Come è cambiata la casa negli ultimi anni? Le risposte nella mostra Home Life a Canberra, visitabile fino al 10 dicembre: parla la curatrice Elisabetta Pisu
Come è cambiata la casa negli ultimi anni? Come si è evoluto l’abitare contemporaneo e che direzioni stanno prendendo le nostre abitudini domestiche?
Punta a dare una risposta a queste domande la mostra Home Life a Canberra, la capitale australiana, visitabile fino al 10 dicembre all’interno del Design Canberra Festival, la rassegna, giunta alla sua nona edizione, che celebra il design, l’arte, l’artigianato e l’industria attraverso 200 eventi fra mostre, talk e simposi.
Home Life non è solo un percorso espositivo per comprendere da vicino il nostro presente ma costituisce anche uno strumento per proiettare nel tempo questa interpretazione e formulare ipotesi sugli scenari futuri che ci aspettano, per capire come potrebbe essere la casa di domani. Con Home Life il design si rivela essere ancora una volta una lente d’ingrandimento efficace per interpretare la realtà, in grado di mettere in luce come le abitudini sociali, i trend, le esigenze, i desideri di tutti noi si siano trasformati negli ultimi anni, insieme a essi, gli oggetti di cui ci circondiamo e, in definitiva, la casa che abitiamo.
Ci racconta la mostra Elisabetta Pisu, curatrice di design e imprenditrice, di stanza a Roma, con alle spalle numerose collaborazioni con importanti istituzioni culturali in tutto il mondo. A partire da una formazione in sociologia e management culturale, Pisu si occupa soprattutto di design contemporaneo in relazione ai processi produttivi, alle valenze sociali e all’evoluzione dei nuovi linguaggi espressivi.
Nel corso del tempo come si è evoluto il design degli oggetti per la casa?
Dagli anni ’50, periodo di grande fermento e di produzioni di pezzi iconici, dovuto anche all’impiego delle materie plastiche, si è passati, negli anni ‘60 agli eccessi stilistici, con incursioni psichedeliche e mobili dalle forme avveniristiche; negli anni ‘70 le linee diventano moderniste mentre negli anni ‘80 il design diventa portatore di uno spirito rivoluzionario, che infrange le regole. Determinante fu la nascita del gruppo Memphis, nel 1981, fondato da Ettore Sottsass con la creazione di oggetti dalle forme e colori audaci. Da questo rapido excursus si evince come il design nella sua incessante ricerca formale ed estetica ha sempre saputo intercettare lo spirito e i cambianti storico-culturali del suo tempo. In un’epoca com’è la nostra, afflitta dai problemi del cambiamento climatico e dalla mancanza di risorse energetiche, il design si pone come obiettivo la realizzazione di una economia circolare, che garantisca un consumo più basso di risorse e una riduzione crescente dell’impatto ambientale. A partire da questo nuovo modello di sviluppo il design mira alla produzione di oggetti che, sempre di più, possano migliorare l’abitare domestico, puntando su sostenibilità, innovazione tecnologica, multifunzione e benessere psico-fisico.
La sua attività curatoriale è imperniata sul raccontare e rendere manifesto il valore del design made in Italy all’estero, come pensa che la progettualità nostrana venga recepita dalle altre culture?
Sin dagli anni ’70 con la partecipazione a mostre internazionali l’Italia è diventata un punto di riferimento del design, rappresentando nell’immaginario collettivo sinonimo di qualità, di originalità, di cura del dettaglio, stile, bellezza. Come nella moda e nel cibo la ricerca, la scelta delle materie prime, la creatività e l’innovazione si fondono con la cura artigianale. Il design italiano ha la peculiarità di comprendere una pluralità di metodi progettuali, derivanti dalla storia, dall’arte e dalla tradizione dei territori, per questo motivo si delinea una molteplicità espressiva che fa del suo valore culturale qualcosa di inimitabile. E proprio questa unicità la caratteristica con cui ci percepiscono all’estero.
Qual è l’obiettivo principale della mostra?
La mostra si prefigge di indagare l’evoluzione e le trasformazioni del nostro ambiente domestico, in particolare dopo il periodo pandemico che ha visto la casa tornare al centro di nuove riflessioni critiche e propositive. La selezione degli oggetti in esposizione nasce proprio da queste considerazioni e punta a ridefinire nuovi assetti del vivere domestico. In esposizione troviamo prodotti sostenibili e tecnologici, capaci di migliorare la qualità dell’abitare, versatili e multifunzionali per spazi più aperti e modulari. La mostra non vuole aprire solo una riflessione sull’immediato e sulla natura polisemantica degli oggetti del vivere quotidiano ma traccia anche scenari e tendenze dell’abitare nel prossimo futuro. Si delinea l’idea di una casa virtuosa, tecnologica, versatile, maggiormente rispondente alle nostre necessità, non solo funzionali ma anche più emotive e psicologiche, dove la figura dell’ ‘abitante’ viene rimessa al centro dell’analisi progettuale.
Ci vuole raccontare l’oggetto che secondo lei è il più rappresentativo della mostra e dei suoi temi?
La lampada Flexia dell’architetto Mario Cucinella, realizzata per Artemide e ispirata alla papiroflexia, la tecnica usata per piegare il papiro. I materiali sono ricavati da fibre riciclate di PET e da altri materiali di scarto. Le ali della lampada, flessibili e inclinabili, nascondono un panello acustico fonoassorbente e una luce led nel bordo. Un oggetto esteticamente valido, che migliora la qualità acustica e illuminotecnica degli ambienti. Un progetto che racchiude in sé alcuni dei temi centrali della mostra quali: multifunzione, tecnologia e sostenibilità.