Kyowa Kirin International presenta un filmato che raccoglie le testimonianze di pazienti affetti da linfoma cutaneo a cellule T
Kyowa Kirin International vuole accendere i riflettori su un gruppo di tumori rari caratterizzati da un accumulo anomalo di linfociti T in corrispondenza della pelle, raccolti tutti sotto il termine di linfoma cutaneo a cellule T (CTCL). Il CTCL appartiene alla più ampia categoria dei linfomi non Hodgkin (NHL), ovvero dei tumori maligni che colpiscono i linfonodi e il sistema linfatico. La variante più comune di linfoma cutaneo a cellule T è la micosi fungoide (una forma di CTCL indolente) mentre la più rara prende il nome di sindrome di Sézary (una forma di CTCL aggressivo).
Il trattamento del linfoma cutaneo a cellule T è molto personalizzato, viene regolato in rapporto alla tolleranza ed alla risposta del paziente. Sono diversi e numerosi i fattori che influenzano la scelta della terapia più idonea (la tipologia ed estensione di lesioni cutanee, il coinvolgimento dei linfonodi, la forma di CTCL, ecc.) ma il più determinante è rappresentato dallo stadio clinico della malattia. In base a tali parametri, viene stabilito il ricorso a una terapia cutanea oppure sistemica, quest’ultima basata su farmaci e trattamenti specifici. Per i pazienti con malattia ad alto rischio, inoltre, può rendersi necessario il ricorso al trapianto allogenico di cellule staminali del sangue.
“I linfomi cutanei di tipo T di cui parliamo sono malattie generalmente rare e soprattutto estremamente eterogenee. La prima figura con cui di solito si interfaccia il paziente è il dermatologo, a causa delle prime manifestazioni cutanee, ed è fondamentale la collaborazione con un centro di ematopatologia esperto per giungere ad una diagnosi. Successivamente, per definire quale percorso terapeutico intraprendere, il linfoma va studiato per comprenderne la stadiazione, se interessa solo la cute o se ci sia già un interessamento ematico o del tessuto nodale. Una diagnosi precoce e un trattamento mirato sono essenziali per affrontare questo tipo di patologia”, afferma Fabrizio Pane, Professore Ordinario di Ematologia, Università Federico II di Napoli. Ad oggi nei pazienti che regrediscono l’obiettivo non è solo la remissione, ma anche ottenere una risposta stabile nel tempo.
In Italia non vi sono dati epidemiologici certi, il principale problema che si riscontra con queste patologie è che spesso le manifestazioni cliniche e istopatologiche possono essere aspecifiche, rendendo quindi complessa la diagnosi. Infatti, il tempo mediano dall’insorgenza dei sintomi alla diagnosi è di circa 3-4, anni arrivando in certi casi anche a superare i 40 anni.
La malattia allo stadio iniziale presenta chiazze o placche su una superficie cutanea limitata, in numerosi pazienti di solito non c’è una progressione ma in un terzo dei casi la malattia assume un decorso progressivo producendo lesioni cutanee che iniziano a espandersi ed a evolversi. Proprio per questo motivo, è frequente che sia proprio il dermatologo la prima figura a riscontrare l’insorgere di questa rara patologia. È fondamentale, infatti, un lavoro multidisciplinare tra dermatologo ed ematologo nella diagnosi e cura dei pazienti.
“Le manifestazioni cutanee possono essere il primo segnale e talvolta anche l’unico per moltissimi anni che qualcosa non va, al principio possono sembrare forme acute di psoriasi o dermatite atopica ed essere confuse. Solo un’attenta ed approfondita valutazione dermatologica dovuta alla conoscenza e all’esperienza nel settore può consentire di vedere i sintomi per un sospetto linfoma. È fondamentale, quindi, che i dermatologi oggi siano in grado di capire certe sintomatologie, individuare questi pazienti e soprattutto gestirli in maniera multidisciplinare quando necessario con l’ematologo. Noi lavoriamo sempre con gli ematologi, l’interazione e la discussione sono fondamentali per svolgere dei follow up integrati quando sospettiamo una diagnosi di CTCL”, afferma Gabriella Fabbrocini, Direttore clinica dermatologica Università di Napoli Federico II.
Ma cosa vuol dire convivere e superare una diagnosi di CTCL? Sono proprio le testimonianze di pazienti guariti o in remissione dal CTCL che ci aiutano a comprendere le difficoltà fisiche ed emotive che affrontano. Kyowa Kirin in Spagna ha scelto di mettere in luce i pazienti ed il loro vissuto, realizzando un cortometraggio che racconta di tre storie diverse, ma che hanno tanto in comune: dalla lotta per la vita ad un messaggio d’amore per i caregiver, dalla propria famiglia ai medici. Il video è disponibile anche sottotitolato in italiano ed è visibile cliccando QUI o sull’immagine del presente articolo.
Come si evince dal filmato, per i pazienti è fondamentale la consapevolezza di non essere soli, di avere qualcuno al proprio fianco. In Italia, l’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma (AIL) rappresenta un porto sicuro per queste persone. “L’Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma, con le sue 83 sezioni provinciali distribuite su tutto il territorio nazionale, lavora per supportare i pazienti ematologici e le loro famiglie accompagnandoli in tutte le fasi del percorso di cura, dalla diagnosi alla terapia. Supporta la Ricerca Scientifica e favorisce il progresso della conoscenza fornendo informazioni sia su patologie ematologiche più frequenti che su quelle molto rare, come la CTCL, organizza seminari e momenti di confronto tra pazienti e medici, e attiva numerosi servizi che possano aiutarli nell’affrontare quotidianamente la malattia. AIL, da oltre 50 anni, si propone di migliorare la qualità di vita dei malati e di sensibilizzare l’opinione pubblica alla lotta contro i tumori del sangue”, afferma Pino Toro, Presidente Nazionale AIL. Sul sito di AIL è possibile scoprire le numerose iniziative ed i servizi attivi a supporto dei pazienti ematologici e dei loro caregiver.
Come le associazioni, anche Kyowa Kirin si impegna per essere al fianco dei pazienti. “Il mondo delle malattie rare è molto complesso, e noi ci impegniamo ad ascoltare e sostenere i pazienti ed i loro caregiver lavorando in sinergia con le associazioni pazienti, i medici, le società scientifiche e tutte le istituzioni che giocano un ruolo in questo campo. È fondamentale creare una vera e propria rete di supporto che sostenga i pazienti e li aiuti ad avere una voce, permettendo anche alla società di comprendere al meglio le loro esigenze”, afferma Angela González, Patient Partnership Director of Kyowa Kirin.