Porfiria: il Centro della Microcitemia Anemie Congenite e dismetabolismo del ferro, Ospedale Galliera di Genova, è il primo centro di riferimento in Liguria
Il riconoscimento del Centro della Microcitemia Anemie Congenite e dismetabolismo del ferro, Ospedale Galliera di Genova, come centro di riferimento per le porfirie e come centro prescrittore delle terapie specifiche per queste patologie dà finalmente la possibilità ai cittadini liguri di non doversi spostare in altre regioni per ricevere una diagnosi appropriata e tempestiva e di essere seguiti per i controlli periodici e per il percorso terapeutico.
«Al Centro ci siamo sempre occupati di patologie dei globuli rossi, ma in Liguria mancava un centro riferimento per le porfirie. Abbiamo cercato di colmare questo vuoto in coordinamento con i colleghi dell’Ospedale San Martino, del Gaslini, di altri ospedali liguri e con il centro regionale delle malattie rare» ha spiegato il Dott. Gian Luca Forni, Responsabile S.S.D. Microcitemia, anemie congenite e dismetabolismo del ferro, Ospedale Galliera di Genova.
Un gruppo di malattie metaboliche ereditarie
Il termine porfiria definisce un gruppo eterogeneo di malattie metaboliche rare, per la maggior parte ereditarie, causate da un deficit di uno degli enzimi responsabili della biosintesi del gruppo eme nel sangue, un complesso chimico membro di una famiglia di composti chiamati porfirine. Questo deficit provoca un accumulo dannoso di porfirine e di loro precursori nel fegato e nel midollo osseo, pertanto le porfirie vengono essenzialmente classificate in epatiche o eritropoietiche a seconda della locazione principale dell’anomalia metabolica sottostante.
Le porfirie epatiche croniche e quelle eritropoietiche presentano lesioni cutanee di tipo bolloso o dolore acuto nelle zone esposte al sole (lesioni foto-algiche). Nelle porfirie epatiche acute si verificano attacchi neuroviscerali che provocano intensi dolori addominali (spesso associati a nausea, vomito e costipazione) e sintomi neurologici e psicologici, che di solito si protraggono per giorni o anche settimane. Le complicanze possono includere paralisi, bassi livelli di sodio nel sangue e convulsioni. Gli attacchi possono essere causati da alcol, fumo, cambiamenti ormonali, digiuno, stress o alcuni farmaci.
Una collaborazione sia in Liguria che con altri centri in Italia
Trattandosi di una patologia che può manifestarsi anche in acuto, sottodiagnosticata e la cui diagnosi tardiva può provocare danni importanti anche ai fini della sopravvivenza del paziente, il primo obiettivo del Centro è stato quello di sensibilizzare le strutture dell’emergenza, cercando di riprendere le fila di un progetto avviato a inizio 2020 dal centro regionale delle malattie rare ma che si è dovuto arrestare a causa della pandemia.
«Nel frattempo il Galliera è stato riconosciuto come centro di riferimento per la Liguria e, insieme ai colleghi delle altre strutture, abbiamo in progetto di continuare con l’opera di sensibilizzazione organizzando incontri con i medici della medicina d’urgenza e interna nelle quattro ASL di Genova, e con una collaborazione multispecialistica ed interaziendale che ha visto coinvolti internisti, neurologi, gastroenterologi, urgentisti abbiamo stabilito una sorta PDTA che dovrebbe consentire una diagnosi tempestiva delle forme acute, continuando a seguire in modo appropriato anche le forme croniche», ha fatto presente Forni.
«In questa fase stiamo reclutando i pazienti che in passato erano costretti a spostarsi in altre regioni per la mancanza di un centro di riferimento ligure. Essendo una malattia rara si tratta di piccoli numeri, meno di 10 pazienti. Per le forme croniche il centro gestisce i controlli periodici in day hospital, generalmente semestrali o annuali, con verifiche ematologiche o eventualmente ecografie epatiche» ha aggiunto. «Per le forme acute si effettua una serie di esami per l’inquadramento del paziente, seguite dagli accertamenti multispecialistici come quello gastroenterologico e neurologico ed eventualmente si procede all’impostazione della terapia. Infatti oggi questi pazienti hanno a disposizione una terapia specifica che agisce sulle cause all’origine della malattia».
I nuovi pazienti provengono invece dai reparti di medicina o di urgenza, sulla base del sospetto di porfiria legato a sintomi variegati quali dolori addominali intensi, vomito, crisi ipertensive, tachicardia o manifestazioni neurologiche con deficit motorio a prevalente interessamento dei nervi periferici, sintomi che purtroppo non sono specifici e rendono ancora più difficile l’individuazione della condizione.
«Una volta indirizzati al nostro centro, possiamo effettuare una valutazione più dettagliata. Per la rilevazione di alcuni parametri di laboratorio utili a una prima diagnosi certa e all’individuazione della forma della patologia facciamo riferimento all’Ospedale San Martino» ha sottolineato Forni. «Per le diagnosi di secondo livello, quella molecolare, collaboriamo con altri ospedali in Italia, come il Policlinico di Milano».
Il primo passo per individuare la porfiria è conoscere la malattia
Normalmente si ritiene che in emergenza si ricevano soltanto pazienti con patologie importanti quali politrauma, infarto, ictus o insufficienza respiratoria. Sono di certo più frequenti, ma nel caso di un paziente affetto da una patologia rara, per una questione anche epidemiologica, i medici possono trovarsi in situazioni disarmanti in quanto possono disconoscere o misconoscere il problema, dal momento che i sintomi spesso generici possono essere facilmente fraintesi e attribuiti ad altre condizioni. Tra queste c’è la porfiria.
Il modo migliore per favorire il riconoscimento dei segni e dei sintomi delle patologie rare è fare formazione, che negli ultimi anni ha permesso di identificare condizioni come l’angioedema o l’anemia falciforme. Sono tutte patologie che, se non diffusamente conosciute, possono essere facilmente confuse con altre malattie. La conseguenza è che in alcuni casi i pazienti possono essere dimessi fortunatamente senza grosse complicazioni, ma in altre situazioni si possono verificare complicanze gravi o letali.
«Grazie alla formazione il rischio di non conoscere questo tipo di patologie sicuramente si riduce. Negli ultimi 10-15 anni l’angioedema è stato trattato diffusamente e adesso è abbastanza difficile che un paziente venga dimesso dal pronto soccorso senza una diagnosi, lo stesso per l’anemia falciforme» ha osservato la Dott.ssa Daniela Pierluigi, Responsabile S.S.C. Osservazione breve intensiva (O.B.I.) e degenza breve, Ospedale Galliera di Genova.
«Riguardo alle porfirie, grazie al dottor Forni che si fa sempre promotore di attività in queste patologie e con il mio contributo in qualità di past president della società scientifica SIMEU (Società Italiana della Medicina di Emergenza-Urgenza), nel 2021 era stato organizzato un incontro dedicato proprio a questa patologia, tuttora fruibile sul sito della SIMEU Liguria (www.simeu-liguria.it)» ha raccontato. «È stata volutamente lasciata in home page in modo che potesse essere vista non soltanto dai medici e dagli infermieri dei reparti di urgenza, ma anche da altre figure professionali, perché è importante che anche il medico di famiglia possa identificare la malattia e indirizzare il paziente al pronto soccorso nella maniera appropriata».
«Infatti questa patologia molto spesso può essere confusa con uno stato ansioso. I pazienti generalmente sono donne dai 20 ai 45 anni, arrivano in pronto soccorso lamentando sempre gli stessi sintomi, spesso addominalgia, gli approfondimenti di routine danno esito negativo e il quadro clinico vago può far ipotizzare uno stato ansioso. Il paziente torna a casa senza una diagnosi, ma se poi si ripresenta più volte al pronto soccorso deve venire il sospetto che si possa trattare di una malattia rara. Per questo motivo per il medico d’urgenza la conoscenza è fondamentale, ha commentato la dottoressa».