Il fumo di tabacco è la principale causa di cancro ed è responsabile ogni anno di migliaia di morti oncologiche. Ma è un fattore di rischio che si può evitare
Il consumo di tabacco è la principale causa di cancro e le stime sulle morti provocate dal fumo parlano, in Italia, di almeno 43.000 decessi l’anno.
I risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti hanno mostrato che solo nel 2019 i decessi imputabili al fumo di sigaretta sono stati circa 123.000, quasi il 30 per cento del totale delle morti per cancro registrate tra i 25 e i 79 anni. Tale stima corrisponde alla perdita di oltre 2 milioni di anni potenziali di vita e di quasi 21 miliardi di utili in termini economici.
I più alti tassi di decesso sono stati osservati nei 13 Stati federali in cui la prevalenza del fumo è maggiore, le politiche di controllo del tabacco sono meno efficaci e le tasse sui pacchetti di sigarette sono più basse.
I ricercatori hanno calcolato che, se gli indicatori presi in considerazione fossero, in tutti gli Stati Uniti, analoghi a quelli dello Stato più virtuoso (lo Utah), la perdita economica sarebbe dimezzata e si riconquisterebbe quasi il 60 per cento degli anni di vita persi. “Dobbiamo continuare ad aiutare le persone a smettere di fumare e a evitare di iniziare, e lavorare con i politici a tutti i livelli di governo affinché gli interventi di controllo sul consumo di tabacco vengano estesi” afferma Farhad Islami, direttore scientifico del settore disuguaglianze sociali dell’American Cancer Society e primo autore dell’articolo pubblicato sull’International Journal of Cancer.
Se è ormai nota l’associazione tra fumo e cancro del polmone, va osservato che il tabacco aumenta il rischio di sviluppare numerosi altri tipi di cancro, come quelli del pancreas, del seno e della prostata. Di recente, i risultati di una ricerca statunitense hanno mostrato che l’abitudine al fumo è il fattore di rischio più importante, dopo l’età, per lo sviluppo di un cancro invasivo entro un lasso di tempo di 5 anni. Nella ricerca sono stati analizzati dati relativi a quasi 430.000 cittadini statunitensi senza storia precedente di cancro. Dai dati relativi alle persone sopra i 50 anni, è emerso che il loro rischio assoluto di sviluppare un cancro era superiore al 2 per cento (il limite è scelto dagli autori della ricerca sulla base di specifici dati pregressi); nei più anziani (dagli 80 anni in su) il rischio poteva arrivare negli uomini fino al 29 per cento e nelle donne fino al 25 per cento. A superare la soglia del 2 per cento erano però anche gli uomini con meno di 50 anni che fumavano o che avevano smesso da meno di 30 anni, gli individui sovrappeso o obesi che non avevano mai fumato o che avevano smesso da più di 30 anni (il loro indice di massa corporea era maggiore di 25 fino a oltre 35 kg/m2) o coloro che avevano una storia familiare di cancro. “Questi dati dimostrano come, nell’aiutare i pazienti a determinare se possano trarre beneficio da interventi di screening e prevenzione più frequenti, i medici dovrebbero considerare, oltre all’età, l’abitudine al fumo, l’indice di massa corporea e la storia familiare” concludono i ricercatori.
È ora di smettere
Il fumo è un fattore di rischio molto importante e assolutamente evitabile. In Italia i fumatori, tra le persone di età uguale o superiore a 14 anni, sono quasi 10 milioni e sono di più nel sesso maschile: fumano infatti il 22,9 per cento degli uomini e il 15,3 per cento delle donne.
Non bisognerebbe mai iniziare, ma si può sempre smettere. Nell’arco di poche settimane o mesi dall’ultima sigaretta, la circolazione e la funzione polmonare migliorano e si riducono la tosse e il respiro corto. Negli anni diminuisce anche il rischio di ictus, malattie coronariche e cancro, mentre aumenta l’aspettativa di vita. Da non sottovalutare l’impatto del fumo passivo, in particolare sui bambini, nei quali aumenta il rischio di otite media, asma, bronchiti e polmoniti.
Secondo i dati dello studio PASSI, condotto dall’Istituto superiore di sanità nel 2020-21, quasi una persona su tre in Italia ha cercato di smettere di fumare nell’anno precedente, ma nell’80 per cento dei casi non è riuscita. I tentativi di smettere di fumare sono diminuiti dal 2008 al 2021 (da circa il 42 per cento a circa il 32 per cento), con differenze notevoli tra le regioni: il calo riguarda soprattutto il Sud e le isole e poi il Centro, ma non il Nord.
Già da diversi anni l’Organizzazione mondiale della sanità ha delineato sei strategie, indicate con l’acronimo MPOWER, per ridurre la domanda di tabacco. Le misure includono il monitoraggio dell’uso del tabacco e delle misure di prevenzione, la protezione dal fumo, l’offerta di aiuto per smettere di fumare, la messa in guardia (“warning”) contro i danni da tabacco, l’applicazione (“enforce”) delle leggi che vietano le pubblicità, le promozioni e le sponsorship delle industrie del tabacco e l’aumento (“raising”) delle tasse sui prodotti da fumo.
FONTE: AIRC