Anche le ossa dei bambini si possono infettare. L’artrite settica è una malattia rara che mette a rischio le articolazioni, l’importanza della diagnosi precoce
Anche le articolazioni dei bambini possono essere soggette a malattie infettive che, se non diagnosticate per tempo e curate in modo appropriato, possono comportare complicanze importanti ed esiti invalidanti. È il caso dell’artrite settica, un’infezione batterica articolare che nell’80% dei casi si manifesta per diffusione ematogena di batteri a partenza da altre sedi, a volte anche silenti. Si tratta di un’ infezione abbastanza rara (5 casi ogni 100mila abitanti in età pediatrica) e per questo motivo a rischio di diagnosi tardiva, soprattutto se i medici non sono adeguatamente formati e aggiornati sull’argomento. Per colmare il gap formativo la Sitop (Società italiana traumatologia e ortopedia pediatrica) lo ha posto come uno degli argomenti centrali del XXIV Congresso nazionale dei giorni scorsi a Roma.
“L’artrite settica interessa nel 50% dei casi neonati e bambini nella prima infanzia con una prevalenza nel sesso maschile di 2 a 1, probabilmente anche per il fatto che tra gli elementi predisponenti alla malattia ci sono i traumi”, spiega Cosimo Gigante, past president Sitop e direttore dell’Unità Operativa Semplice Dipartimentale di Ortopedia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Università di Padova.
“In età neonatale- continua Gigante- gli elementi predisponenti sono la prematurità, il parto cesareo, il ricovero in terapia intensiva neonatale e le manovre invasive come il cateterismo venoso ombelicale. Più rare, invece, altre cause quali la penetrazione diretta per ferita articolare, per artrocentesi o per contiguità da fistolizzazione di una osteomielite”.
RISCHIO DIAGNOSI TARDIVA
Questa malattia se non viene diagnosticata e curata per tempo può portare al cosiddetto ‘infarto dell’osso’. “Il rischio della diagnosi tardiva- spiega Gigante- è il danno locale della cartilagine articolare, la necrosi ossea articolare ma anche alterazioni irreversibili o parzialmente reversibili della cartilagine di accrescimento.
Un’anca sede di una pregressa artrite settica non appropriatamente o tardivamente trattata può esitare non solo in una testa necrotica deforme ma anche in un collo femorale accorciato. Un insieme di alterazioni morfologiche che nel loro complesso espongono il paziente da adulto alla necessità di una protesizzazione totale dell’anca. Il nostro ruolo, di medici e ortopedici– sottolinea il past president Sitop- è quindi cruciale per assicurare al paziente sia una buona qualità di vita nell’immediato della malattia, ma anche per evitare i costi che il Servizio sanitario nazionale dovrebbe sostenere negli anni successivi a causa di un’artrite settica non diagnostica o non curata adeguatamente”.
COME SI FA LA DIAGNOSI?
“La diagnosi deve essere fatta su base clinica“, spiega Gigante. L’infezione presenta caratteristiche tipiche come la febbre, il dolore e l’impotenza funzionale. Queste caratteristiche, però, in età neonatale possono anche essere pressoché assenti. In un neonato anche solo semplicemente irritabile e inappetente, va posta attenzione ad un arto inferiore innaturalmente immobile, la cosiddetta ‘pseudo paralisi neonatale’ dell’arto, che è il principale segno clinico di sospetto per l’artrite settica. In generale per diagnosticare l’artrite settica dell’anca si seguono i quattro criteri di Kocher: febbre superiore a 38,5 gradi; incapacità di carico; Ves superiore a 40; e leucocitosi superiore a 14.000 cellule per metro cubo. “Quando 4 di questi criteri vengono soddisfatti la probabilità della diagnosi è 99,5%, ma anche quando ne vengono soddisfatti 3 è del 93%”, precisa Gigante.
Successivamente “va fatta un’ecografia che dimostri la presenza di versamento articolare; è un’informazione di tipo quantitativo ma non qualitativo a cui dovrà seguire un’artrocentesi, cioè un prelievo con ago del liquido sinoviale che dovrà essere inviato in laboratorio. Già all’esame ispettivo- spiega il past president Sitop- un liquido molto torbido orienta per l’artrite settica”. In casi selezionati, e particolarmente quando si sospetti la coesistenza di una osteomielite, va considerata l’opportunità di eseguire una Rmn.
LA TERAPIA
Gigante precisa poi come sia fondamentale, fin dall’inizio, “istituire un’adeguata terapia antibiotica parenterale per via endovenosa”. Se l’artrite settica interessa altre articolazioni, come il ginocchio, “può essere affrontata con terapia conservativa e artrocentesi mentre- spiega- l’artrite settica dell’anca richiede quasi sempre un’evacuazione chirurgica. Già dopo 8 ore, infatti, gli enzimi proteolitici liberati dalle cellule infiammatorie producono un danno istologico delle cartilagini. Poi un secondo meccanismo con cui si produce un danno a livello dell’anca è l’aumento della pressione articolare che interferisce con la vascolarizzazione e se non c’è ossigeno che perviene alle cellule epifisarie si ha un infarto della testa e quindi alterazioni di tipo distruttivo che possono essere anche irreversibili. Entro poche ore dall’esordio della malattia, particolarmente a livello dell’anca, si è dunque chiamati a un drenaggio chirurgico”. Il trattamento antibiotico va di regola complessivamente protratto per non meno di 3-4 settimane.
La buona notizia, spiega la Dire (www.dire.it), è che dell’artrite settica “si guarisce sempre, almeno alle nostre latitudini– rincuora Gigante- ma il problema è il ‘come si guarisce’ e questo dipende da noi medici e ortopedici: possiamo far sì che il bambino guarisca bene se sapremo interpretare fin dall’inizio i segnali della malattia esprimendo al meglio il nostro potenziale terapeutico”.