Ricercatori dell’Università della Pennsylvania hanno impiantato un dispositivo di stimolazione cerebrale in due pazienti BED gravemente obesi
Quando si parla di ‘disturbi del comportamento alimentare’ (DCA) il pensiero va solitamente all’anoressia, ma questa è la meno diffusa tra i circa 700 milioni le persone, quasi il 9% della popolazione mondiale, interessando appena il 5 – 10% di chi soffre in relazione al cibo.
Più alta è la percentuale di quanti sono affetti da bulimia, circa il 10 – 15%, ma soprattutto il disturbo più diffuso è il “Binge Eating Disorder (BED)”, anche detto “disturbo da alimentazione incontrollata”, che ha una prevalenza stimata al 40%. Tipicamente associata all’obesità, questa patologia si distingue dalla bulimia nervosa perché chi ne soffre non mette in atto sistematicamente comportamenti compensatori per controllare il peso, come vomito, abuso di lassativi, digiuno o eccessivo esercizio fisico.
Un nuovo studio condotto dai ricercatori della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania apre oggi una nuova speranza per questi pazienti: è stato infatti sviluppato un piccolo dispositivo che rileva l’attività cerebrale correlata al desiderio di cibo in una regione chiave del cervello. L’apparecchio risponde a quest’impulso stimolando elettricamente l’area interessata ed ha mostrato risultati promettenti in uno studio clinico pilota ora pubblicato su “Nature Medicine”.
Casey H. Halpern e i colleghi della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania, hanno condotto nel 2018 esperimenti su topi obesi e, sulla base dei positivi risultati ottenuti, hanno impiantato un dispositivo di stimolazione cerebrale in due pazienti BED gravemente obesi. Hanno così avuto la conferma della comparsa di un segnale a bassa frequenza in una specifica area del cervello nei secondi immediatamente precedenti alle abbuffate dei pazienti.
Stimolando elettricamente le medesime aree, quest’impulso ad una alimentazione smodata veniva interrotto ed i pazienti hanno riportato una netta riduzione della perdita di controllo e del numero di episodi di abbuffate. Con il risultato di una consistente perdita di peso e la prospettiva che questo studio possa aprire la strada per una terapia diffusa di lotta all’obesità patologica.