A causa della siccità e dei cambiamenti climatici l’Italia ha perso il 37% della produzione di olio d’oliva con un impatto pesante sulla disponibilità di prodotto
A causa della siccità e dei cambiamenti climatici l’Italia ha perso il 37% della produzione di olio d’oliva con un impatto pesante sulla disponibilità di prodotto e sui bilanci delle aziende, colpite dagli aumenti record dei costi di produzione legati alla guerra in Ucraina.
E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati Ismea diffusa al Villaggio contadino di Cosenza in occasione del rientro sulla terra dopo mesi di permanenza in orbita dei campioni di olio extravergine di oliva italiano su iniziativa di Agenzia Spaziale Italiana e Crea, in collaborazione con Coldiretti e Unaprol.
Complessivamente la campagna 2022-2023 vede – sottolinea Coldiretti – una produzione di 208 milioni di chili di olio d’oliva contro i 329 milioni di chili dell’annata precedente. A pesare sono stati soprattutto gli effetti dei cambiamenti climatici, con la mancanza di pioggia e il freddo primaverile che hanno danneggiato la fioritura e l’allegagione (la trasformazione del fiore in frutto) con fenomeni di cascola. Una situazione proseguita – spiega Coldiretti – anche nei mesi successivi dove la carenza idrica e le alte temperature estive hanno stressato le piante mentre in molti territori non si riusciva neppure a ricorrere alle irrigazioni di soccorso a causa della mancanza di invasi e dell’esaurimento dei pozzi. Senza dimenticare il fenomeno della xylella che purtroppo continua ad avanzare e che ha già ucciso più di 21 milioni di piante di ulivo.
Alle difficoltà dell’Uliveto Italia si sono sommate peraltro quelle degli altri Paesi produttori a partire dalla Spagna dove le prime stime parlano di un calo dal 30 al 50% rispetto a 1,4 miliardi di chili dello scorso anno, per continuare con la Tunisia dove si prevede una flessione intorno al -25%, secondo Ismea. Solo la Grecia – continua Coldiretti – potrebbe superare i livelli produttivi dello scorso anno portandosi sopra i 300 milioni di chili.
Un trend che potrebbe pesare anche sui consumi. Nel 2022 la spesa degli italiani per l’olio extravergine d’oliva è comunque aumentata del 7,5% nei dodici mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2021, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea Ac Nielsen. Non a caso l’Italia – precisa Coldiretti – è fra i primi tre maggiori consumatori di olio extravergine di oliva al mondo con circa 480 milioni di chili, subito dopo la Spagna e prima degli Stati Uniti e rappresenta il 15% dei consumi mondiali secondo elaborazioni Coldiretti sugli ultimi dati IOC (International oil council).
Gli italiani usano in media 8 chili a testa di olio extravergine di oliva e ogni famiglia spende in media 117 euro all’anno per acquistare olio d’oliva che è anche l’alimento più popolare sulle tavole nazionali, addirittura più di pane e pasta, utilizzato da oltre il 97% degli italiani nell’ultimo anno, secondo un’analisi di Coldiretti sui dati Istat sugli stili alimentari con una crescente attenzione verso il prodotto di qualità che ha favorito la nascita di corsi e iniziative come la Fondazione Evo School di Coldiretti che forma gli esperti dell’olio del ventunesimo secolo. Per quel che riguarda i consumi interni – evidenzia Coldiretti – resta forte la propensione all’acquisto all’interno delle grandi catene commerciali ma cresce la tendenza all’acquisto diretto dalle aziende agricole e dai frantoi.
Con l’82% degli italiani che cerca prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio, il consiglio della Coldiretti è quello di diffidare dei prezzi troppo bassi, guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop e Igp, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica dove è possibile assaggiare l’olio EVO prima di comprarlo e riconoscerne le caratteristiche positive.
“Occorre intervenire per salvare un patrimonio unico del Paese con 250 milioni di piante che tutelano l’ambiente e la biodiversità ma anche un sistema economico che vale oltre 3 miliardi di euro grazie al lavoro di un sistema di 400mila imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione che producono un alimento importante per la salute che non deve mancare dalle tavole degli italiani” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare “l’obiettivo di rilanciare una produzione nazionale dell’olio d’oliva messa a rischio anche dal Nutriscore sistema di etichettatura fuorviante, discriminatorio ed incompleto che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali come l’olio d’oliva che è uno dei pilastri della Dieta Mediterranea conosciuta in tutto il mondo grazie agli effetti positivi sulla longevità e ai benefici per la salute”.