Coronaropatie: inibitori del P2Y12 efficaci come l’aspirina


Nei pazienti con malattia coronarica accertata la monoterapia con un inibitore del recettore piastrinico P2Y12 riduce il rischio di eventi ischemici rispetto alla sola aspirina

Contro l’infarto, arriva la proteina “spugna” che pulisce le arterie del cuore: prima paziente trattata all’IRCCS MultiMedica

Potrebbero rappresentare la pietra miliare per un cambio di paradigma nella prevenzione secondaria delle coronaropatie. I risultati della metanalisi PANTHER, presentati al congresso ESC 2022 dal professor Marco Valgimigli, Fondazione Cardiocentro Ticino di Lugano, Svizzera, indicano, infatti, che nei pazienti con malattia coronarica accertata la monoterapia con un inibitore del recettore piastrinico P2Y12 riduce il rischio di eventi ischemici rispetto alla sola aspirina, senza aumentare il rischio di sanguinamento.

Il panorama clinico
La terapia antipiastrinica a lungo termine con aspirina è considerata il gold-standard della prevenzione secondaria nei pazienti con cardiopatia ischemica aterosclerotica. Il trattamento con solo aspirina life-long è raccomandato dalle linee guida dopo un ciclo iniziale di duplice  terapia antipiastrinica (DAPT) basata su un inibitore del P2Y12 più aspirina nei pazienti con sindrome coronarica acuta o in quelli sottoposti a intervento coronarico percutaneo (PCI).

Lo studio randomizzato CAPRIE aveva riscontrato una riduzione, seppure ai limiti della significatività, degli eventi cardiovascolari mediante trattamento con clopidogrel in monoterapia rispetto all’aspirina in monoterapia in pazienti con malattia aterosclerotica coronarica, cerebrovascolare e/o periferica. Studi di confronto tra la monoterapia con inibitore del P2Y12 (clopidogrel o ticagrelor) rispetto alla monoterapia con aspirina hanno tuttavia prodotto risultati contrastanti. Per dare una risposta a questo problema, Valgimigli e colleghi hanno eseguito una metanalisi soprannominata PANTHER.

Caratteristiche e obiettivi della ricerca
Lo studio PANTHER costituisce la più completa meta-analisi condotta fino ad oggi dei dati di singoli partecipanti di studi randomizzati controllati che hanno valutato in pazienti con malattia coronarica accertata l’effetto su oucome ischemici ed emorragici definiti della monoterapia con inibitori del P2Y12 orali attualmente raccomandati (clopidogrel, prasugrel o ticagrelor) rispetto alla monoterapia con aspirina.

I ricercatori hanno incluso sette studi – ASCET, CADET, CAPRIE, DACAB, GLASSY, HOST-EXAM e TiCAB – con una popolazione complessiva di 35.752 pazienti provenienti da 492 siti in Asia, Europa e Nord America. Dopo aver escluso i pazienti che non avevano una malattia coronarica accertata, quelli che evevano abbandonato gli studi in anticipo, che avevano avuto un evento durante una fase iniziale della DAPT o che avevano ricevuto esclusivamente la DAPT, la popolazione complessivamente analizzata è stata di  24.325 pazienti di cui 12.178 sono stati trattati con monoterapia con inibitori del P2Y12 [clopidogrel in 7.545 (62,0%) pazienti, ticagrelor in 4.633 (38,0%) pazienti] e 12.147 con monoterapia con aspirina. La durata mediana del trattamento è stata di 557 giorni. L’età media dei partecipanti era di 64,3 anni e il 21,7% era costituito da donne.

La maggior parte dei pazienti (60,6%) si era presentata con sindrome coronarica acuta (SCA) e il restante aveva sindromi coronariche croniche. Più della metà (54,9%) aveva una storia di PCI, il 10,6% una storia di bypass aortocoronarico e il 4,4% di entrambi; il 30,2% non aveva mai subito una procedura di rivascolarizzazione.

L’outcome primario prespecificato di efficacia era il composito di morte cardiovascolare, infarto del miocardio e ictus.
Gli outcome secondari chiave predefiniti erano emorragie maggiori (outcome di sicurezza) ed eventi clinici avversi netti, definiti come il composito tra l’outcome primario e sanguinamento maggiore, di tipo 3 o 5 secondo il Bleeding Academic Research Consortium (BARC) o secondo il punteggio TIMI (Thrombolysis in Myocardial Infarction), o utilizzando definizioni specifiche dello studio.

Altri esiti secondari erano le singole componenti dell’outcome primario, la mortalità generale, una trombosi dello stent accertata e/o probabile; ictus ischemico o emorragico e sanguinamento gastrointestinale.

I risultati emersi dall’analisi dei dati
L’outcome primario di efficacia è risultato inferiore con la monoterapia con inibitori del P2Y12 rispetto alla monoterapia con aspirina (5,5% vs. 6,3%; hazard ratio, HR: 0,88; IC al 95%: 0,79– 0,97; p=0,014). Il numero necessario da trattare (NNT) per prevenire un outcome avverso era di 123 pazienti.

Alcuni degli outcome secondari di efficacia hanno favorito la terapia con inibitori del P2Y12, tra cui:

  • Ictus emorragico (HR: 0,32; IC al 95%: 0,14-0,75)
  • Trombosi dello stent accertata (HR: 0,42; IC al 95%: 0,19-0,97)
  • Trombosi dello stent accertata/probabile (HR: 0,46; IC al 95%: 0,23-0,92)
  • Emorragia gastrointestinale (HR: 0,75; IC al 95%: 0,57-0,97).

Inoltre, la monoterapia con inibitori del P2Y12 si è associata a un minor rischio di infarto miocardico rispetto alla monoterapia con aspirina (2,3% vs 3,0%; HR: 0,77; IC al 95% 0,66–0,90; p<0,001). L’NNT per prevenire un infarto miocardico con un inibitore del P2Y12 era di 136 pazienti.

Per quanto riguarda l’outcome di sicurezza, il rischio di sanguinamento maggiore era simile tra l’uso di un inibitore del P2Y12 e l’uso di aspirina (1,2% contro 1,4%; HR: 0,87; IC al 95%: 0,70–1,09; p=0,23).

Combinando l’outcome primario di efficacia con il sanguinamento maggiore, il tasso di eventi clinici avversi netti è risultato significativamente inferiore con gli inibitori del P2Y12 rispetto all’aspirina (6,4% vs 7,2%; HR: 0,89; IC al 95%: 0,81-0,98; p=0,020), per un numero da trattare di 121 pazienti.

Commento degli autori
«Sulla base di tutte le evidenze randomizzate disponibili, può essere giustificato il ricorso a lungo termine a un inibitore del P2Y12 in monoterapia al posto della monoterapia con aspirina per la prevenzione secondaria nei pazienti con malattia coronarica», ha affermato Valgimigli. «Ciò non vuole dire abbandonare un farmaco come l’aspirina che ha 125 anni di età, piuttosto indica che oggi abbiamo due alternative almeno ugualmente efficaci», ha concluso il professore.

Fonte
Valgimigli M. P2Y12 inhibitor or aspirin monotherapy as secondary prevention in patients with coronary artery disease: an individual participant data meta-analysis of randomised controlled trials. Presented at: ESC 2022. August 28, 2022. Barcelona, Spain.