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Leucemia linfatica cronica: acalabrutinib migliore di ibrutinib

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Leucemia linfatica cronica: da nuovi studi con acalabrutinib nuova conferma di migliore tollerabilità rispetto all’altro inibitore di BTK, ibrutinib

Nei pazienti affetti da leucemia linfatica cronica già trattati in precedenza, la terapia con l’inibitore della tirosina chinasi di Bruton (BTK) di nuova generazione acalabrutinb ha un impatto (‘burden’) in termini di eventi avversi inferiore rispetto al trattamento con l’inibitore di BTK di prima generazione ibrutinib e una tollerabilità superiore. Lo conferma una analisi post-hoc dello studio di fase 3 ELEVATE-RR, presentata al recente meeting annuale dell’American Society of Hematology (ASH).

In questa nuova analisi, basata su una metodologia che tiene conto della durata e della grado di severità degli eventi avversi, acalabrutinib ha mostrato di avere un impatto minore in termini di tossicità generale e un carico di eventi cardiovascolari inferiore, riconfermando nel complesso un miglior profilo di tollerabilità rispetto all’inibitore di BTK di prima generazione ibrutinib nei pazienti con leucemia linfatica cronica ricaduta/refrattaria.

Il punteggio che misura il carico degli eventi avversi (burden score) è risultato più basso con acalabrutinib rispetto a ibrutinib sia nel complesso, sia per quanto riguarda eventi avversi quali la fibrillazione atriale /flutter, le emorragie e gli eventi muscolo-scheletrici, mentre è risultato maggiore con acalabrutinib nel caso della diarrea e la cefalea

Migliore caratterizzazione della tollerabilità con nuova metodologia
Analisi precedenti dello studio ELEVATE-RR, basate sulla valutazione dell’incidenza complessiva degli eventi avversi di qualsiasi grado e degli eventi comunemente associati alla classe, avevano dimostrato una minore tossicità correlata all’inibizione di BTK per acalabrutinib. Infatti, nei pazienti trattati con acalabrutinib si è registrato un numero di eventi di fibrillazione atriale/flutter e un numero di interruzioni del trattamento dovute agli eventi avversi inferiori rispetto ai pazienti trattati con ibrutinib; rispettivamente, 15% contro 22% e 9% contro 16%.

Con questa nuova analisi, gli autori, fra cui il Professor Paolo Ghia (Direttore del Programma di Ricerca Strategica sulla Leucemia Linfatica Cronica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele) hanno voluto caratterizzare meglio i profili di tossicità di ibrutinib e acalabrutinib emersi nello studio ELEVATE-RR e per farlo hanno utilizzato un nuovo metodo statistico ideato e sviluppato di recente da Amy S. Ruppert e colleghi (Ruppert, et al. Leukemia 2021;35:2854-61), che cattura in un solo score la durata e il grado di severità dell’evento avverso.

In pratica, i ricercatori hanno assegnato agli eventi avversi un punteggio calcolato applicando il metodo proposto da Ruppert riadattato, per rappresentare l’impatto (burden) dell’evento stesso. Questo punteggio è stato calcolato come la somma dei prodotti della durata per il grado di severità registrati per ogni evento avverso, divisa per la durata dell’evento emerso durante il periodo di trattamento.

Lo studio ELEVATE-RR
Lo studio ELEVATE-RR (NCT02477696) è un trial multicentrico randomizzato, in aperto, in cui acalabrutinib e ibrutinib sono stati confrontati testa a testa in pazienti con leucemia linfatica cronica trattati in precedenza con una o più linee di trattamento e caratterizzati dalla presenza di alcuni fattori prognostici di alto rischio, come le delezioni 17p o 11q.

Dei pazienti arruolati, 266 sono stati trattati con acalabrutinib 100 mg due volte al giorno e 263 con ibrutinib 420 mg una volta al giorno fino alla progressione della malattia o al manifestarsi di una tossicità inaccettabile.

L’età mediana dei pazienti era di 66 anni e il numero mediano di trattamenti precedenti era di due linee. I pazienti dei due bracci erano ben bilanciati per età, presenza di aberrazioni cromosomiche e numero mediani di trattamenti precedenti già effettuati.

A un follow-up mediano di 40,9 mesi (data del cut-off: 15 settembre 2020), la mediana l’esposizione dei pazienti al trattamento era di 38,3 e 35,5 mesi rispettivamente nei bracci di acalabrutinib e ibrutinib.

Al momento dell’analisi, erano ancora in trattamento il 47% dei pazienti assegnati ad acalabrutinib e il 41% di quelli assegnati a ibrutinib. La ragione più comune di interruzione, dopo la progressione della malattia (31% contro 26%), è stata rappresentata proprio dagli eventi avversi (15% contro 22%).

‘Burden’ degli eventi avversi più basso con acalabrutinib
Mentre la frequenza degli eventi avversi è risultata simile nei due bracci (98% contro 97%), il punteggio relativo al burden di tutti gli eventi è risultato significativamente più basso con acalabrutinib rispetto a quello ottenuto per ibrutinib, anche quando sono stati inclusi nel calcolo gli eventi di grado 5 (P = 0,0006).

Acalabrutinib ha mantenuto uno score più basso rispetto ad acalabrutinib anche in alcuni sottogruppi, compresi i pazienti di età <65 anni o ≥65 anni e in quelli già trattati con da una a tre terapie precedenti 1-3. In quelli che avevano già effettuato almeno quattro linee di terapia, invece, non si è trovata una differenza statisticamente significativa fra i due bracci di trattamento.

Inoltre, l’analisi degli eventi di interesse clinico condotta con questa metodologia a un follow-up mediano di 41 mesi, ha mostrato che i punteggi relativi a fibrillazione/flutter atriale, ipertensione e sanguinamento sono risultati significativamente più bassi con acalabrutinib (P = 0,0201, P < 0,0001 e P ≤ 0,0008), confermando quanto emerso dall’analisi basata unicamente sull’incidenza (P = 0,0237, P < 0,0001 e P = 0,0020).

Per quanto riguarda le infezioni, non è stata osservata nessuna differenza fra i due bracci di trattamento né nell’incidenza degli eventi aversi né nel loro burden score.

Relativamente agli eventi sintomatici, l’incidenza e il punteggio della fatigue sono risultati simili nei bracci, mentre i risultati non sono stati omogenei per la diarrea, la cefalea e gli eventi muscoloscheletrici. Infatti, nel caso della diarrea l’incidenza è risultata più bassa con acalabrutinib, ma il burden score più alto, mentre nel caso della cefalea l’incidenza e lo score sono risultati entrambi più alti con acalabrutinib; infine, l’incidenza degli eventi muscoloscheletrici è risultata simile nei due bracci ma il burden score è risultato più basso con acalabrutinib.

Vantaggio di acalabrutinib confermato
Questa nuova analisi post-hoc, scrivono gli autori nelle loro conclusioni, ha permesso di definire meglio l’impatto degli eventi avversi e fornito una misura quantitativa della superiorità di acalabrutinib rispetto a ibrutinib, oltre ad aver definito meglio le differenze di sicurezza dei due inibitori di BTK.

Il punteggio calcolato per il burden degli eventi avversi è risultato più basso con acalabrutinib rispetto a ibrutinib, sia complessivamente, sia per eventi avversi quali fibrillazione atriale/flutter, ipertensione, emorragia ed eventi muscoloscheletrici. Tuttavia lo score è risultato più alto con acalabrutinib per eventi avversi quali diarrea e cefalea.

Infine, nell’analisi complessiva, il punteggio del burden degli eventi avversi è risultato inferiore con acalabrutinib indipendentemente dall’età, dal numero di linee di terapia precedenti e dal fatto che i pazienti assumessero una politerapia (cioè più di tre farmaci concomitanti) al basale oppure no.

Bibliografia
J.F. Seymour, et al. Assessing the Burden of Adverse Events in a Head-to-Head Trial of Acalabrutinib Versus Ibrutinib in Previously Treated Chronic Lymphocytic Leukemia (CLL). ASH 2022; abstract 3133. Link

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