L’Associazione europea di ematologia ha pubblicato le prime linee per gestire le terapie antitrombotiche nei pazienti oncologici con piastrinopenia
Si chiama piastrinopenia ed è conosciuta anche con il nome di trombocitopenia. Si tratta di una malattia del sangue che consiste nel calo repentino delle piastrine, responsabili del processo di coagulazione, la cui origine può derivare da molteplici fattori.
La EHA (l’Associazione europea di ematologia), in collaborazione con la ESC (la Società europea di cardiologia), ha sviluppato un testo scientifico che fornisce preziose linee guida per la corretta gestione delle terapie antitrombotiche nei pazienti affetti da piastrinopenia. Quando il livello delle piastrine scende al di sotto di 100.000 per microlitro di sangue, il loro ruolo nella coagulazione può essere considerato compromesso. A questo si aggiunge un elevato rischio di emorragie gravi se dovesse andare al di sotto delle 50mila o 20mila: in questo caso le conseguenze per la persona interessata potrebbero essere addirittura letali.
Fondamentali nel trattamento di questa patologia sono le terapie anticoagulanti e antiaggreganti che, tuttavia, pongono il medico di fronte a una serie di problemi al momento della prescrizione. Questi farmaci, infatti, finalizzati a prevenire o curare le trombosi, interferiscono con la coagulazione, andando così a sommare il loro effetto alla carenza di piastrine: una condizione che aumenta in maniera esponenziale il rischio di emorragie. Esempio significativo in tal senso è rappresentato dai pazienti oncologici, nei quali la trombocitopenia può derivare dall’infiltrazione del midollo osseo o dai farmaci antitumorali e rappresenta un’importante limitazione per l’uso dei trattamenti antitrombotici, compresi gli agenti anticoagulanti, antiaggreganti e fibrinolitici. Questi farmaci sono spesso necessari per la prevenzione o il trattamento della trombosi associata al cancro o per la prevenzione cardioembolica nella fibrillazione atriale in una popolazione oncologica sempre più anziana.
I dati pubblicati su HemaSphere indicano che il cancro rimane un fattore di rischio indipendente per la trombosi anche in caso di piastrinopenia, poiché questa, che sia lieve o moderata, non protegge dalla trombosi arteriosa o venosa. Inoltre, i pazienti oncologici sono a maggior rischio di emorragie associate a farmaci antitrombotici, ulteriormente complicate dalla trombocitopenia e dai difetti emostatici acquisiti. Alcuni trattamenti antitumorali sono associati a un aumento del rischio trombotico e possono generare interazioni che influenzano l’efficacia o la sicurezza dei farmaci antitrombotici.
In questo complesso scenario, l’Associazione Europea di Ematologia, in collaborazione con la Società Europea di Cardiologia, ha prodotto questo documento per fornire una linea guida di pratica clinica che aiuti i medici nella gestione dei pazienti con cancro e piastrinopenia. Le indicazioni si concentrano su popolazione oncologia adulta e su una chiara indicazione all’anticoagulazione, alla terapia antiaggregante singola o doppia, alla loro combinazione o alla terapia di riperfusione, che presentano una trombocitopenia concomitante a causa di una neoplasia o di farmaci antitumorali.
Coordinatrice del gruppo di lavoro con specialisti dell’EHA e dell’ESC è stata Anna Falanga, professoressadi Ematologia dell’Università di Milano Bicocca e Direttrice del SIMT Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «L’obiettivo del trattamento – ha spiegato in una nota ufficiale dell’Azienda sanitaria – deve essere quello di valutare il corretto equilibrio tra i benefici derivanti dall’uso delle terapie antitrombotiche e i potenziali rischi emorragici. Le nostre linee guida permettono al medico specialista di capire quando l’assunzione di farmaci anticoagulanti sia da proseguire, quando sia da sospendere e nel caso quali altri approcci terapeutici siano da intraprendere. L’obiettivo è quello di conciliare un livello di piastrine adeguato con la necessità di mantenere un efficace dosaggio antitrombotico e di evitare un eccessivo ricorso alla trasfusione di piastrine».