L’Organizzazione mondiale della sanità considera l’obesità un problema globale. Sottoporsi a controlli ciclici e seguire stili di vita sani può essere utile
Agire insieme per risolvere quello che la stessa OMS (l’Organizzazione mondiale della sanità) definisce come uno dei maggiori problemi per la salute pubblica. L’obesità, così come in prima battuta il sovrappeso, consiste nell’accumulo eccessivo di grasso che, a lungo andare, può generare pericolose ripercussioni a livello metabolico e della salute in generale. Numeri ufficiali la classificano come un vero e proprio fenomeno epidemico con oltre 4 milioni di persone che, ogni anno, muoiono per le conseguenze provocate.
Il dato più allarmante riguarda non solo gli adulti, ma anche i giovanissimi: negli ultimi quarant’anni, la prevalenza di bambini e adolescenti di età compresa tra i 5 e i 19 anni in sovrappeso o obesi è aumentata di oltre quattro volte, passando dal 4% al 18% a livello globale. Il numero delle persone che convivono con questa condizione è superiore a quello di chi invece è sottopeso: considerato inizialmente un disagio tipico dei Paesi ad alto reddito, ora inizia a diffondersi anche nelle aree del mondo a medio e basso reddito. In particolare, il tasso dei bambini in sovrappeso o obesi nei territori in via di sviluppo è cresciuto di oltre il 30%. Ecco allora la necessità di intervenire collettivamente, promuovendo azioni di ricerca e prevenzione volte a incentivare l’adozione di comportamenti corretti e stili di vita sani. In particolare a tavola.
Anche perché l’Italia non è esente da questo fenomeno. L’Istituto superiore di sanità, attraverso i dati raccolti dai sistemi di sorveglianza PASSI (che coinvolge le persone tra i 18 e i 69 anni) e PASSI d’Argento (over 65), fa sapere che l’obesità riguarda l’11% dei 18-69enni e il 14% degli ultra 65enni e che il profilo di salute e la qualità della vita delle persone in condizione di obesità sono più compromessi rispetto al resto della popolazione che non ne soffre. Maggiormente a rischio sono gli uomini, con un’incidenza che aumenta nelle fasce con difficoltà economiche e con un basso livello di istruzione. Vivere in condizioni di obesità può portare a conseguenze come il diabete di tipo 2, l’asma, le patologie muscolo-scheletriche (artrosi degenerativa) e le compromissioni cardiovascolari, psicologiche e sociali. Sono quindi diverse le forme croniche che possono essere provocate da un eccesso di peso.
Ma come si determina la condizione di sovrappeso o di obesità? La sigla BMI (Body mass index) in italiano vuol dire “indice di massa corporea”: viene stabilito con una semplice operazione matematica, dividendo il peso del paziente (in chilogrammi) per la sua altezza al quadrato (in metri). Il rapporto che ne deriva è, appunto, il BMI e, in base al suo valore, determina una serie di condizioni:
- Inferiore a 18,5 = sottopeso
- 18,5 – 24,9 = normopeso
- 25 – 29,9 = sovrappeso
- 30 e oltre = obesità
- 40 e oltre = obesità estrema
Seguire un’alimentazione corretta, possibilmente con il supporto di uno specialista, è il primo passo da compiere per tornare ad avere un peso corretto, unita a una regolare attività fisica. Tuttavia, il sangue può venire in aiuto attraverso una serie di valori che, se alterati dai risultati delle analisi, potrebbero indicare la presenza di qualche anomalia: emocromo, ferro, colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi, glicemia, emoglobina glicata, ALT, AST e creatinina sono quelli da tenere più sotto controllo.