Per Papa Francesco 10 anni di pontificato: “Non è un lavoro facile, nessuno ha studiato per questo. Il futuro? Vorrei la pace e meno indifferenza”
“Fare il Papa non è un lavoro facile. Nessuno ha studiato prima per fare questo lavoro. Ma questo il Signore lo sa: è successo anche con san Pietro. Pescava tranquillamente e un giorno Gesù lo ha scelto perché diventasse pescatore di uomini”. Queste le parole che Papa Francesco rilascia in un’intervista al ‘Fatto Quotidiano‘ in occasione dei dieci anni di pontificato.
“Ma anche Pietro è caduto -ricorda il Papa come riferisce la Dire (www.dire.it) -. Lo ha rinnegato proprio lui che aveva vissuto giorno e notte con il Signore, che aveva mangiato con lui, che lo aveva ascoltato predicare e che lo aveva visto compiere miracoli: ‘Non conosco quell’uomo!’. Come è stato possibile? Ma Gesù, dopo la risurrezione, lo ha scelto di nuovo. Ecco la misericordia di Dio con noi. Anche con il Papa. ‘Servus inutilis sum. Sono un servo inutile‘, come scriveva san Paolo VI nel suo Pensiero alla morte. Un testo molto bello che invito soprattutto i sacerdoti a leggere e meditare”.
LAVORIAMO PER LA PACE CONTRO L’INDIFFERENZA
Cosa si augura per il futuro? “La pace. La pace nella martoriata Ucraina e in tutti gli altri Paesi che soffrono l’orrore della guerra che è sempre una sconfitta per tutti, per tutti. La guerra è assurda e crudele. È un’azienda che non conosce crisi nemmeno durante la pandemia: la fabbrica delle armi. Lavorare per la pace significa non investire in queste fabbriche di morte. Mi fa soffrire- prosegue Papa Francesco- pensare che se non si facessero armi per un anno, finirebbe la fame nel mondo perché quella delle armi è l’industria più grande del pianeta. L’8 dicembre scorso, in piazza di Spagna, ho pianto pensando al dramma che sta vivendo il popolo ucraino. È trascorso già più di un anno dall’inizio della guerra in Ucraina. A febbraio sono stato in Africa, nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan, e ho visto gli orrori dei conflitti in quei due Paesi con le mutilazioni delle persone. Una cosa che mi fa soffrire molto è la globalizzazione dell’indifferenza, girare la faccia dall’altra parte e dire: ‘A me che importa? Non mi interessa! Non è un mio problema!’”.
E aggiunge: “Quando hanno chiesto alla senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, quale parola scrivere al binario 21 della Stazione di Milano dove partivano i treni per i campi di concentramento nazisti, non ha avuto dubbi e ha detto: ‘Indifferenza’. Nessuno aveva pensato a quella parola. Fa riflettere perché quel massacro di milioni di persone è avvenuto nell’indifferenza vigliacca di tanti che hanno preferito girare la faccia dall’altra parte e dire: ‘A me che importa?’. Recentemente, ho letto che la senatrice ha ricordato che ad Auschwitz non si va in gita, ma si va come a un santuario per non dimenticare la Shoah. Mi ha colpito molto perché è proprio quello che ho sentito nel mio cuore quando sono andato ad Auschwitz, nel 2016, e non ho voluto pronunciare un discorso come avevano fatto i miei due predecessori. Ho voluto pregare da solo in silenzio”.
CORRUZIONE FA IMPUTRIDIRE ANIMA, NON C’È POSTO PER MAFIOSI NELLA CHIESA
Cosa l’ha fatta soffrire di più? “La corruzione. Non parlo solo della corruzione economica, dentro e fuori il Vaticano, parlo della corruzione del cuore. La corruzione è uno scandalo. A Napoli, nel 2015, dissi che spuzza. Sì, spuzza. La corruzione fa imputridire l’anima. Bisogna distinguere il peccato dalla corruzione. Tutti siamo peccatori, tutti! Anche il Papa e si confessa ogni quindici giorni. Ma non dobbiamo scivolare dal peccato alla corruzione. Mai! Nella Chiesa, come nella politica e nella società in generale, dobbiamo sempre mettere in guardia dal grave pericolo della corruzione. È molo difficile che un corrotto possa tornare indietro: una tangente oggi e una domani”.
Per questo, conclude Papa Francesco, “i mafiosi sono scomunicati: hanno le mani sporche di soldi insanguinati. Fanno affari con le armi e la droga. Uccidono i giovani e la società. Uccidono il futuro. Bisogna essere chiari: nella Chiesa non c’è posto per i mafiosi! I beati Pino Puglisi e Rosario Livatino non sono scesi a patti con la mafia e perciò hanno pagato con le loro vite”.