Tumore al polmone metastatico squamoso: pembrolizumab efficace


Tumore al polmone metastatico squamoso: il trattamento con pembrolizumab più chemioterapia dopo 5 anni vivo un paziente su 5

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Il trattamento con il farmaco immunoterapico anti-PD1 pembrolizumab combinato con la chemioterapia continua a dimostrare di migliorare sia la sopravvivenza libera da progressione (PFS) sia la sopravvivenza globale (OS) rispetto alla chemioterapia più un placebo in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico con istologia squamosa, naïve al trattamento, con risposte durature, e un beneficio che si mantiene nel tempo. La conferma dell’efficacia, anche a lungo termine, della combinazione pembrolizumab più chemio arriva dai dati aggiornati a 5 anni dello studio di fase 3 KEYNOTE-407, da poco presentati in una sessione orale al congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO), a Parigi.

I nuovi risultati confermano il ruolo di pembrolizumab associato alla chemioterapia come standard di cura in questo setting. Inoltre, il beneficio del trattamento combinato si è osservato indipendentemente dal livello di espressione di PD-L1.

È importante sottolineare, altresì, che il vantaggio si è mantenuto nonostante oltre la metà dei pazienti trattati con la sola chemioterapia, una volta andata incontro a progressione della malattia, sia stata poi trattata con pembrolizumab o un altro farmaco anti-PD-1 o PD-L1.

I risultati mostrano un tasso di OS a 5 anni quasi del 20% nel braccio trattato con pembrolizumab più la chemio, quasi raddoppiato rispetto al gruppo di controllo, e beneficio di quasi 6 mesi nella mediana di OS, con una riduzione del rischio di morte del 29%.

Inoltre, i pazienti che hanno completato i 35 cicli (corrispondenti a circa 2 anni) di trattamento con pembrolizumab hanno mostrato risposte durature e quasi il 70% di essi era ancora vivo 3 anni dopo la conclusione della terapia.

Studio registrativo e ‘practice changing
Lo studio KEYNOTE-407 (NCT02775435) è uno studio registrativo chiave, che ha cambiato la pratica clinica per la terapia di prima linea del carcinoma del polmone non a piccole cellule metastatico, con istologia squamosa.

I risultati dell’analisi primaria sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine nel 2018, mentre nel 2020 sono stati pubblicati sul Journal of Thoracic Oncology i risultati dell’analisi finale prevista dal protocollo. Questi ultimi dati hanno confermato il beneficio significativo di sopravvivenza offerto dall’aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia, con un Hazard Ratio (HR) pari a 0,71 per l’OS e un HR pari a 0,57 per la PFS.

A Parigi, Novello ha presentato un’analisi esplorativa dei risultati di efficacia e sicurezza con un follow-up mediano di 56,9 mesi (range: 49,9-66,2) e ulteriori analisi nei pazienti che hanno completato 35 cicli (circa 2 anni) di trattamento con pembrolizumab.

Aggiunta di pembrolizumab aumenta la sopravvivenza, a prescindere dall’espressione di PD-L1
I nuovi dati confermano nuovamente il beneficio aggiuntivo della combinazione con pembrolizumab rispetto alla sola chemioterapia, con un tasso di OS a 5 anni rispettivamente del 18,4% contro 9,7% e un’OS mediana pari, rispettivamente, a 17,2 mesi contro 11,6 mesi (HR 0,71; IC al 95% 0,59-0,85).

Il vantaggio di OS osservato con l’aggiunta di pembrolizumab alla chemio è risultato indipendente dall’espressione di PD-L1 nei sottogruppi analizzati, anche se, come previsto, è stato superiore nei sottogruppi con espressione più elevata del biomarcatore. Infatti, l’OS a 5 anni è risultata rispettivamente del 23,3% contro 8,3% nei pazienti con un ‘Tumor Proportion Score’ (TPS) di PD-L1 ≥ 50% (HR 0,68), rispettivamente del 20,6% contro 7,6% in quelli con TPS compreso fra l’1 e il 49% (HR 0,61) e, rispettivamente, del 10,7% contro 13,1% nei pazienti con un TPS < 1% (HR 0,83).

Da sottolineare che il beneficio di OS fornito dalla combinazione di pembrolizumab con la chemioterapia rispetto alla sola chemio si è osservato nonostante un tasso di cross-over effettivo del 50,9% dal gruppo trattato con la sola chemioterapia a una successiva terapia anti-PD-1/PD-L1, in caso di progressione della malattia. Infatti, 117 pazienti del gruppo di controllo sono passati al trattamento con pembrolizumab in monoterapia durante lo studio e altri 26 al trattamento con un anti-PD-1/PD-L1 al di fuori dello studio.

Inoltre, nel gruppo assegnato al trattamento con pembrolizumab più la chemioterapia si è nuovamente osservato un miglioramento della PFS rispetto alla sola chemio, con un tasso di PFS a 5 anni rispettivamente del 10,8% contro 3,5%, una PFS mediana di 8,0 mesi contro 5,1 mesi e una riduzione del rischio di progressione della malattia o morte del 38% (HR 0,62; IC al 95% 0,52-0,74), molto simile al dato osservato nell’analisi finale (0,57). Anche per la PFS, il vantaggio della combinazione con pembrolizumab si è osservato indipendentemente dall’espressione di PD-L1.

Risposte più frequenti e durature con l’aggiunta di pembrolizumab
Aggiungere l’anti-PD-1 alla chemioterapia ha mostrato di offrire un vantaggio anche sul fronte dei tassi di risposta e della durata della risposta.

Infatti, il tasso di risposta obiettiva (ORR) è risultato del 62,2% per i pazienti trattati con pembrolizumab più la doppietta a base di platino a fronte de 38,8% per quelli trattati con la sola chemioterapia, con una durata della risposta (DOR) mediana rispettivamente di 9 mesi (range: 1,3+ – 61,5+) contro 4,9 mesi (range: 1,3–58,6).

Ancora una volta, il vantaggio della combinazione con pembrolizumab rispetto alla sola chemioterapia si è osservato indipendentemente dall’espressione di PD-L1 per quanto riguarda sia l’ORR sia la DOR.

Risultati nei pazienti che hanno completato 35 cicli di pembrolizumab
Infine, sono molto interessanti i dati dell’analisi effettuata sui 55 pazienti che hanno completato i 35 cicli (circa 2 anni) di trattamento con pembrolizumab. In questa popolazione, infatti, si sono osservati un ORR molto alto, 90,9% (con un 16,4% di risposte complete e un 74,5% di risposte parziali), e risposte durature, con una DOR mediana che non è stata raggiunta (range: da 7,1 a 61,5+ mesi).

Inoltre, di questi pazienti, il 69,5% era ancora vivo 3 anni dopo aver completato i 35 cicli di immunoterapia, 5 anni dopo la randomizzazione, e il 43,6% era ancora in vita senza segni di progressione di malattia o senza aver dovuto effettuare una successiva terapia.

Profilo di sicurezza coerente con quello già noto
L’incidenza complessiva degli eventi avversi è risultata del 98,6% nel braccio pembrolizumab contro 98,2% nel braccio placebo, mentre l’incidenza degli eventi avversi di grado da 3 a 5 è risultata rispettivamente del 74,8% contro 70,0%, e del 63,6% nei 55 pazienti che hanno completato i 35 cicli di pembrolizumab.

Tossicità immuno-mediate e reazioni infusionali si sono verificate nel 35,6% dei pazienti del braccio sperimentale contro il 9,3% di quelli del braccio di controllo, e nel 38,2% dei pazienti che hanno effettuato tutti i 35 cicli di immunoterapia.

Inoltre, i pazienti che dovuto interrompere un qualsiasi trattamento a causa di tossicità sono stati il 28,8% nel braccio trattato con la combinazione contro il 13,2% nel braccio trattato con la sola chemioterapia, e il 5,5% fra quelli che hanno completato tutti i cicli di pembrolizumab, mentre quelli che hanno manifestato tossicità che hanno richiesto l’interruzione di tutti i trattamenti sono stati il rispettivamente il 17,3% contro 7,5%, e nessuno fra coloro che hanno completato tutti cicli di immunoterapia.

Lo studio KEYNOTE-407
Lo studio KEYNOTE-407 è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, controllato e in doppio cieco, che ha coinvolto 559 pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio IV, con istologia squamosa, non trattati in precedenza e con un ECOG performance status pari a 0 o 1.

I partecipanti sono stati trattati con carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (200 mg/m2) ogni 3 settimane o nab-paclitaxel settimanale (100 mg/m2) più pembrolizumab (200 mg ogni 3 settimane) oppure un placebo per 4 cicli (ogni 3 settimane), seguiti dal solo pembrolizumab (200 mg ogni 3 settimane) o un placebo per un massimo di 31 cicli, per un totale potenziale di 35 cicli. Dopo i primi 4 cicli, i pazienti assegnati al braccio di controllo potevano passare al trattamento con pembrolizumab per i potenziali ulteriori 31 cicli.

Gli endpoint primari del trial erano l’OS e la PFS, mentre erano endpoint secondari l’ORR, la DOR e la sicurezza.

Bibliografia
S. Novello, et al. 5-year update from KEYNOTE-407: Pembrolizumab plus chemotherapy in squamous non-small cell lung cancer (NSCLC). Annals of Oncology (2022) 33 (suppl_7): S448-S554. 10.1016/annonc/annonc1064. Link