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Macroglobulinemia di Waldenström: Aifa autorizza zanubrutinib

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Rimborsato in Italia zanubrutinib per il trattamento di pazienti adulti affetti da macroglobulinemia di Waldenström che hanno ricevuto almeno una precedente terapia

È ora rimborsato in Italia dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) l’inibitore orale della tirosin-chinasi di Bruton (BTK) zanubrutinib per il trattamento di pazienti adulti affetti da macroglobulinemia di Waldenström che hanno ricevuto almeno una precedente terapia, o come trattamento di prima linea per pazienti non idonei alla chemioimmunoterapia. Sviluppato dalla biotech BeiGene, il farmaco è commercializzato con il marchio Brukinsa®.

L’approvazione di zanubrutinib si fonda sui risultati di efficacia e sicurezza dello studio di fase 3 ASPEN nel quale si è confrontato il nuovo farmaco con l’inibitore di BTK di prima generazione ibrutinib.

«L’inibizione della tirosin-chinasi di Bruton è un approccio consolidato per il trattamento della macroglobulinemia di Waldenström e l’approvazione di zanubrutinib offre un’importante nuova opzione terapeutica in questi pazienti», ha affermato il Professor Pier Luigi Zinzani, Ordinario di Ematologia presso l’Università degli studi di Bologna – Istituto di Ematologia L e A Seragnoli«In Italia, i pazienti avranno dunque la possibilità di essere trattati con una molecola innovativa che potrebbe portare a una risposta profonda e duratura con una migliore tollerabilità, come osservato nello studio ASPEN».

«La macroglobulinemia di Waldenström è una malattia linfoproliferativa relativamente rara e solitamente a lenta progressione, caratterizzata dall’infiltrazione del midollo osseo da parte di linfociti, plasmacellule e linfoplasmociti che secernono una proteina monoclonale di tipo IgM nel siero», ha spiegato la Dottoressa Marzia Varettoni, Dirigente medico della Divisione di ematologia della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia. «La macroglobulinemia di Waldenström rappresenta circa il 2% di tutti i linfomi non-Hodgkin e, in genere, evolve lentamente dopo la diagnosi. La malattia di solito colpisce soggetti anziani ed è localizzata prevalentemente nel midollo osseo, sebbene anche i linfonodi e la milza possano essere coinvolti In Europa, il tasso di incidenza stimato della macroglobulinemia di Waldenström è di circa sette su un milione negli uomini e quattro su un milione nelle donne»

«L’ottenimento della rimborsabilità di zanubrutinib in Italia rappresenta un importante passo avanti verso l’obiettivo che BeiGene si è dato, ovvero dare accesso a farmaci oncologici innovativi a livello globale», ha dichiarato Marco Sartori, General Manager di BeiGene Italia. «In Italia stiamo costruendo una grande squadra impegnata a far sì che i pazienti che vivono con la malattia di Waldenström abbiano la possibilità di accedere a zanubrutinib».

Lo studio ASPEN
Lo studio ASPEN (NCT03053440) è uno studio multicentrico di fase 3, randomizzato, in aperto, disegnato con l’obiettivo di confrontare efficacia e sicurezza di zanubrutinib con ibrutinib in pazienti con macroglobulinemia di Waldenström recidivante o refrattaria (R/R), o pazienti con macroglobulinemia di Waldenström naïve al trattamento considerati non idonei alla chemioimmunoterapia.

L’obiettivo principale era valutare la superiorità di zanubrutinib rispetto a ibrutinib in termini di tasso di risposta completa (CR) o risposta parziale molto buona (VGPR). Gli endpoint secondari includevano il tasso di risposta maggiore, la durata della risposta, la sopravvivenza libera da progressione e il profilo di sicurezza, misurata in base all’incidenza, alla tempistica e alla gravità degli eventi avversi in corso di trattamento. Le popolazioni analizzate includevano la popolazione complessiva (n=201), la cui maggioranza erano pazienti R/R (n=164). Gli endpoint esplorativi includevano la valutazione della qualità della vita.

Un comitato di revisori indipendenti ha determinato, sulla base dei criteri di risposta alla terapia aggiornati dal VI Workshop Internazionale sui Criteri di Risposta della Macroglobulinemia di Waldenström (IWWM-6) che il tasso combinato di CR e VGPR dell’intera popolazione (intention to treat, ITT) è stato 28% con zanubrutinib (IC al 95% 20-38) e 19% con ibrutinib (IC al 95% 12-28). Benché questa differenza non sia statisticamente significativa, nel braccio trattato con zanubrutinib si sono ottenuti tassi di VGPR numericamente più elevati, con una tendenza verso una migliore qualità della risposta, rispetto al braccio di confronto.

Nello studio ASPEN, zanubrutinib ha dimostrato un profilo di sicurezza più favorevole rispetto ad ibrutinib, con una minore frequenza di reazioni avverse tra cui fibrillazione o flutter atriale (2% contro 15%), ed episodi meno frequenti di sanguinamento (49% contro 59%) e di emorragia grave (6% contro 9%). Nonostante tassi più elevati di neutropenia di grado ≥3, i pazienti in trattamento con zanubrutinib non hanno mostrato tassi di infezione più elevati rispetto a quelli trattati con ibrutinib. Dei 101 pazienti con macroglobulinemia di Waldenström trattati con zanubrutinib, il 4% ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi, mentre nel 14% dei casi la dose è stata ridotta a causa di eventi avversi.

Lo studio ha analizzato tre bracci in due coorti di pazienti: una coorte sottoposta a randomizzazione (coorte 1) composta da 201 pazienti portatori di una mutazione del gene MYD88 (MYD88MUT) e una coorte non randomizzata (coorte 2) composta da 28 pazienti con MYD88 wild-type (MYD88WT). La coorte 1 randomizzata comprendeva 102 pazienti assegnati al braccio zanubrutinib (di cui 83 ricaduti/refrattari e 19 naïve al trattamento) e 99 pazienti nel braccio ibrutinib (si cui 81 ricaduti/refrattari e 18 naïve al trattamento).

Nella coorte 1, i pazienti nel braccio zanubrutinib sono stati trattati con zanubrutinib 160 mg due volte al giorno (BID) e quelli del braccio ibrutinib con ibrutinib 420 mg una volta al giorno (QD). Ai pazienti arruolati nella coorte 2, non randomizzata, è stato somministrato zanubrutinib in quanto, da dati precedenti, risultava improbabile che questi potessero trarre beneficio dal trattamento con ibrutinib.

Zanubrutinib
Zanubrutinib è un inibitore della BTK scoperto dai ricercatori di BeiGene ed è attualmente in fase di valutazione a livello globale nell’ambito di un ampio programma clinico che ne sta valutando l’impiego sia in monoterapia sia in combinazione con altre terapie per il trattamento di vari tumori maligni delle cellule B. Poiché la proteina BTK viene continuamente sintetizzata dall’organismo, zanubrutinib è stato progettato specificamente per ottenere un’inibizione completa e prolungata di questa chinasi, grazie all’ottimizzazione della biodisponibilità, dell’emivita e della selettività del farmaco. È stato dimostrato che, per effetto della sua farmacocinetica, zanubrutinib inibisce la proliferazione dei linfociti B maligni all’interno di vari tessuti rilevanti per la malattia.

Ad oggi, zanubrutinib è approvato in più di 55 Paesi tra cui gli Stati Uniti, la Cina, l’Unione Europea, la Gran Bretagna, il Canada, e l’Australia. Recentemente l’Agenzia Europea per i Medicinali ha approvato zanubrutinib per il trattamento di pazienti adulti affetti da linfoma della zona marginale che hanno ricevuto almeno una precedente terapia a base di anticorpi anti-CD20 e per il trattamento di pazienti adulti con leucemia linfocitica cronica; entrambe le indicazioni non sono ancora ancora rimborsate dall’SSN.

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