Bpco: purificatori d’aria in casa sono in grado di determinare un aumento del 25% della variabilità della frequenza cardiaca e di migliorare la salute respiratoria
L’aggiunta di purificatori d’aria nelle abitazioni è stata in grado di determinare un aumento del 25% della variabilità della frequenza cardiaca e di migliorare la salute respiratoria tra i soggetti con diagnosi di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), suggerendo che i sistemi di purificazione dell’aria interna possono contribuire a ridurre l’impatto delle malattie cardiovascolari e della BPCO, che sono le principali cause di morte nel mondo.
Queste le conclusioni di una sottoanalisi dei dati dello studio CLEAN AIR, il primo studio Usa ad aver individuato l’esistenza di un’associazione tra l’inquinamento dell’aria indoor domestica e la Bpco, pubblicata sull‘American Journal of Respiratory and Critical Care Medicine.
Obiettivi dello studio
L’inquinamento ambientale indoor rappresenta un fattore di rischio modificabile di morbilità respiratoria in presenza di Bpco.
“… L’inquinamento dell’aria domestica, (è in casa che le persone trascorrono la maggior parte del loro tempo) contribuisce a compromettere la salute respiratoria – argomentano i ricercatori nell’introduzione allo studio -. Abbiamo ipotizzato che questa tipologia di inquinamento dell’aria fosse un fattore determinante per le malattie cardiovascolari e gli eventi cardiaci nelle persone con BPCO”.
Di qui la nuova analisi dello studio CLEAN AIR, che si è proposta di determinare l’associazione tra il particolato indoor (PM) e la variabilità della frequenza cardiaca (FC), una misura della funzione autonomica cardiaca legata alla morbilità e alla mortalità cardiovascolare, nonché l’impatto dei depuratori d’aria domestici sulla FC.
Disegno dello studio
Sono stati presi in considerazione, a tal scopo, i dati relativi a 85 pazienti con un’età media di 65 anni, residenti principalmente nell’area di Baltimora, in un follow-up della durata pari a 6 mesi.
Gli outcome primari dello studio erano rappresentati dalla variabilità della frequenza cardiaca, misurata attraverso la deviazione standard degli intervalli normali-normali (SDNN) e la media quadratica delle differenze successive (RMSSD) tra gli intervalli normali-normali (due misure legate a morbilità CV).
Tutti i partecipanti erano ex fumatori con BPCO da moderata a grave.
Utilizzando campioni d’aria prelevati nelle case dei pazienti, i ricercatori hanno identificato livelli elevati di particolato (PM2,5) (sono considerati accettabili livelli di PM2,5 pari o inferiori a 12 mcg/ft3). Nello specifico, i ricercatori hanno riscontrato una media di 13,8 mcg/ft3 di PM2,5 nell’aria indoor domestica dei partecipanti allo studio.
I ricercatori hanno dotato 46 partecipanti allo studio di 2 depuratori d’aria portatili con filtri HEPA e a carbone da usare a casa, mentre gli altri sono stati dotati di depuratori con filtri d’aria placebo. Inoltre, hanno effettuato 317 valutazioni di variabilità della frequenza cardiaca di questi pazienti, indicative dello stato di salute dei polmoni e del cuore.
Ai partecipanti allo studio sono stati consegnati anche dei cardiofrequenzimetri da indossare 24 ore su 24 durante ogni periodo di test clinico.
Risultati principali
Dai dati è emerso che un incremento pari a 2 volte dei livelli di PM2,5 domestico era associato ad una diminuzione della SDNN (ß, -2,98%; IC95%: da -5,12 a -0,78) e della RMSSD (ß, -4,57%; IC95%: da -10,1 a -1,60).
Gli effetti maggiori sono stati osservati per particelle di particolato ultrafini (< 100 nm) (RMSSD: ß, -16,4%; IC95%: da -22,3 a -10,1) e tra i pazienti classificati come obesi.
Tutti i 46 partecipanti allo studio dotati di depuratori d’aria funzionanti hanno registrato miglioramenti nella variabilità della frequenza cardiaca (25,2%; IC95%: 2,99%-52,1%) rispetto al gruppo placebo, che non ha registrato alcun miglioramento. Tuttavia, i partecipanti non hanno registrato miglioramenti della SDNN (ß, 2,65%; IC95%: -10,8-18,1) rispetto al gruppo placebo.
Inoltre, 20 partecipanti che avevano utilizzato i depuratori d’aria per il 100% del tempo trascorso a casa hanno registrato un aumento del 105,7% della variabilità della frequenza cardiaca, associata a un miglioramento della forma fisica del cuore.
E’ stato valutato, poi, l’effetto delle particelle ultrafini presenti nell’aria indoor domestica; queste particelle sono così piccole che sono in grado di raggiungere la parte più profonda dei polmoni e persino il flusso sanguigno e possono avere un effetto deleterio sulla salute dei polmoni e del cuore.
Da questa analisi è emersa l’esistenza di una correlazione tra le particelle ultrafini e i marcatori di un cattivo stato di salute (es: minore variabilità della frequenza cardiaca) tra i 29 partecipanti allo studio che sperimentavano questa condizione peggiorativa dell’aria indoor.
Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come il loro studio, pur condotto su un piccolo campione di popolazione, fornisca prova sufficienti dell’esistenza di un’associazione tra l’inquinamento dell’aria interna e la Bpco, in cui l’intervento di purificazione dell’aria potrebbe contribuire a ridurre i rischi cardiovascolari associati alla malattia respiratoria – come aritmie, insufficienza cardiaca, ictus e infarto.
A questo punto, concludono, sono necessari studi ulteriori meglio dimensionati, per confermare la bontà dei risultati ottenuti su popolazioni differenti, residenti in aree geografiche diverse del globo.
Bibliografia
Raju S et al. Indoor Air Pollution and Impaired Cardiac Autonomic Function in Chronic Obstructive Pulmonary Disease. Am J Respir Crit Care Med. 2022 Oct 26. doi: 10.1164/rccm.202203-0523OC. Epub ahead of print. PMID: 36288428.
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