Colangiopatie: AIRCS, Associazione italiana per la ricerca sulla colangite sclerosante, finanzia un progetto congiunto AOUP-Cnr su organoidi
L’Aircs-Associazione italiana per la ricerca sulla colangite sclerosante finanzierà un progetto di studio su organoidi (versioni miniaturizzate di un organo in vitro in 3D, con caratteristiche microanatomiche realistiche) per la cura delle colangiopatie condotto dall’Istituto di Fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc) e Aoup-Azienda ospedaliero-universitaria pisana per un importo pari a 15mila euro l’anno (rinnovabili sino al raggiungimento degli obiettivi).
Il progetto, nato da un’idea della dottoressa Serena del Turco di Cnr-Ifc e del dottor Davide Ghinolfi dell’Unità operativa di Chirurgia epatica e del trapianto di fegato dell’Aoup, è denominato Icome (Isolamento e propagazione di organoidi di colangiociti: un nuovo strumento nella ricerca sui meccanismi fisiopatologici delle colangiopatie) e vi collaborano anche le dottoresse Giuseppina Basta, Beatrice Silvestrini e Serena Babboni, ricercatrici del Cnr, la dottoressa Caterina Martinelli e il dottor Francesco Torri oltre a tutto il personale del centro trapianti di fegato dell’Aoup diretto dal professore Paolo De Simone.
Le colangiopatie, patologie che colpiscono le vie biliari del fegato, sono un ampio gruppo di malattie tra cui la colangite biliare primitiva, la colangite sclerosante, l’atresia delle vie biliari e le patologie tumorali quali il colangiocarcinoma. A causa della loro natura evolutiva e della mancanza di terapie mediche efficaci, sono responsabili di un’elevata mortalità e il trapianto di fegato rimane ad oggi spesso l’unica possibilità di guarigione. Le malattie del sistema biliare rappresentano il 70% delle indicazioni per trapianto pediatrico di fegato e fino a un terzo di quello adulto e sono caratterizzate da un alto tasso di recidiva e necessità di ri-trapianto.
Un rilevante problema nella ricerca sulle colangiopatie è la mancanza di modelli in vitro umani per studiare i meccanismi alla base della patologia e per convalidare potenziali bersagli terapeutici. Così i sistemi di coltura di organoidi sono emersi come una nuova tecnologia di frontiera nella ricerca sul fegato e sulle vie biliari. A differenza delle classiche colture cellulari, costituite da un singolo strato di cellule coltivate in vitro, gli organoidi ricreano infatti un modello miniaturizzato e tridimensionale dell’organo oggetto di studio più fedele alla realtà. Sono quindi una “piattaforma” per valutare la malattia e l’impatto in termini di tossicità di un nuovo farmaco, consentono lo sviluppo di terapie mirate contro i tumori e molte altre patologie croniche simulando in laboratorio quello che accadrebbe in un organismo vivente, permettendo inoltre di superare la sperimentazione sul modello animale.
L’obiettivo dello studio pisano sarà isolare e utilizzare gli organoidi di colangiociti per applicazioni nell’ambito della medicina rigenerativa con l’obiettivo di offrire uno strumento “di precisione” per studiare e riparare il dotto biliare sia prima sia dopo il trapianto, e nella creazione di dotti biliari artificiali funzionanti partendo da biopsie epatiche di pazienti.
Il mondo della ricerca internazionale ha già iniziato a muoversi in tale ambito con risultati promettenti. In particolare, la somministrazione di organoidi colangiocitari durante la perfusione ex-situ del fegato ha dimostrato, come riportato in un recente articolo dei ricercatori di Cambridge pubblicato su Science, di riuscire a riparare i danni delle vie biliari dovute all’ischemia che avviene durante le fasi di prelievo e conservazione di un organo destinato al trapianto.
Uno speciale ringraziamento – per questo finanziamento che apre un nuovo capitolo di ricerca e di speranza per i pazienti – va alla presidente dell’Aircs Stefania Cappanera che da anni, con la collaborazione dei volontari dell’associazione, profonde energie per promuovere lo studio e finanziare la ricerca sulle malattie biliari.