvolga il tessuto osseo. In oncologia, soprattutto nel tumore della mammella e della prostata, il tessuto osseo è ‘vittima’ dei trattamenti ormonali che vengono attuati per la riduzione delle recidive esponendo il paziente al rischio di frattura. Contemporaneamente diventa ‘complice’ della neoplasia perché potenzialmente può ospitare e allevare, come un serbatoio, le cellule neoplastiche che potenzialmente potranno un giorno dare recidive anche in altri visceri. Il controllo anche farmacologico del metabolismo cellulare dell’osso dalle prime fasi della malattia neoplastica permette di preservare l’integrità meccanica dello scheletro ma soprattutto riduce la possibilità che diventi complice e bersaglio della neoplasia”.