Melanoma avanzato: un nuovo approccio terapeutico basato sul trattamento con linfociti infiltranti il tumore può migliorare la sopravvivenza libera da progressione
Un nuovo approccio terapeutico basato sul trattamento con linfociti infiltranti il tumore (TIL) può migliorare in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto all’immunoterapia standard nei pazienti con melanoma avanzato. Lo dimostrano i risultati dello studio di fase 3 M14TIL, presentati all’ultimo congresso dell’European Society of Medical Oncology (ESMO).
In particolare, nel gruppo di pazienti trattati con TIL è stata ottenuta una riduzione del 50% del rischio di progressione della malattia o di decesso rispetto al trattamento standard.
«Questo è il primo studio randomizzato e controllato a dimostrare l’efficacia e i benefici della terapia cellulare nei pazienti con tumori solidi», ha dichiarato l’autore principale dello studio, John Haanen, del Netherlands Cancer Institute di Amsterdam. «Nei pazienti affetti da melanoma abbiamo osservato una riduzione del 50% delle possibilità di progressione della malattia o di morte, un dato che cambia assolutamente la pratica clinica. È la prima volta che un approccio basato su TIL viene confrontato direttamente con il trattamento standard, in questo caso ipilimumab. Quindi, siamo ora in grado di posizionare il trattamento con TIL molto meglio nel panorama della gestione dei pazienti con melanoma metastatico», ha aggiunto l’autore.
«La terapia con TIL è una terapia straordinaria», ha dichiarato George Coukos, dell’Ospedale Universitario di Losanna e dell’Istituto Ludwig per la Ricerca sul Cancro di Losanna, non coinvolto nella sperimentazione, commentando i risultati. «Il trattamento con TIL è un nuovo paradigma nel trattamento dei tumori e, come dimostrano chiaramente questi risultati, è efficace e fattibile su larga scala. Questi risultati accrescono le speranze per la gestione e la potenziale cura dei tumori solidi metastatici».
I TIL e lo studio M14TIL
La procedura inizia, in pratica, con il prelievo di un piccolo campione di cellule provenienti dal tumore asportato al paziente, l’isolamento delle cellule T immunitarie isolate dal tessuto tumorale e l’espansione in vitro di queste ultime. L’infusione delle cellule così ottenute nel paziente è preceduta da una chemioterapia preparatoria linfodepletiva e non mieloablativa con ciclofosfamide più fludarabina e seguita da un trattamento con interleuchina-2 ad alte dosi.
Nello studio M14TIL, un trial multicentrico e randomizzato, in aperto, 168 pazienti con melanoma non resecabile in stadio IIIC-IV sono stati assegnati all’immunoterapia con l’anticorpo anti-CTLA-4 ipilimumab o al trattamento con i TIL. Da notare che la maggior parte dei pazienti arruolati nello studio (89%) era risultata refrattaria a un precedente trattamento con anticorpi anti-PD-1.
L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS), mentre gli endpoint secondari erano i tassi di risposta complessiva (ORR) e completa, la sopravvivenza globale (OS) e la sicurezza.
Sopravvivenza e tassi di risposta superiori con i TIL
I risultati riportati per la prima volta a questo congresso ESMO mostrano che, con un follow-up mediano di 33,0 mesi, i pazienti trattati con i TIL hanno avuto una PFS significativamente più lunga rispetto a quelli trattati con ipilimumab: 7,2 mesi contro 3,1 mesi (HR 0,50; IC al 95% 0,35-0,72; P < 0,001).
L’ORR è risultato del 49% nel braccio assegnato al trattamento cellulare e del 21% in quello trattato con ipilimumab, con rispettivamente il 20% e 7% di risposte complete.
Anche la mediana di OS è risultata superiore nei pazienti trattati con TIL rispetto a quelli sottoposti all’immunoterapia: 25,8 mesi contro 18,9 mesi (HR 0,83; IC al 95% 0,54-1,27; P = 0,39). I pazienti sono comunque ancora in follow-up per la valutazione dell’OS.
Cambio di passo con l’avvento dell’immunoterapia, ma persistono bisogni non soddisfatti
Nel panorama delle opzioni terapeutiche per i pazienti affetti da melanoma metastatico, gli inibitori dei checkpoint immunitari, tra cui gli inibitori di PD-1 nivolumab e pembrolizumab e l’inibitore di CTLA-4 ipilimumab, hanno rappresentato un cambiamento radicale in questi ultimi 10 anni. Questi farmaci sono in grado di ‘togliere il freno’ al sistema immunitario e riattivare la risposta immunitaria contro le cellule tumorali, ripristinando la funzione dei linfociti-T bloccati dal meccanismo messo in atto dal tumore per eludere le difese immunitarie naturali.
«Questi farmaci hanno un profilo di sicurezza molto buono, associato a un’efficacia piuttosto elevata e oggi vengono spesso somministrati come terapia di prima linea. Tuttavia, dopo il fallimento delle terapie di prima linea, le opzioni per i pazienti diventano molto scarse, in particolare per quelli in cui falliscono le terapie con anti-PD-1, per cui persiste un vero e proprio bisogno non soddisfatto per questi pazienti», ha spiegato Haanen. Per esempio, «Nel nostro studio, l’89% dei pazienti aveva fallito il trattamento con anti-PD-1», ha proseguito l’autore, aggiungendo che i restanti pazienti erano stati arruolati nello studio prima che le terapie anti-PD-1 fossero autorizzate.
Possibile meccanismo della TIL
Esplorando il possibile meccanismo grazie al quale la terapia con TIL è efficace nei pazienti in cui il trattamento con anti-PD-1 ha fallito, Haanen ha ipotizzato che il meccanismo di resistenza agli anti-PD-1 risieda nel microambiente tumorale.
«Quindi, se togliamo queste cellule dal loro ambiente naturale, le riattiviamo in laboratorio, le facciamo crescere in grande quantità e le restituiamo ai pazienti, possiamo superare alcuni dei meccanismi di resistenza. Ed è ciò che stiamo vedendo, altrimenti i TIL non funzionerebbero in questo setting», ha aggiunto l’autore.
Eventi avversi gestibili
Eventi avversi di grado 3 o superiore si sono verificati in tutti i pazienti trattati con i TIL e nel 57% di quelli trattati con ipilimumab. Tuttavia, Haanen ha precisato che: «Gli effetti collaterali sono ben controllabili e la maggior parte di essi si risolve entro il momento in cui i pazienti lasciano l’ospedale dopo il trattamento con i TIL».
L’autore ha anche sottolineato che gli eventi avversi osservati sono in realtà associati per la maggior parte alle altre terapie, tra cui la chemioterapia e l’interleuchina-2, che i pazienti hanno ricevuto come parte del trattamento con i TIL.
Potenziale esplorato in altri tumori solidi
In merito all’impatto di questa terapia, Haanen ha concluso che: «i TIL hanno il potenziale di giovare anche a pazienti affetti da un’ampia gamma di tumori solidi e, infatti, sono attualmente in corso sperimentazioni in molti tipi di tumori, tra cui quelli del polmone, della cervice e del distretto testa-collo».
L’autore ha spiegato che lo studio è stato condotto in centri universitari dei Paesi Bassi e della Danimarca, senza alcun coinvolgimento da parte delle aziende. I ricercatori stanno ora lavorando per ottenere l’approvazione della terapia con TIL da parte dell’autorità regolatoria europea.
«I risultati di questo studio di fase 3 potrebbero potenzialmente portare all’approvazione da parte delle agenzie regolatorie, che cambierebbe la pratica clinica», ha sottolineato Coukos. «I Paesi che prenderanno in considerazione questo percorso potranno istituire centri in grado di somministrare la terapia con TIL e rendere questa terapia un potenziale trattamento di seconda linea nel melanoma avanzato», ha concluso l’esperto.
Bibliografia
J.B.A.G. Haanen, et al. Treatment with tumor infiltrating lymphocytes (TIL) versus ipilimumab (IPI) for advanced melanoma: results from a multicenter, randomized phase 3 trial. Annals of Oncology (2022) 33 (suppl_7): S808-S869. 10.1016/annonc/annonc1089. Link