Una scarsa durata del sonno, non superiore a 5 ore per notte, è associata a un rischio più elevato di sviluppare in futuro più malattie croniche
Nelle persone di mezza età, un scarsa durata del sonno, non superiore a 5 ore per notte, è associata a un rischio più elevato di sviluppare in futuro più malattie croniche. Sono i risultati di uno studio osservazionale britannico pubblicati sulla rivista PLOS Medicine.
Circa un terzo della vita umana è dedicato al sonno, a sottolinearne il ruolo vitale del in diverse funzioni fisiologiche essenziali per la salute. Ci sono evidenze di un’associazione tra la durata del sonno e l’insorgenza di malattie croniche, come quelle cardiovascolari e il cancro, e con la mortalità, anche se alcune questioni restano ancora da chiarire.
In primo luogo, più condizioni croniche spesso coesistono all’interno dello stesso individuo, ma l’associazione della durata del sonno con la multimorbilità rimane poco conosciuta a causa della scarsità di ricerche e della natura trasversale degli studi esistenti. Non è chiaro come la durata del sonno influisca sull’evoluzione da uno stato di salute a una o più malattie croniche e al successivo decesso.
In secondo luogo, le attuali linee guida raccomandano da 7 a 8 ore di sonno per gli anziani, ma non è chiaro se tanto una breve durata del sonno breve quanto quella lunga comportino il rischio di multimorbilità, hanno premesso gli autori.
L’obiettivo principale del presente studio era valutare l’associazione tra la durata del sonno a 50, 60 e 70 anni e la multimorbilità incidente, utilizzando dati ripetuti sulla durata del sonno e una valutazione continua delle malattie croniche nell’arco di 25 anni. Un secondo obiettivo era stabilire se la durata del sonno all’età di 50 anni influenza il decorso naturale della malattia cronica, passando da uno stato di salute a una prima malattia cronica, alla multimorbilità e infine al decesso.
Analisi delle ore di sonno in pazienti dai 50 anni in avanti
I ricercatori hanno seguito 7.864 soggetti che partecipavano a Whitehall II, uno studio prospettico in corso istituito nel 1985 su persone che lavoravano nel servizio civile britannico. I partecipanti non presentavano multimorbilità al basale, circa un terzo (32,5%) erano donne e il 90,1% erano bianchi.
La durata del sonno auto-riferita è stata valutata sei volte tra il 1985 e il 2016. Per questa analisi, i dati sulla durata del sonno sono stati estratti all’età di 50, 60 e 70 anni. All’età di 50 anni, 544 persone hanno riferito di aver dormito al massimo 5 ore, 2.562 hanno dormito 6 ore, 3.589 hanno dormito 7 ore, 1.092 hanno dormito 8 ore e 77 hanno dormito più di 9 ore.
La multimorbilità è stata definita dalla concomitanza di almeno 2 tra 13 possibili malattie croniche che includevano diabete, cancro, malattia coronarica, ictus, insufficienza cardiaca, broncopneumopatia cronica ostruttiva, malattia renale cronica, malattia epatica, depressione, demenza, altri disturbi mentali, malattia di Parkinson e artrosi/artrite reumatoide.
Non più di 5 ore di sonno non garantiscono un buono stato di salute
In un follow-up medio di 25,2 anni, 4.446 persone hanno sviluppato una prima malattia cronica, 2.297 sono progredite in multimorbilità e 787 sono successivamente decedute.
Dormire almeno 9 ore all’età di 60 anni (HR 1,54, P=0,003) e all’età di 70 anni (HR 1,51, P=0,01) era associato all’insorgere di multimorbilità, ma non all’età di 50 anni (HR 1,39, P=0,07).
Dormire non più di 5 ore a notte all’età di 50 anni è risultato associato a un rischio più elevato di sviluppare una prima malattia cronica (HR 1,20, P=0,003), con conseguente multimorbilità, ma non mortalità, diversamente da una durata del sonno di almeno 9 ore, che non era associata a tale rischio.
I 50enni sani che dormivano 5 o meno ore a notte avevano un rischio maggiore del 30% di multimorbilità futura nell’arco di 25 anni rispetto a quelli che dormivano 7 ore (HR 1,30, P<0,001).
«L’importanza del sonno è stata dimostrata per malattie specifiche, come quelle cardiovascolari o il diabete. Tuttavia, nella vita reale le malattie croniche spesso si verificano in età avanzata. Non era noto se la durata del sonno fosse associata a multimorbilità e se questo legame sia simile a seconda dell’età al momento del sonno» ha affermato il primo autore Séverine Sabia, dell’Université de Paris. «Il sonno svolge un ruolo importante nella regolazione delle funzioni dell’organismo, inclusi i sistemi endocrino, metabolico e infiammatorio. La disregolazione di queste funzioni è associata a un rischio maggiore di sviluppare malattie croniche».
Le limitazioni dello studio includevano l’uso di dati sul sonno auto-riferiti dai pazienti, il potenziale di causalità inversa e la piccola percentuale di partecipanti non bianchi nella coorte. Inoltre i partecipanti a Whitehall II erano tutti impiegati quando sono stati reclutati e potrebbero essere più sani del resto della popolazione.
«Negli ultimi dieci anni, è stato osservato che le persone tendono a dormire meno» ha sottolineato Sabia. «Dobbiamo ascoltare il nostro corpo, mangiare quando abbiamo fame e dormire quando riteniamo che sia giusto, oltre ad avere abitudini che promuovono un buon sonno».
Referenze
Sabia S et al. Association of sleep duration at age 50, 60, and 70 years with risk of multimorbidity in the UK: 25-year follow-up of the Whitehall II cohort study. PLoS Med. 2022 Oct 18;19(10):e1004109.