Malattia di Kennedy, nuovo studio coordinato dalla Prof.ssa Maria Pennuto (VIMM e Università di Padova) approfondisce i meccanismi alla base della patologia
Recenti ricerche hanno rivelato che una persona ogni sei è affetta da una delle numerose malattie neurodegenerative esistenti, disturbi del sistema nervoso che generalmente si manifestano nell’adulto, con un decorso progressivo più o meno lento ma inesorabile, e che sono accomunati da processi patologici che conducono alla morte dei neuroni. In alcuni casi queste condizioni sono causate da mutazioni a carico di specifici geni, ed è proprio studiando tali forme genetiche che possiamo investigare i meccanismi che provocano danni ai neuroni.
Nasce da qui lo studio coordinato dalla Prof.ssa Maria Pennuto, Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM) e Università di Padova, e condotto dalle ricercatrici Diana Piol e Laura Tosatto, che si è concentrato sulla malattia di Kennedy, anche nota come atrofia muscolare spinale e bulbare (SBMA), causata dall’alterazione del gene che codifica per una proteina denominata recettore degli androgeni.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Science Advances, si è focalizzata proprio sulla mutazione del recettore degli androgeni, che causa la perdita di quei neuroni che ci permettono di effettuare tutti i movimenti volontari, dall’uso dei muscoli facciali alla deglutizione e al movimento di gambe e braccia. Infatti, i pazienti con malattia di Kennedy sono costretti, con il passare del tempo, a utilizzare supporti per camminare fino a dover ricorrere alla sedia a rotelle, a causa dell’affaticamento e dell’incapacità di muoversi.
Studiando come il recettore degli androgeni funziona in condizioni normali e nella malattia, il gruppo di ricerca diretto dalla Prof.ssa Maria Pennuto ha dimostrato che la proteina mutata viene modificata da fattori cellulari, che aggiungono dei gruppi chimici o li tolgono. Tali modifiche avvengono sul recettore mutato in maniera più forte rispetto al recettore normale. Il team di ricercatori ha identificato i fattori responsabili di queste modifiche chimiche e quelli che le rimuovono. Se farmacologicamente o geneticamente si riduce l’attività dei suddetti fattori si assiste ad un miglioramento della funzionalità del recettore, dimostrando quindi la rilevanza di queste scoperte nel contesto della malattia di Kennedy.
La ricerca condotta dal gruppo di Padova è stata effettuata in collaborazione con altri laboratori situati in Italia e all’estero: lo scopo è l’identificazione di nuovi target molecolari per futuri trattamenti per la malattia di Kennedy e l’ampliamento delle conoscenze nell’ambito delle patologie neurodegenerative.
“Questo studio ci ha permesso di chiarire che il recettore mutato va incontro alle stesse modifiche del recettore normale. Ciò che davvero cambia è l’entità di tali modifiche, che sono più forti nel caso del recettore mutato”, ha sottolineato la Prof.ssa Pennuto. “Questo si traduce in un funzionamento non ottimale del recettore, che quindi non riesce a compiere le funzioni che normalmente esegue nei neuroni e nelle cellule muscolari. L’identificazione dei fattori responsabili di tali modifiche potrà aiutare al raggiungimento di una migliore comprensione dei processi patologici che avvengono nel paziente e, in futuro, porterà all’individuazione di nuovi bersagli terapeutici”.
Il progetto di ricerca di Maria Pennuto sulla malattia di Kennedy è iniziato nel 2013, quando la professoressa ha ricevuto un finanziamento di oltre 500.000 euro, da parte della Provincia Autonoma di Trento nell’ambito del programma per le carriere dell’Istituto Telethon-Dulbecco (DTI), che le ha permesso di creare un gruppo di ricerca indipendente per lo studio di questa patologia.