Site icon Corriere Nazionale

Malattia renale cronica: empagliflozin alleato di reni e cuore

Carcinoma a cellule renali avanzato o metastatico: arrivano conferme di prolungamento della sopravvivenza a 8 anni per nivolumab più ipilimumab rispetto a sunitinib

Malattia renale cronica: la terapia con empagliflozin produce un significativo beneficio per reni e cuore in soggetti con e senza diabete

L’inibitore di SGLT2 empagliflozin rispetto al placebo ha ridotto il rischio di progressione della malattia renale cronica (CKD) e di decessi correlati all’apparato cardiovascolare nei pazienti ad alto rischio. Lo dimostrano i dati dello studio di fase III EMPA-KIDNEY appena presentati alla Kidney Week dell’American Society of Nephrology e pubblicati sul New England Journal of Medicine.

EMPA-KIDNEY è il più grande e ampio studio finora condotto dedicato agli inibitori SGLT2. Ha incluso 6.609 partecipanti con un’ampia gamma di cause di base, molti dei quali con co-morbilità nello spettro delle condizioni cardiovascolari, renali o metaboliche. Lo studio ha valutato sia gli esiti renali che quelli cardiovascolari in persone con un ampio spettro di gravità della CKD.

Nel corso di un follow-up mediano di 2 anni, la progressione della CKD o la morte correlata al sistema cardiovascolare si sono verificate nel 13,1% dei pazienti che hanno ricevuto empagliflozin 10 mg una volta al giorno rispetto al 16,9% di quelli che hanno ricevuto il placebo (HR 0,72, 95% CI 0,64-0,82, P<0,001), raggiungendo l’endpoint primario dello studio.

EMPA-KIDNEY è il primo studio sulla CKD condotto con un inibitore SGLT2 a dimostrare una riduzione significativa dei ricoveri per tutte le cause (14%) (HR; 0,86; 95% CI 0,78-0,95; p=0,0025) rispetto al placebo, uno degli endpoint secondari di conferma pre-specificati.La CKD raddoppia il rischio di ospedalizzazione ed è una delle principali cause di morte a livello globale. Le ospedalizzazioni rappresentano il 35-55% dei costi sanitari totali per le persone con CKD negli Stati Uniti.

Se si considera la sola progressione della CKD – definita come malattia renale allo stadio terminale, riduzione sostenuta dell’eGFR a meno di 10 mL/min/1,73 m2, riduzione sostenuta dell’eGFR del 40% o più, o morte per cause renali – questa si è verificata nell’11,6% dei pazienti trattati con empagliflozin rispetto al 15,2% di quelli trattati con placebo (HR 0,71, 95% CI 0,62-0,81).

Nel corso dello studio, i pazienti che assumevano il placebo hanno registrato anche un calo più marcato dell’eGFR, con una differenza di 0,75 mL/min/1,73 m2 (95% CI 0,54-0,96) tra i gruppi.

“I benefici relativi sono stati coerenti nei pazienti con e senza diabete”, ha detto William Herrington, Professore Associato presso l’MRC PHRU (parte dell’Oxford Population Health), Nefrologo Consulente Onorario e co-Principal Investigator di EMPA-KIDNEY.durante la presentazione dei risultati, “e completamente coerenti in tutta la gamma di eGFR studiata, fino ad almeno 20 [mL/min/1,73 m2]”. Tuttavia, quando i pazienti sono stati suddivisi in base al rapporto albumina urinaria/creatinina, l’esito primario ha favorito in modo significativo empagliflozin solo in coloro che avevano un rapporto basale superiore a 300.
Le riduzioni di altri endpoint secondari chiave, quali l’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, la morte cardiovascolare o la morte per tutte le cause, non sono risultate statisticamente significative, ma la potenza di rilevazione è stata limitata dal numero di eventi osservati. La riduzione del rischio di questi endpoint è coerente con la totalità delle evidenze di altri studi che hanno dimostrato la significatività statistica di questi esiti.

A causa dei risultati positivi dello studio, il Comitato Indipendente di Monitoraggio dei Dati ha raccomandato di interrompere anticipatamente la sperimentazione, come avevano annunciato a marzo le aziende produttrici Boehringer Ingelheim ed Eli Lilly.

“Sappiamo che c’è un urgente bisogno di nuove terapie che si dimostrino in grado di ritardare la progressione della CKD che può portare alla necessità di dialisi o trapianto. I risultati di oggi dimostrano che empagliflozin può apportare benefici agli adulti a rischio di progressione, compresi quelli con o senza diabete e con un’ampia gamma di funzioni renali”, ha dichiarato Herrington. “Riducendo il rischio di progressione della malattia renale o di morte cardiovascolare, empagliflozin ha il potenziale per avere un impatto positivo sui sistemi sanitari di tutto il mondo.”

“Il disegno dello studio EMPA-KIDNEY ha incluso una gamma di pazienti più ampia che mai”, ha dichiarato il professor Richard Haynes, co-sperimentatore principale. “I precedenti studi sugli inibitori del SGLT2 si concentravano su alcuni gruppi di persone affette da CKD, come quelli con diabete o alti livelli di proteine nelle urine. I risultati positivi della sperimentazione odierna su un’ampia popolazione di pazienti affetti da CKD riflettono l’opportunità di migliorare il trattamento di questa malattia e di evitare che le persone debbano ricorrere alla dialisi”.

“In tutto il mondo, da 5 a 10 milioni di persone muoiono ogni anno a causa di una malattia renale cronica e molte vite sono gravemente compromesse dal trattamento dialitico”, ha sottolineato Herrington. “Abbiamo studiato un’ampia gamma di pazienti con funzione renale in declino con l’obiettivo di ritardare la necessità di dialisi e di evitare malattie cardiache nel maggior numero possibile di essi”.

Il trattamento attivo è risultato sicuro, con un tasso simile di eventi avversi gravi in entrambi i gruppi. I tassi di chetoacidosi (0,2% vs <0,1%) e di amputazione degli arti inferiori (0,8% vs 0,6%) sono stati più comuni nel gruppo empagliflozin.

Empagliflozin è stato approvato per la prima volta dall’Fda nel 2014 per il diabete di tipo 2. Da allora, il farmaco ha ottenuto anche una serie di riconoscimenti. Da allora, ha ottenuto anche indicazioni per la riduzione del rischio di morte cardiovascolare e di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, indipendentemente dalla frazione di eiezione.

Disegno dello studio
Lo studio, condotto in 241 centri, ha randomizzato 6.609 pazienti, tutti con un eGFR di almeno 20 ma inferiore a 45 mL/min/1,73 m2 al basale o un eGFR compreso tra 45 e <90 mL/min/1,73 m2 ma con un rapporto albumina urinaria/creatinina di almeno 200. L’età media era di 63,8 anni.

L’età media era di 63,8 anni, il 33,2% erano donne e il 54,0% non aveva il diabete. Al basale, l’eGFR medio era di 37,3±14,5 mL/min/1,73 m2, e il 34,5% aveva un eGFR inferiore a 30. Il rapporto mediano albumina-creatinina urinaria era di 329, e il 48,3% aveva un rapporto di 300 o inferiore.

Referenza
MPA-KIDNEY Collaborative Group “Empagliflozin in patients with chronic kidney disease” N Engl J Med 2022; DOI: 10.1056/NEJMoa2204233 leggi

Exit mobile version