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Tumore al seno ER+/HER2-metastatico: dati positivi per elacestrant

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Tumore al seno ER+/HER2-metastatico: elacestrant utilizzato dopo una terapia con inibitori di CDK4/6 migliora la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto agli standard di seconda linea

Il trattamento con il degradatore selettivo del recettore degli estrogeni (SERD) orale elacestrant, utilizzato dopo una terapia con inibitori di CDK4/6 (o inibitori  delle cicline), migliora la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto agli standard di seconda linea come fulvestrant nei pazienti con carcinoma mammario metastatico positivo per i recettori estrogenici (ER+) ed HER2 negativo (HER2-). Lo dimostrano nuovi risultati dello studio di fase 3 EMERALD presentati di recente al San Antonio Breast Cancer Symposium (SABCS). In particolare, il beneficio è risultato più pronunciato tra coloro che erano in precedenza stati trattati più a lungo con gli inibitori di CDK4/6 e tra i pazienti con tumore ESR1-mutato.

Nello specifico, nel sottogruppo trattato in prima linea con un inibitore di CDK4/6 per almeno 18 mesi, nei 98 pazienti trattati con elacestrant la PFS mediana è risultata di 5,45 mesi, a fronte di 3,29 mesi nei 119 pazienti sottoposti alla terapia ormonale standard (HR 0,703; IC al 95% 0,482-1,019). Inoltre, i tassi di PFS a 6, 12 e 18 mesi sono risultati rispettivamente del 44,72%, 26,70% e 21,03% con elacestrant rispetto a 25,12%, 8,23% e 4,11% con l’ormonoterapia standard.

In più, nel sottogruppo trattato in prima linea con un inibitore di CDK4/6 per almeno 18 mesi e con tumore ESR1-mutato, i 55 pazienti trattati con elacestrant hanno mostrato una PFS mediana di 8,61 mesi, mentre nei 56 assegnati alla terapia endocrina standard la PFS mediana è risultata di 2,1 mesi (HR 0,466; IC al 95% 0,270-0,791). In questo sottogruppo, i tassi di PFS a 6, 12 e 18 mesi sono risultati rispettivamente del 58,57%, 35,79% e 30,68% contro 27,06%, 7,73% e 0%.

I trattamenti attuali
Ad oggi, il caposaldo della terapia di prima linea del tumore mammario ER+/HER2- metastatico è rappresentato dalla combinazione della terapia endocrina più un inibitore di CDK4/6. Tuttavia, questi tumori finiscono per sviluppare una resistenza ormonale, principalmente attraverso l’insorgere di mutazioni del gene ESR1.

In seconda/terza linea si utilizzano attualmente una monoterapia endocrina sequenziale o terapie di combinazione. La monoterapia endocrina sequenziale, tuttavia, è associata a una PFS molto bassa (1,94 mesi) nei pazienti già esposti agli inibitori di CDK4/6. Inoltre, fulvestrant ha una bassa biodisponibilità e l’aggravio di richiedere un’iniezione intramuscolo. Le combinazioni principali, come everolimus più exemestane o alpelisib più fulvestrant, possono essere associate a tossicità anche significative, che possono arrivare a richiedere l’interruzione del trattamento, in circa il 25% dei casi.

In questo setting, perciò, vi è una necessità significativa di SERD orali potenti da utilizzare in monoterapia e in combinazione.

Elacestrant
Elacestrant è un SERD orale di nuova generazione che nello studio EMERALD ha già dimostrato di migliorare in modo statisticamente significativo la PFS rispetto alla monoterapia endocrina standard, anche in presenza di tumori ESR1-mutati.

Il farmaco è in attesa dell’approvazione (attesa entro gennaio) da parte Food and Drug Administration sulla base di questo studio e il dossier registrativo è attualmente all’esame anche della European medicines agency.

Da notare che lo studio EMERALD è l’unico studio registrativo su un SERD orale in cui era richiesto, tra i criteri di inclusione, un trattamento precedente con inibitori di CDK 4/6.

Nell’analisi presentata quest’anno al SABCS, gli sperimentatori hanno valutato l’impatto della durata della precedente terapia con inibitori di CDK4/6 sulla PFS, oltre a fornire aggiornamenti sulla sicurezza.

Lo studio EMERALD
EMERALD (NCT03778931) è uno studio multicentrico internazionale, randomizzato, in aperto, con controllo attivo, in cui si è valutato elacestrant in monoterapia contro l’ormonoterapia standard come trattamento di seconda o terza linea in pazienti con carcinoma mammario avanzato/metastatico ER+/HER2-, già trattati con un inibitore di CDK4/6. Nello studio sono stati arruolati uomini e donne in post-menopausa provenienti da 17 Paesi diversi, progrediti o ricaduti dopo una o due linee di ormonoterapia per la malattia avanzata, una delle quali in combinazione con un inibitore di CDK4/6. Inoltre, i partecipanti non dovevano essere stati sottoposti a più di una linea di chemioterapia per la malattia avanzata.

I pazienti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con elacestrant 400 mg/die o una terapia endocrina standard (fulvestrant, anastrozolo, letrozolo o exemestane, a scelta dello sperimentatore).

Lo studio ha già dimostrato di aver centrato i due endpoint primari, rappresentati dalla PFS in tutti i pazienti e nel sottogruppo con tumore ESR1-mutato, e i risultati sono stati prima presentati al SABCS del 2021 e poi pubblicati sul Journal of Clinical Oncology nell’ottobre scorso.

«In uno studio randomizzato di fase 3 (come EMERALD, ndr), che fornisce, dunque, una prova definitiva, elacestrant si è dimostrato superiore sia agli inibitori dell’aromatasi sia, soprattutto, al fulvestrant, che era il vero competitor, in questo setting terapeutico, mostrando una riduzione del rischio di progressione del 34-36% nella popolazione generale e quasi del 50% nella sottopopolazione con tumori che avevano sviluppato una mutazione attivante del gene ESR1», ha spiegato De Laurentiis.

Nell’analisi aggiornata dello studio EMERALD presentata ora a San Antonio gli autori hanno analizzato gli outcome di PFS nei pazienti trattati in precedenza con un inibitore di CDK4/6 per almeno 6, 12 e 18 mesi. «Si è effettuata un’analisi di sottogruppo per individuare i pazienti più responsivi e quelli meno responsivi, perché, analizzando le curve di PFS, era emerso chiaramente che nel campione vi era una popolazione completamente resistente e una altamente sensibile al farmaco, e si voleva dunque capire quali fossero i pazienti in grado di trarre il massimo beneficio dal trattamento con elacestrant».

Le caratteristiche dei pazienti
L’età mediana della popolazione in studio era di 63 anni (range: 24-89).

I pazienti con tumore ESR1-mutato erano 115 (su 239) nel braccio trattato con elacestrant e 113 (su 239) nel braccio assegnato alla terapia ormonale standard.

Per quanto riguarda le terapie precedenti, aveva già effettuato una linea di terapia endocrina il 54% dei pazienti nel braccio elacestrant e il 63,5% nel braccio di confronto. Inoltre, rispettivamente il 29,3% e il 31,4% dei partecipanti erano stati trattati con fulvestrant come terapia endocrina, mentre rispettivamente il 20,1% e il 24,7% avevano effettuato una linea di chemioterapia.

Beneficio di elacestrant anche nei pazienti trattati meno a lungo con inibitori di CDK4/6
Elacestrant ha confermato il suo beneficio rispetto alla terapia endocrina standard anche nei sottogruppi trattati in precedenza con inibitori di CDK4/6 per meno di 18 mesi, sia in tutti i pazienti, sia in quelli con tumori ESR1-mutati.

L’analisi condotta nei pazienti trattati con inibitori di CDK4/6 per almeno 6 mesi (complessivamente l’87,5%), infatti, ha mostrato una PFS mediana più lunga e tassi di PFS più alti nel braccio elacestrant (202 pazienti) rispetto al braccio di confronto (205 pazienti). Infatti, la PFS è risultata rispettivamente di 2,79 mesi contro 1,91 mesi (HR 0,688; IC al 95% 0,535-0,884) e i tassi di PFS a 6, 12 e 18 mesi sono risultati rispettivamente del 34,40%, 21,0% e 16,24% contro 19,88%, 6,42% e 3,21%.

Il beneficio di elacestrant si è mantenuto anche nel sottogruppo trattato con un inibitore di CDK4/6 per almeno 12 mesi (il 66,7% dei pazienti), nel quale la PFS mediana è risultata rispettivamente di 3,78 mesi contro 1,91 mesi (HR 0,613; IC al 95% 0,453-0,828) e i tassi di PFS a 6, 12 e 18 mesi sono risultati rispettivamente del 41,56%, 25,64% e 19,34% contro 21,72%, 7,38% e 3,69%.

Analisi sui pazienti con tumori ESR1-mutati
Inoltre, il beneficio di elacestrant è risultato maggiore nei pazienti con tumori ESR1-mutati anche in caso di una durata del trattamento precedente con un inibitore di CDK4/6 di durata inferiore a 18 mesi.

Infatti, nella coorte di pazienti ESR1-mutati trattati in precedenza con un inibitore di CDK4/6 per almeno 6 mesi, la PFS mediana è risultata raddoppiata nel braccio elacestrant (103 pazienti) rispetto al braccio di confronto (102 pazienti): 4,14 mesi contro 1,87 mesi (HR 0,517; IC al 95% 0,361-0,738). Inoltre, i tassi di PFS a 6, 12 e 18 mesi sono risultati rispettivamente del 42,43%, 26,02% e 20,70% contro 19,15%, 6,45% e 0%.

Complessivamente, nei partecipanti ESR1-mutati trattati precedentemente con un inibitore di CDK4/6 per almeno 12 mesi la PFS mediana è risultata di 8,61 mesi con elacestrant contro 1,81 mesi con la terapia endocrina standard (HR 0,410; IC al 95% 0,262-0,634) e i tassi di PFS a 6, 12 e 18 mesi sono risultati rispettivamente del 55,81%, 35,81% e 28,49% con elacestrant contro 22,66%, 8,39% e 0% con l’ormonoterapia standard.

Profilo di sicurezza confermato
La Kaklamani ha presentato anche aggiornamenti sui dati di sicurezza che in pratica hanno confermato quelli già riportati in precedenza.

La maggior parte degli eventi avversi è stata di grado 1 e 2, e non sono stati segnalati eventi correlati al trattamento di grado 4.

L’evento avverso più comune di grado 1/2 è stato la nausea, che è risultata di grado 3 in sei pazienti trattati con elacestrant e in due trattati con l’ormonoterapia standard. Questo effetto avverso ha causato l’interruzione di elacestrant in tre pazienti. Il ricorso agli antiemetici è stato necessario per l’8% dei pazienti trattati con elacestrant, mentre, tra quelli assegnati all’ormonoterapia, per il 10,3% dei pazienti trattati con un inibitore dell’aromatasi e l’1,3% di quelli trattati con fulvestrant.

Complessivamente, i pazienti che hanno dovuto interrompere la terapia per un effetto avverso correlato al trattamento sono stati il 3,4% nel braccio sperimentale e lo 0,9% nel braccio trattato con l’ormonoterapia.

Non sono stati segnalati decessi correlati al trattamento in nessuno dei due bracci. Infine, non è stato osservato alcun segnale di tossicità ematologica e in entrambi i bracci non sono stati segnalati casi di bradicardia sinusale.

In conclusione
Commentando i risultati, la Kaklamani ha detto che elacestrant può diventare un importante agente endocrino orale in monoterapia in seconda e terza linea.

«Se si considerano gli outcome ottenuti, non solo in questo studio, ma anche in altri, in pazienti la cui terapia con inibitori di CDK4/6 è durata meno di 6 mesi» ha concluso l’autrice, «ci si rende conto che ci sono tumori resistenti, perciò i pazienti devono passare alla chemioterapia o potenzialmente alla terapia endocrina combinata, che tuttavia sono tossiche per i nostri pazienti. Speriamo che con questo studio avremo delle alternative per questi pazienti».

«Si aprono interessanti scenari futuri», ha aggiunto De Laurentiis. «Questo studio ci ha dimostrato che i farmaci ormonali al momento a disposizione sono perfettibili e sembrano essere inferiori a elacestrant soprattutto nei casi in cui vi è una resistenza primaria del tumore ai trattamenti endocrini». Inoltre, ha concluso il Professore, «l’utilizzo di questo farmaco in fasi più precoci potrebbe contribuire in modo determinante al cambiamento della storia naturale della malattia negli anni futuri».

Bibliografia
A. Bardia A, et al. EMERALD phase 3 trial of elacestrant versus standard of care endocrine therapy in patients with ER+/HER2- metastatic breast cancer: updated results by duration of prior CDK4/6i in metastatic setting. SABCS 2022; abstract GS3-01. Link

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