“Meraviglia senza tempo”: alla Galleria Borghese fino a gennaio la pittura su pietra. In mostra 60 opere che raccontano questa tecnica nella Roma tra Cinquecento e Seicento
Sfidare il tempo, la scultura e la natura. Imprimere forma e colore su materiali primordiali, rendere immortale un’immagine dipinta. È la pittura su pietra, tecnica in voga tra il Cinquecento e il Seicento come risposta artistica, ma anche politica, alla caducità avvertita dopo le devastazioni del sacco di Roma. A questa pratica resuscitata da Sebastiano del Piombo – che inventa “una sorta di mastice” per dipingere sulla pietra – è dedicata la mostra ‘Meraviglia senza tempo’, allestita a Galleria Borghese, curata da Patrizia Cavazzini e la direttrice Francesca Cappelletti e visitabile fino al 29 gennaio 2023.
È la stessa collezione Borghese nei primi tre decenni del Seicento a presentare esempi di pittura su pietra riportati in mostra grazie anche a prestiti internazionali. Come per lo Stipo Borghese-Windsor, chiamato così perché da Roma è partito alla volta dell’Inghilterra dove è rimasto per un secolo e mezzo per poi arrivare al Getty Museum di Los Angeles e da qui di nuovo a Galleria Borghese in occasione dell’esposizione. Un mobile di grandi dimensioni e di rappresentanza, incredibilmente intarsiato di pietre dure, con decorazioni in bronzo dorato, argento e argento dorato. “Si tratta di prestiti sensazionali- ha spiegato Cappelletti- La collezione Borghese possedeva quasi 40 esemplari e questa mostra ci fa scoprire un aspetto di questa raccolta ancora oggi non così immediato”.
Con oltre sessanta opere provenienti dai musei italiani e stranieri e collezioni private, ‘Meraviglia senza tempo’ racconta anche il dibattito dell’epoca legato a una gara tra la pittura e la scultura, oltre al rapporto degli artisti con gli artigiani, figure chiave per realizzare la pittura su pietra. Nelle otto sezioni in cui si articola il percorso espositivo, si incontrano opere come il Ritratto di Roberto di Filippo Strozzi fatto da Filippo Salviati su marmo africano, o quello di Cosimo de Medici su porfido rosso attribuito al Bronzino, o ancora il ritratto di Clemente VII con la barba di Sebastiano del Piombo. Un modo, la pittura su pietra, prediletto anche per rendere immortale la memoria di un personaggio.
Fermare la bellezza era un altro degli obiettivi di questa tecnica. A raccontarcelo sono le tre immagini femminili, Ebe, Lucrezia e Cleopatra, dipinte da Leonardo Grazia su lavagna. Lapislazzuli e pietre paesine sono i protagonisti delle sezioni Dipingere con la pietra e Pietre preziose e colorate, con l’artista Antonio Tempesta che mostra la sua abilità a usare il colore e le screziature delle pietre per comporre l’opera. È così, per esempio, con il suo ‘Il passaggio del Mar Rosso‘, dove Tempesta sfrutta il marmo rosso per rappresentare il mare. Una notte come la pietra è la sezione che mostra infatti come certi materiali come la lavagna, la pietra di paragone e il marmo belga siano stati scelti dai pittori per evocare la notte e scene notturne.
“Era una gara ma anche un’allenaza tra l’arte e la natura- ha detto infine Cappelletti- la pietra è un materiale davvero naturale, primordiale, e sulle sue venature gioca l’abilità dell’artista, come anche sul suo significato: la capacità per la pittura di durare quanto la scultura e di essere quasi eterna. È un argomento che credo potrà stupire, come stupiva i committenti e i collezionisti seicenteschi per la grandiosità e la ricchezza di questi oggetti e di questi dipinti”.