Curare i pazienti prima con l’immunoterapia e poi con la target terapia, si è dimostrata la strategia migliore per trattare il melanoma metastatico
Trattare i pazienti prima con l’immunoterapia e poi con la target terapia, si è dimostrata la strategia migliore per trattare il melanoma metastatico. All’Esmo di Parigi sono stati presentati gli ultimi dati di uno studio denominato SECOMBIT coordinato da Paolo Ascierto dell’Istituto Pascale di Napoli, che a quattro anni dalla sua prima sperimentazione dimostra di raggiungere la migliore sopravvivenza globale pari al 63 per cento e una sopravvivenza libera da malattia pari al 55 per cento.
“Lo studio SECOMBIT – dice Paolo Ascierto, direttore del Dipartimento di Melanoma e Immunoterapia dell’Istituto dei tumori di Napoli – ha l’obiettivo di individuare la giusta sequenza di terapie nelle persone con melanoma metastatico che presentano la mutazione del gene BRAF. Il trial sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore. La prima è la combinazione di terapie target per proseguire con la combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab, dopo progressione di malattia. La seconda opzione è la duplice immunoterapia per proseguire con la combinazione di target therapy dopo progressione. Infine il cosiddetto ‘sandwitch arm’, cioè la sequenza di terapie target e della combinazione delle due immunoterapie e, solo in caso di progressione, la prosecuzione con terapie target. La seconda opzione, che prevede l’avvio con la combinazione di immunoterapie, consente di raggiungere la migliore sopravvivenza globale a 4 anni, pari al 63%, rispetto all’avvio con la terapia target (46%) o con la terza opzione (59%). I dati preliminari indicano una sopravvivenza libera da progressione totale pari al 55% iniziando con la combinazione di nivolumab e ipilimumab rispetto al 29% con la terapia a bersaglio molecolare e al 54% con la terza opzione. La scelta dell’immunoterapia prima della terapia target è quindi sostenuta da questi dati”.
Per portare avanti questo studio sono state arruolate 209 persone di 30 centri in 10 Paesi europei. Il Pascale ha coinvolto più pazienti, circa 40. Lo studio Secombit ha inoltre dimostrato per la prima volta che pazienti con un elevato Ldh, l’enzima che correla il carico di malattia, o che avevano molte metastasi, un andamento migliore nella seconda e terza opzione terapeutica. “Nell’analisi dei biomarcatori – continua Ascierto – è stato osservato una correlazione tra TMB (tumour mutational burder) elevato, la mutazione nel gene JAK ed i bassi livelli della citochina interferone gamma con la sopravvivenza”.
Secombit, ma non solo. Il gruppo di ricercatori di Ascierto, prima firma Domenico Mallardo, ha presentato a Parigi un interessante studio i cui protagonisti sono due proteine, Marco e Oas1. Lo studio è stato condotto su 23 pazienti con melanoma avanzato. Queste due proteine, che attivano il sistema immunitario, potrebbero verificare in anticipo quali pazienti rispondono all’immunoterapia. “Benché lo studio necessiti ancora di indagini, i pazienti che abbiamo arruolato – spiega Mallardo – hanno dimostrato cambiamenti sorprendenti nei gruppi responder e non responder, per cui siamo molto fiduciosi”.
Presente all’Esmo di Parigi il direttore scientifico del Pascale, Alfredo Budillon: “L’Istituto dei tumori di Napoli – dice – si conferma un punto di riferimento internazionale per la cura e la ricerca sul melanoma. Il Secombit è uno studio accademico no-profit internazionale concepito e coordinato dal Pascale e noi come Istituto continueremo a promuovere con grande impegno questo tipo di studi indipendenti con la loro componente traslazionale con analisi su biomarcatori come quelli presentati oggi all’Esmo dal gruppo di Ascierto”.