Artigianale e amico dell’ambiente: ecco il pane del futuro


AIBI spiega le nuove tendenze di consumo del pane, sempre più legate alla sostenibilità. Benessere, ritorno al naturale e formati che evitano gli sprechi tra le tendenze

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Fresco e artigianale, buono per la salute e per l’ambientesono sempre più all’insegna della sostenibilità le nuove tendenze di consumo del pane. Il dato emerge dall’ultima ricerca Cerved promossa da AIBI, l’Associazione Italiana Bakery Ingredients, e presentata a Sigep, il Salone Internazionale della panificazione, pasticceria, gelateria artigianali e caffè.

Secondo l’indagine, in Italia il pane fresco artigianale è ancora il più consumato e copre l’84,9% del mercato, per una produzione che, in media, è di poco al di sotto di un 1 milione e mezzo di tonnellate. L’arte bianca appare strettamente legata al territorio e alla tradizione, una sorta di “presidio di prossimità” al quale non si rinuncia. Il Covid ha inoltre rafforzato l’idea dell’alimentazione sana: il dato trova conferma anche nelle aziende dell’universo bakery, che già da anni lavorano in questa direzione. “Il pane si acquista quasi tutti i giorni  – ha ribadito Valentina Bianchi, marketing manager della Puratos – e si riallaccia sempre più ad un’dea di benessere. Non a caso, si prediligono prodotti con profili nutrizionali completi“. Emerge fortissima l’attenzione agli sprechi. “Piacciono i formati piccoli, ma anche la pagnotta, che può durare più giorni. Ma soprattutto, si nota un crescente ritorno al ‘naturale’, che coniuga salute e sostenibilità”. Farine poco raffinate, pani con semi, frutta secca e grani antichi, prodotti con meno sale sono in cima alle preferenze dei consumatori proprio in virtù di questa tendenza.

In tal senso, ha sottolineato Bianchi, il mercato e persino i social network forniscono altre informazioni essenziali. “Si guarda sempre più non soltanto agli ingredienti, ma ai processi che danno vita ai prodotti da forno – ha sottolineato – a cominciare dal metodo agricolo, che deve rispettare l’ambiente. Ecco perché avanza il ‘plant based’ e si punta soprattutto sulle materie prime da filiera corta, da parte di panificatori e consumatori”. Al tempo stesso, il pane deve essere gustoso ma anche bello e consistente: nell’era di Instagram si mangia innanzitutto con gli occhi.

Fin qui i consumi, che appaiono sempre più consapevoli ed attenti alle condizioni di lavoro e di produzione. Ma anche sul fronte delle imprese, la sostenibilità è molto più concreta di quanto si immagini. A spiegarlo durante il convegno riminese è stato Stefano de Dionigi, vicepresidente di AIBI e direttore di qualità di Irca. “Se è vero che sostenibilità non è soltanto ambientale ma sociale ed economica, le aziende che, come le nostre, producono ingredienti per il pane e la pasticceria hanno iniziato il percorso verso la sostenibilità in modo convinto. A cominciare dalle parole. “Sostenibilità – ha osservato De Dionigi – è un termine vago. Più giusto sarebbe parlare di durabilità ovvero conservare nel tempo l’impresa, la comunità, il territorio, il pianeta”.

Insomma, il Km 0 è lontano, ma l’impegno per aiutare territorio e ambiente non è più solo a parole. “Le aziende sanno di essere responsabili dello spazio in cui vivono – ha affermato il vicepresidente di AIBI – Ecco perché lavorano molto sulla selezione di materie prime a basso impatto ambientale, possibilmente locali”. Le certificazioni di carattere ecologico, ad esempio sulla non deforestazione, sono un altro strumento che in Italia sta acquisendo ampi spazi, come dimostra il mondo del cioccolato. “Sta cambiando la mentalità – ha avvertito De Dionigi – oggi i prodotti si pensano e progettano perché siano sostenibili. Quello che potrebbe incidere davvero sono i contratti di filiera, che garantiscono remunerazione a tutti gli operatori coinvolti”.

Ma anche sul fronte dei consumi ci sono nuove opportunità in funzione anti-spreco, come i prodotti su prenotazione o la possibilità di prendere a metà prezzo i prodotti freschi a partire dalle ore 18. “La gestione delle eccedenze è forse l’aspetto più complesso da gestire – ha affermato De Dionigi – ma è così che si ottiene davvero il ‘no waste’. Basti pensare che i last minute market, come Banco Alimentare, contano su 1.500.000 utilizzatori l’anno. Non buttare ma riutilizzare e ridistribuire significa creare altro valore e altro lavoro”.

Imprese e panificatori, in questo quadro, devono fare rete. Sostenibilità, infatti, è rimboccarsi le maniche e lavorare insieme, dal sociale alla gestione del surplus. AIBI ha ricordato in tal senso come il riciclo di vetro e plastica nel Nord Europa si faccia in negozio. Ma anche iniziative come il pane sospeso coinvolgono direttamente gli artigiani, per non parlare del packaging ecologico, strumento sostenibile per eccellenza.

E gli artigiani? “La nostra panificazione, giornaliera e locale, è già a chilometro zero – ha sostenuto Giancarlo Ceccolini, presidente della Fippa – Sono felice di sentire che oggi i consumi premiano prodotti più ecologici e salutari, come i grani antichi e le farine integrali.  Su questo i margini di collaborazione sono ampi, il cantiere è già aperto”. E’ alle istituzioni, invece, che l’arte bianca domanda maggiore disponibilità: “Occorre puntare sulla sostituzione delle attrezzature attualmente utilizzate con soluzioni più efficienti dal punto di vista energetico. Da soli, però, non possiamo farcela, è prioritario un aiuto anche da parte delle istituzioni”.

La conclusione è di Alberto Molinari, presidente di AIBI:  “Responsabilità è la nostra parola d’ordine sulle materie prime, sul territorio, nelle relazioni con il resto della filiera e sugli ingredienti che proponiamo sul mercato della panificazione. Ma non ci accontentiamo che tutto questo resti confinato nei nostri stabilimenti. Ecco perché agli artigiani, in un luogo emblematico come Sigep, tendiamo una mano, per un futuro del pane davvero sostenibile”.