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Su Rai Storia “La macchina delle immagini di Alfredo C.”

la macchina delle immagini

In prima serata su Rai Storia “La macchina delle immagini di Alfredo C.”: un viaggio nei meccanismi della propaganda

La storia degli italiani trattenuti in Albania dal regime comunista è quasi dimenticata, coperta dalla valanga di eventi che ha travolto centinaia di migliaia di connazionali in altri paesi. Una pagina di storia che rivive in “La macchina delle immagini di Alfredo C.”, firmato da Roland Sejko e prodotto da Luce-Cinecittà, in onda in prima visione venerdì 24 febbraio alle 21.10 su Rai Storia e disponibile su RaiPlay, introdotto e contestualizzato dal professor Alberto Basciani.

Il documentario è stato presentato con successo alla Mostra del Cinema di Venezia e ha vinto il Nastro d’Argento 2022 per il Miglior Documentario.

Aprile 1939. L’Italia fascista occupa l’Albania. Migliaia di italiani, operai, coloni e tecnici, vengono trasferiti nel Paese. Novembre 1944, l’Albania è liberata. Il nuovo regime comunista chiude i confini e pone all’Italia decine di condizioni per il rimpatrio dei suoi concittadini. Nel 1945 in Albania si trovano trattenuti ancora 27.000 italiani tra reduci e civili. Tra di loro c’è anche un operatore cinematografico. Si chiama Alfredo C. – interpretato da Pietro De Silva – ed è un operatore della propaganda fascista che ha girato per cinque anni l’Albania con la sua cinepresa. Prima, per quasi un ventennio, ha immortalato la capillare macchina del regime. Ora, da un giorno all’altro, deve fare lo stesso, ma per un regime comunista. Chiuso nel suo magazzino, circondato da migliaia di pellicole, Alfredo C. rivede su una vecchia moviola quello che ha girato. La sua storia che è anche il suo film. E, forse, non solo il suo.

“La chiave per raccontare – dice Roland Sejko – è arrivata, come spesso succede, per caso. Quando tra i documenti dell’Archivio Centrale d’Albania, in una richiesta di rimpatrio ho notato un nome che conoscevo: quello dell’operatore dell’Istituto Nazionale Luce in Albania, ora, in quelle carte, dipendente del Minculpop comunista. La sua storia, intrecciata giocoforza con le immagini e le storie di altri, dava l’occasione per elaborare alcuni temi: l’onnipresenza e le tecniche della propaganda, l’incombenza degli eventi storici sui destini personali, la responsabilità della folla e quella dei singoli. E una riflessione sulla responsabilità – di oggi, come di ieri – di chi produce immagini, e di chi le vede. La sua storia, intrecciata giocoforza con le immagini e le storie di altri, dava l’occasione per elaborare alcuni temi: l’onnipresenza e le tecniche della propaganda, l’incombenza degli eventi storici sui destini personali, la responsabilità della folla e quella dei singoli. E una riflessione sulla responsabilità – di oggi, come di ieri – di chi produce immagini, e di chi le vede”.

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