Tumore al polmone: polveri sottili sono la causa nei non fumatori


Nei non fumatori, portatori di mutazioni di EGFR, un’esposizione elevata alle polveri sottili presenti nell’atmosfera può aumentare il rischio di tumore del polmone

Uno studio dell’Università di Ginevra ha scoperto un nuovo collegamento tra inquinamento atmosferico e Covid

Nelle persone che non hanno mai fumato e sono portatrici di mutazioni di EGFR, un’esposizione elevata alle polveri sottili presenti nell’atmosfera (PM2,5) può aumentare il rischio di tumore del polmone non a piccole cellule. Lo evidenziano gli ultimi risultati di uno studio internazionale presentato di recente a Parigi, in un simposio presidenziale, al congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO).

Inoltre, gli sperimentatori dello studio hanno identificato nell’aumentato rilascio del mediatore pro-infiammatorio interleuchina (IL)-1β, noto promotore della carcinogenesi, a livello delle cellule delle vie aeree, il meccanismo molecolare alla base dell’insorgenza del tumore del polmone non a piccole cellule nei non fumatori dopo esposizione all’inquinamento atmosferico.

Il legame tra incidenza del cancro al polmone e mortalità e l’esposizione all’inquinamento atmosferico è suffragato da prove inconfutabili, con oltre 300.000 morti nel 2019, a livello globale. Tuttavia, ha spiegato durante la sua presentazione Charles Swanton, del Francis Crick Institute di Londra, finora non era ancora stato chiarito il meccanismo molecolare che è alla base del legame tra inquinamento atmosferico e insorgenza del tumore polmonare nei soggetti non fumatori.

Lo studio
Il trial, che ha analizzato l’associazione tra l’esposizione a concentrazioni crescenti di PM2,5 e il rischio di tumore, ha coinvolto quasi 448.000 soggetti.

Gli sperimentatori hanno eseguito una profilazione genomica su 247 campioni di tessuto polmonare normale, inoltre, hanno analizzato il tessuto polmonare normale umano e murino dopo esposizione al particolato ambientale e, infine, hanno studiato gli effetti di quest’ultimo sulla formazione del tumore in modelli murini.

La profilazione genomica condotta con tecniche di ultima generazione e ultra sensibili sui 247 campioni di tessuto polmonare non-tumorale ha identificato mutazioni driver nei geni EGFR e KRAS rispettivamente nel 15% e nel 53% dei campioni. Secondo i ricercatori, queste mutazioni driver sono una probabile conseguenza dell’invecchiamento e promuovono solo debolmente l’insorgenza del tumore nei modelli di laboratorio. Tuttavia, quando le cellule polmonari con queste mutazioni sono state esposte agli inquinanti atmosferici, è stato osservato uno sviluppo più rapido della carcinogenesi rispetto a quanto è avvenuto in cellule polmonari con le stesse mutazioni ma non esposte a inquinanti. I dati sembrano indicare anche che le polveri sottili PM2,5, promuovendo una risposta dei macrofagi inducono il rilascio di IL-1β e in ultima analisi la trasformazione delle cellule dell’epitelio polmonare EGFR-mutate in uno stato simile a quello delle cellule progenitrici che, in presenza delle mutazioni, possono dare il via alla proliferazione.

Potenziali implicazioni per prevenzione e terapia
Questi riscontri di laboratorio sollevano la questione se questi dati potrebbero aprire la strada a nuovi approcci di prevenzione basati sulla diagnosi molecolare e allo sviluppo di terapie mirate per i non fumatori che sono a rischio di cancro al polmone, per esempio quelli portatori di mutazioni di EGFR

Secondo Tony Mok dell’Università di Hong Kong, che ha commentato i risultati dello studio, è ancora prematuro pensare a uno screening molecolare per i non fumatori. Tuttavia, ha dichiarato l’esperto, «Possiamo dire che in futuro si potrebbe migliorare ulteriormente la prevenzione del cancro, identificando innanzitutto i non fumatori con mutazioni di EGFR prima di eseguire la Tac a basso dosaggio per verificare la presenza di lesioni o opacità ‘a vetro smerigliato’ pre-maligne».

«Prima di ciò, dobbiamo capire se con metodi ultrasensibili si può rilevare la presenza di mutazioni del gene EGFR nelle cellule normali dei non fumatori e se la Tac a basso dosaggio può rilevare alterazioni pre-maligne. La ricerca futura dovrebbe anche indagare se queste lesioni possano rappresentare un target per gli inibitori dell’IL-1β. Ci sono ancora molte incognite, ma questi dati sono interessanti e stimolanti e potrebbero segnare una nuova era della chemioprofilassi nel cancro del polmone», ha aggiunto l’esperto:

Tac a basso dosaggio nello screening
Attualmente, lo screening annuale per il tumore al polmone mediante Tac a basso dosaggio è generalmente raccomandato nei soggetti di età compresa tra 55 e 80 anni con una storia di fumo di un pacchetto di sigarette da 30 anni o più, che siano fumatori attuali o che abbiano smesso di fumare da meno di 15 anni. Secondo i risultati dello studio National Lung Screening Trial (NLST), l’utilizzo della Tac a basso dosaggio in questa popolazione di fumatori ha consentito di ridurre la mortalità per cancro del polmone del 20% rispetto all’impiego della radiografia al torace.

Inoltre, secondo i risultati dello studio Taiwan Lung Cancer Screening for Never Smoker Trial (TALENT), condotto in individui non fumatori ad alto rischio, per storia familiare di cancro ai polmoni, esposizione al fumo passivo o presenza di malattie polmonari, la Tac a basso dosaggio ha consentito di diagnosticare un cancro ai polmoni nel 2,6% dei partecipanti.

«I dati dello studio TALENT suggeriscono che nei non fumatori la Tac a basso dosaggio può rilevare il cancro al polmone in fase iniziale. Sappiamo, tuttavia, che la diffusione dello screening mediante Tac a basso dosaggio è ostacolata da problemi quali i costi e la logistica, la disponibilità di scanner per la Tac, il numero di medici e radiologi per l’interpretazione dei risultati e le definizioni di popolazione ‘a rischio’», ha affermato Mok.

Necessario controllare l’inquinamento ambientale
Per quanto riguarda l’importanza di limitare l’inquinamento atmosferico per migliorare la salute pubblica, l’esperto ha infine osservato: «Qualsiasi programma di screening dovrebbe andare di pari passo con il controllo delle emissioni di carbonio e del consumo di combustibili fossili, e speriamo di essere ora più consapevoli che mai dell’importanza di questi fattori. Il controllo dell’inquinamento ambientale è in gran parte di competenza dei politici, che si spera possano ridurre i livelli di PM2,5. La prevenzione del cancro ai polmoni è una delle tante ragioni per controllare l’inquinamento atmosferico».

Mentre le conoscenze in questo ambito si stanno evolvendo, è importante che le indagini scientifiche arrivino a trovare le spiegazioni biologiche e, in ultima analisi, gli interventi necessari a contrastare il problema. «Dopo aver osservato che l’inquinamento atmosferico è correlato al tumore del polmone, questi nuovi dati forniscono una spiegazione, l’anello biologico mancante, su ciò che sta alla base del fenomeno, il che in futuro potrebbe portare ad adottare misure appropriate. Stiamo andando nella direzione giusta, ma la strada da percorrere è ancora lunga», ha concluso Mok.

Bibliografia

C. Swanton, et al. Mechanism of Action and an Actionable Inflammatory Axis for Air Pollution Induced Non-Small Cell Lung Cancer: Towards Molecular Cancer Prevention. Annals of Oncology (2022) 33 (suppl_7): S808-S869. 10.1016/annonc/annonc1089; Link