La rabbia degli specializzandi: “Mancano i medici e a noi non ci fanno lavorare”. La lettera aperta di un professionista del Policlinico Sant’Orsola di Bologna
La carenza di medici in ospedale si fa sempre più pesante, tanto che gli stessi servizi essenziali “sono a rischio”. Eppure c’è una schiera di dottori pronti a impegnarsi e dare una mano, ossia gli specializzandi, fermati però dalla burocrazia e da leggi che impongono “incompatibilità anacronistiche”. Il tutto con “enormi rischi per la tenuta della sanità nazionale”. A dar voce ancora una volta al malcontento della categoria è un medico del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, Davide Boarato, attraverso una lettera aperta diffusa dal sindacato Snami.
LA LETTERA DI PROTESTA
“Pretendere di applicare le incompatibilità lavorative del pubblico impiego a medici che non sono dipendenti del Servizio sanitario è del tutto fuori logica in un momento come questo- scrive lo specializzando- assistiamo a Pronto soccorso che chiudono, medici di famiglia che mancano, turni di 118 e medicina penitenziaria scoperti: è etico bloccare la possibilità di chi sarebbe disponibile ad aiutare?“. Lo stesso Boarato, così come “molti colleghi”, si dice pronto a dare “una mano in Pronto soccorso o sul 118, se ci venisse dato il permesso. E invece no, perchè finito il periodo Covid è tornata la legge che inibisce la possibilità di svolgere qualsiasi tipo di attività lavorativa oltre l’orario formativo, pur in assenza di reali conflitti”.
LA RICHIESTA ALLE ISTITUZIONI
Le deroghe previste dal Dl Calabria non bastano, sostiene Boarato. “E intanto i servizi chiudono o vengono demandati ad altri- afferma- il tempo passa e tutte le proposte per migliorare il sistema rimangono castelli tra le nuvole, con enormi rischi per la tenuta della sanità nazionale“. Secondo il medico, dunque, “è arrivato il momento per le Istituzioni di compiere i dovuti passi per ridare dignità alla formazione post-laurea dei medici e nei confronti dei cittadini, consentendo a noi specializzandi di essere parte integrante del Servizio sanitario nazionale”.
LA CARENZA DEI MEDICI
Boarato è un medico in formazione specialistica in anestesia-rianimazione, terapia intensiva e del dolore al Sant’Orsola di Bologna. “E’ ormai tre anni che leggiamo dell’enorme problema di carenza di personale medico, sia dipendente sia convenzionato- scrive nella sua lettera- e che si fa fatica a mantenere aperti i servizi essenziali per garantire i Lea”. In questo scenario, sottolinea Boarato come riferisce la Dire (www.dire.it), “molti giovani specializzandi oggi vivono in un terribile limbo“. Negli anni della specializzazione, infatti, “siamo chiamati a sacrificare quasi ogni forma di attività lavorativa extra per la sola formazione- spiega il medico- a causa di innumerevoli incompatibilità anacronistiche regolate da una legge del 1999”.
“NÈ CARNE NÈ PESCE”
In altre parole, gli specializzandi vivono “in questa terza dimensione in cui non siamo nè carne nè pesce- si sfoga Boarato- siamo infatti considerati studenti quando fa comodo per pagare le tasse universitarie, ma allo stesso tempo siamo manovalanza a basso costo quando si tratta di andare a tamponare le carenze organiche del personale strutturato ospedaliero, senza avere tutti quei diritti che spettano a un medico dipendente o convenzionato”.
DEROGHE COVID INSUFFICIENTI
Con il dl Calabria del 2019, e le deroghe concesse per la pandemia, gli specializzandi hanno avuto la possibilità di lavorare per il Servizio sanitario nazionale con contratti precari. “E’ proprio grazie a questo che i servizi essenziali sono andati avanti- segnala Boarato- con questo si è dimostrata finalmente la fattibilità di avere un percorso sia formativo sia lavorativo”. Finita l’emergenza Covid, però, le cose sono tornate come prima. “E’ sotto l’occhio di tutti che un sistema formato da borse di studio non può andare avanti- afferma il medico del Sant’Orsola- e viste le attuali difficoltà, ci saremmo aspettati il mantenimento delle promesse di una revisione della figura dello specializzando, rendendolo più libero di assumere incarichi part-time stabili o di vedere il proprio contratto trasformarsi in una vera formazione-lavoro, con un giusto inquadramento giuridico-economico”.
“URGE UNA RIFORMA”
Però, incalza Boarato, “nulla di tutto questo è avvenuto e sembra che non ci sia una reale volontà di cambiamento. Ci rimangono come sempre tante belle parole di retorica spicciola. Qualcuno, soprattutto a livello universitario, non vuole contribuire a ridisegnare la figura dello specializzando, portandolo a essere un professionista libero e indipendente in forza al Servizio sanitario nazionale, con il rischio di perdere manovalanza che esegue gli ordini come il migliore dei soldati”.
LO SNAMI SOSTIENE LA PROTESTA
Lo Snami dell’Emilia-Romagna appoggia la protesta degli specializzandi. “Da più di 20 anni- afferma il sindacato- il Dlgs 368/99 svilisce la formazione medica post-laurea, imponendo assurde limitazioni per i medici in formazione“, che sono “pagati meno di qualunque altra professione sanitaria e trattati con esclusività di rapporto pur non essendo assunti da nessuno”.
UNA LEGGE DA CAMBIARE
La legge, in particolare, impedisce agli specializzandi di svolgere “qualsiasi tipo di attività lavorativa oltre l’orario formativo previsto, pur in assenza di reali conflitti– ricorda il sindacato- la formazione part-time prevista dalla Direttiva Europea di fatto viene attuata solo per i medici del Dl Calabria. Le deroghe sono state fatte solo dal Dl Calabria per l’assunzione degli specializzandi e per le convenzioni di medicina generale ai corsisti Mmg”. Tradotto nel concreto, spiega lo Snami, per uno specializzando “un turno di guardia medica si può fare, un turno in Pronto soccorso no. Una sostituzione di un medico di medicina generale sì, l’assistenza a una partita di calcio no”.
“È GIUNTO IL MOMENTO DI LOTTARE”
Fino ad oggi, punta il dito il sindacato, “le parole dei medici in formazione, delle associazioni dei giovani medici e dei sindacati sono rimaste inascoltate dalla politica, ma è giunto il momento di lottare per difendere i diritti dei medici in formazione perché possano avere la dignità che meritano attraverso la libertà lavorativa”. Senza mettere mano al sistema, infatti, “i giovani medici italiani sono costretti a guardare il Servizio sanitario nazionale lentamente implodere e a dover vivere con borse di studio inaccettabilmente basse e inadeguate al costo della vita”. Per questo lo Snami dell’Emilia-Romagna “sostiene la necessità della necessità di un superamento delle attuali incompatibilità previste dalla legge 368/99 come soluzione immediata, in attesa di una eventuale riforma della formazione post-laurea in Medicina”.