Alla scoperta di “Respiro”, l’ultimo concept di Open Project


Si chiama Respiro l’ultimo concept di Open Project, lo studio di architettura e ingegneria fra i più attivi d’Italia, con sede a Bologna: parlano gli ideatori

respiro open project

Si chiama Respiro l’ultimo concept di Open Project (Open Project), lo studio di architettura e ingegneria fra i più attivi d’Italia, con sede a Bologna, che tocca il tema, caro alla firma progettuale, della rigenerazione. Questa volta a essere rinnovati sono gli spazi pubblici nel centro storico del comune di San Lazzaro di Savena, cittadina alle porte del capoluogo emiliano, grazie a un’opera che lega organicamente la piazza e il corso principale, creando un unico grande ambiente urbano di 6mila metri quadri con una lunga promenade a uso esclusivo pedonale e ciclabile. Già il nome del concept, Respiro, è un manifesto attuativo della vision di Open Project, che così mette a punto una trasformazione radicale dell’idea di piazza, per fare in modo che questa venga aperta all’uso condiviso e sia vissuta appieno dalla cittadinanza, come a dire: un salotto a cielo aperto.

Condivisione, sostenibilità e ricerca, da sempre al centro dell’indagine e della pratica progettuale dello studio, sono adesso il cuore di un team specializzato, l’Open Project Sustainability Hub che Francesco Conserva, architetto e ingegnere, partner e vicepresidente di Open Project, ha fondato con lo scopo di definire strategie, metodi e strumenti di approfondimento per rispondere alle sfide attuali e future della sostenibilità. Ne parliamo con Andrea Botti, Sustainability Research Lead, e Annamaria Draghetti, Sustainability Manager.

Dal vostro ultimo concept per il Comune di San Lazzaro di Savena emerge l’idea della piazza come salotto urbano all’aperto, qual è la vostra visione degli spazi condivisi da una comunità?

Annamaria Draghetti – Gli spazi condivisi di una comunità sono i luoghi che per primi sono dedicati alle relazioni fra le persone e fra generazioni differenti, è lì che avvengono di scambi personali ma anche professionali e commerciali. Pensare, progettare e intervenire su questi spazi vuol dire interpretare le esigenze della comunità e offrire le risposte che più ne potenziano la funzionalità. Il concept Respiro rappresenta bene la nostra visione architettonica della rigenerazione degli spazi pubblici: un insieme organizzato di micro e macro-azioni che hanno come obiettivo quello di favorire, aumentare e connettere i flussi urbani principalmente legati alla mobilità dolce, per restituire alla comunità un luogo vivo, accogliente e inclusivo. Abbiamo messo in campo tre azioni per “respirare”, volte cioè a migliorare il benessere psicofisico degli utenti, a creare uno spazio multifunzionale e di comfort di alta qualità; il concept prevede la creazione di una grande area pedonale con pavimentazioni permeabili e aiuole e il potenziamento delle infrastrutture verdi, con piste ciclabili. All’interno dell’area sono previsti dei luoghi diffusi e ombreggiati di sosta, adatti a tutte le età, ma allo stesso tempo è garantita la flessibilità verso quegli appuntamenti costanti che caratterizzano la piazza, come il mercato e le fiere.

L’architettura è in grado di fronteggiare le conseguenze, spesso disastrose e impreviste, dei cambiamenti climatici e in che modo?

A. D. – L’architettura è indubbiamente tra i principali attori in campo per la lotta ai cambiamenti climatici. Come progettisti abbiamo la responsabilità di promuovere e dare vita a processi ideativi, produttivi e costruttivi che rispondano a queste sfide in maniera concreta, fattiva. In questo senso siamo chiamati a proporre modelli di sviluppo alternativo, come manifestazione dell’urgenza e importanza di questi aspetti e delle conseguenti azioni che ciascuno di noi, con il proprio ruolo ed esperienza, può mettere in campo. Le tematiche principali sui quali possiamo concretamente agire sono principalmente due: da un lato attraverso la riduzione dell’impatto ambientale degli interventi di ristrutturazione e costruzione di nuovi edifici e dall’altro predisponendo l’adattamento di quest’ultimi ai maggiori eventi che incidono sul clima, quali ad esempio le ondate di calore e le piogge temporalesche. Per questo pensiamo che sia necessario e urgente adottare tutte le strategie in grado di minimizzare e tenere sotto controllo le emissioni di CO2 legate all’intero ciclo di vita di un edificio, quindi non solo quelle prodotte in fase di utilizzo ma anche quelle legate alla sua costruzione e al futuro smaltimento. Questo si traduce in un esame attento e preciso dell’intero processo costruttivo, partendo dalla progettazione di edifici longevi e flessibili, scegliendo prodotti e materiali fatti in massima parte con materiale riciclato e con basso carbonio, minimizzando i consumi in fase di utilizzo.

In che senso il modo di progettare di Open Project può essere definito “lungimirante” e come è cambiato per rispondere alle sfide di sostenibilità presenti e future?

Andrea Botti – Negli ultimi anni nel settore dell’edilizia l’efficienza e il risparmio energetico sono diventati delle priorità, in parte per via dell’orientamento normativo e degli incentivi fiscali, sia a livello europeo che nazionale. In Open Project riconosciamo come la riduzione dei consumi energetici, sebbene di importanza fondamentale, sia solo uno degli aspetti da considerare all’interno di un approccio progettuale orientato alla sostenibilità. Ci sono molti altri punti da valutare e includono la riduzione dei rifiuti, l’utilizzo efficiente di materiali e risorse, la diminuzione del consumo di suolo e l’utilizzo di mobilità a basso impatto ambientale, infine il benessere psicofisico degli occupanti e la qualità ambientale di spazi interni ed esterni. Il team di ricerca applicata Open Project Sustainability Hub lavora a stretto contatto con i nostri progettisti al fine di definire strategie, metodi e strumenti di approfondimento per rispondere in maniera credibile e concreta alle sfide attuali e future della sostenibilità. Questi processi ora sono tutti parte del nostro approccio, il che ci permette di offrire una modalità integrata di progettazione per massimizzare il beneficio delle misure bioclimatiche, soddisfare le aspettative di comfort visivo e termico negli interni e microclimatico all’esterno. Allo stesso tempo siamo in grado di ridurre le emissioni che incidono sul clima per tutto l’intero ciclo di vita degli edifici e di rispettare il principio “Do No Significant Harm” cioè di non causare danni significativi all’ambiente, parte integrante del PNRR e cardine della Tassonomia UE, per assicurare la sostenibilità degli investimenti finanziari.

Può farci qualche esempio fra le opere realizzate dallo studio in cui si manifesta questo nuovo approccio progettuale?

A. B. – Questo approccio in parte si traduce nel valore aggiunto portato dalle certificazioni ambientali sui nostri progetti, molto amato dai grandi investitori immobiliari e dalle aziende multinazionali nostri clienti, ad esempio il LEED Gold per uno studentato con oltre 500 alloggi appena completato a Bologna; un progetto di un nuovo concept ricettivo, anch’esso LEED, di cui a breve inizieranno i lavori di costruzione oppure per la riqualificazione di edifici storici a Bologna e a Milano l’adozione di diversi protocolli WELL uffici, valorizzatori del benessere psicofisico degli occupanti e in linea con i principi della biofilia. Inoltre stiamo lavorando come capogruppo al progetto del MoLO in MIND nell’area ex Expo di Milano, uno degli sviluppi più strategici e importanti a livello nazionale in termini di sostenibilità, per il quale, oltre a coordinare la progettazione definitiva ed esecutiva, siamo LEED AP e responsabili di “carbon footprint” ovvero di misurare e ridurre l’impronta ecologica del progetto relativamente alla scelta di materiali e soluzioni costruttive. Inoltre stiamo proponendo l’applicazione di certificazioni di edifici “zero carbon”, che puntano a dimostrare a livello pratico come i progettisti possano fornire un contributo sostanziale agli obiettivi strategici di decarbonizzazione nazionali ed europei e, a livello locale, all’ambiziosa EU Cities Mission, per raggiungere l’obiettivo di cento città climaticamente neutrali entro il 2030.

https://www.openproject.it/

Fonte: ufficio stampa Sign Press – Isabella Clara Sciacca