Bpco: la doppia broncodilatazione il nuovo standard delle raccomandazioni GOLD. Solo la triplice riduce la mortalità secondo nuovi studi
E’ stato recentemente reso pubblico il nuovo report GOLD (Global Initiative on Obstructive Lung Diseases), il documento più importante per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento della BPCO. Periodicamente vengono aggiornate da un comitato scientifico internazionale in base alle nuove evidenze e adottate poi dalle principali società scientifiche del settore.
Il nuovo update delle raccomandazioni si connota per un deciso cambio di paradigma nella gestione di questa condizione clinica che, stando ai dati ISTAT, colpisce in Italia 5,6% degli adulti (circa 3,5 milioni di persone) ed è responsabile del 55% dei decessi per malattie respiratorie.
Quali le novità più importanti?
In primo luogo – dicono le GOLD, facendo riferimento ai risultati dello studio EMAX( (Early MAXimisation of brochodilatation for improving COPD stability) – per controllare la patologia occorre iniziare con la doppia broncodilatazione, l’associazione tra LAMA e LABA, combinazione che diventa terapia di prima scelta alla diagnosi.
Ovviamente il quadro va modificato se alla diagnosi si verifica una quantità elevate di eosinofili nel sangue. Un numero superiore a 300 suggerisce di passare alla triplice terapia, aggiungendo cioè ai LABA LAMA anche l’ICS, il corticosteroide. Rispetto al passato ICS LABA non è più raccomandato nel paziente con BPCO.
Un altro aspetto sottolineato dalle GOLD riguarda la riduzione del rischio di mortalità, passaggio dirimente in una patologia che oggi rappresenta la terza cause di morte sul pianeta e colpisce nel mondo 380 milioni di persone, l’11,7 per cento della popolazione. A dare evidenza della riduzione del rischio sono solo le triplici, come dimostrato dagli studi IMPACT (fluticasone furoato/umeclidinio/vilanterolo confrontato a ICS LABA e LABA LAMA) e ETHOS (budesonide/glicopirronio/formoterolo fumarato vs ICS LABA E LABA LAMA), cui le raccomandazioni dedicano paragrafi specifici.
Da sempre il principale problema delle malattie croniche respiratorie è l’aderenza. Che è un po’ figlia della semplicità o meno delle cure, tenendo in considerazione che la maggior parte dei pazienti è anziana e magari soffre anche di altre malattie che necessitano interventi farmacologici quotidiani.
Un’indagine di DoxaPharma del 2017 su 150 pazienti BPCO, il 39% donne e il 61% uomini, ci fa un quadro interessante della situazione. Dall’anagrafica emerge subito un dato: il 48% ha più di 54 anni ma la maggioranza ha un’età inferiore, il che significa che la BPCO non è più, come sottolineato sopra, una patologia solo dell’anziano. Sette su 10 sono quelli che dicono di aver sofferto di riacutizzazioni. In media da 5 o più dopo la diagnosi (34%) e in 1 caso su 2 con la necessità di rivolgersi al Pronto soccorso.
Il capitolo terapia è quello sicuramente che più ci interessa in questo contesto. Nel 90% dei casi viene assunta per via inalatoria: il 62% degli intervistati lo fa tutti i giorni o quasi, il 33% durante la fase acuta e il 5% solo in caso di emergenza.
Analizzando i due sottogruppi – riacutizzatori e non – la percentuale di chi si cura regolarmente (o quasi) sale al 69%, 7 pazienti su 10, ma gli altri (27%) solo durante le fasi acute e 4 quando non possono proprio farne a meno. Sette su dieci portano con sé l’erogatore, ma il 62% confessa il proprio imbarazzo ad utilizzarlo in pubblico. Le GOLD ci dicono che proprio per questo medici e specialisti dovrebbero tenere in considerazione le terapie precostituite rispetto alle associazioni estemporanee, vale a dire le terapie contenute in un unico inalatore.
Nello specifico le GOLD fanno riferimento ai risultati degli studi IMPACT (InforMing PAthway of COPD Treatment) e INTREPID (INvestigation of TRelegy Effectiveness: usual PractIce Design) che hanno valutato l’efficacia e la sicurezza della triplice fluticasone furoato/umeclidinio/vilanterolo rispetto all’ICS LABA, al LABA LAMA e alle triplici in aperto.
In ultimo, le nuove raccomandazioni puntano l’attenzione sul rischio di riacutizzazione e di peggioramenti, che possono essere contrastati con trattamenti su misura da studiare caso per caso e con terapia a salire se si riscontra un non adeguato controllo della patologia.
La Broncopneumopatia cronica ostruttiva è una patologia comune, caratterizzata da una persistente limitazione del flusso aereo, in genere progressiva e associata a un’aumentata risposta infiammatoria cronica a particelle o gas nocivi a livello delle vie aeree e dei polmoni. Si presenta tipicamente nei pazienti di età superiore a 40 anni e prevalentemente nei fumatori o negli ex fumatori. Oltre all’anamnesi di tabagismo e all’età, altri fattori di rischio includono l’esposizione a particelle occupazionali, fattori genetici e asma. Il declino della funzionalità polmonare è una caratteristica clinica chiave. La gravità è molto variabile e può essere lieve, moderata, grave o molto grave.
Anche le riacutizzazioni, eventi cioè acuti di peggioramento dei sintomi respiratori oltre le normali variazioni quotidiane e i sintomi della malattia sono caratteristiche cliniche importanti e influenzano i pazienti in tutti i gradi di severità della malattia.
Si stima che siano oltre 380 milioni le persone in tutto il mondo siano interessate dalla BPCO, corrispondenti a una prevalenza globale dell’11,7%. I pazienti con BPCO da moderata a grave rappresentano il 70% del totale. Secondo i dati ISTAT, in Italia la broncopneumopatia colpisce il 5,6% degli adulti (circa 3,5 milioni di persone) ed è responsabile del 55% dei decessi per malattie respiratorie.