Tumore al seno HER2+: con la formulazione sottocute di trastuzumab e pertuzumab risparmio consistente di tempo e risorse per il sistema e le pazienti
Trattare le pazienti con un tumore della mammella HER2+ con la formulazione sottocute della combinazione dei due anticorpi monoclonali anti-HER2 trastuzumab e pertuzumab, anziché con la formulazione endovenosa, può generare risparmi consistenti di tempo e risorse, sia per il sistema ospedaliero sia per le pazienti e i loro caregiver. Lo dimostrano, cifre alla mano, i risultati del progetto di ricerca Phaster, uno studio di prossima pubblicazione che ha coinvolto tre centri italiani di eccellenza: l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, il Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma e l’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli.
In particolare, considerando una media di 53 donne trattate in un anno con il doppio blocco anti-HER2 con trastuzumab-pertuzumab, si è visto che passando in toto dalla formulazione sottocute a quella endovenosa l‘ospedale potrebbe ridurre del 45% il tempo dedicato a ogni paziente, con un risparmio complessivo compreso fra circa 300 e oltre 1000 ore in un anno, a seconda del setting di trattamento (adiuvante o metastatico).
Ciò significa anche una minore occupazione delle poltrone da infusione, che potrebbero essere così destinate alla somministrazione di altre terapie oncologiche: oltre 600 terapie oncologiche erogabili all’anno in più.
In termini economici, ipotizzando uno spostamento di tutte le pazienti dalla formulazione endovenosa a quella sottocute, il risparmio per il centro ammonterebbe a quasi 100.000 euro annui.
L’ottimizzazione dei tempi associata alla somministrazione sottocute si tradurrebbe in un beneficio economico anche per le pazienti e i caregiver che eventualmente le accompagnano a fare la terapia, riducendone così i costi sociali.
Il ruolo di trastuzumab-pertuzumab e la formulazione sottocute
L’associazione di trastuzumab e pertuzumab riveste oggi un ruolo fondamentale nella terapia del tumore della mammella HER2+ (circa il 20% dei casi diagnosticati), sia nelle fasi iniziali della malattia, in associazione con la chemioterapia e nelle donne considerate ad alto rischio di recidiva dopo l’intervento chirurgico (setting adiuvante), sia in fase metastatica, come prima linea di trattamento, in combinazione con docetaxel.
Dal settembre scorso, è disponibile anche in Italia, a carico del Servizio sanitario nazionale, una nuova formulazione precostituita a dose fissa di trastuzumab e pertuzumab, che unisce in un solo farmaco i due principi attivi e si somministra per via sottocutanea.
Vantaggi per l’ospedale e per le pazienti con la somministrazione sottocute
Poiché la presa in carico di queste pazienti avviene generalmente in regime di Day Hospital (DH), il passaggio dalla tradizionale formulazione endovenosa a quella sottocute di trastuzumab-pertuzumab potrebbe consentire all’ospedale di snellire e migliorare i processi organizzativi, e alla paziente (e all’eventuale caregiver) di dedicare meno tempo alla gestione della patologia; il tutto a parità di efficacia.
Infatti, per l’ospedale, l’utilizzo della formulazione sottocute rispetto a quella endovena ha un impatto minore sulle attività di presa in carico della paziente in DH: tempi inferiori sia di preparazione del farmaco (circa 2 minuti per la formulazione sottocute contro 5 per quella endovena) sia di somministrazione della terapia (circa 5 minuti contro 90).
Ma non solo. La formulazione sottocute precostituita consente anche di evitare il rischio clinico legato agli errori durante la preparazione, e, al contempo, l’azzeramento degli scarti di farmaco. Infatti, mentre la formulazione sottocute ha un dosaggio standard e richiede esclusivamente l’estrazione del farmaco dal flacone con una siringa, il dosaggio dei singoli farmaci per la somministrazione endovena è dipendente dal peso delle pazienti e può generare scarti di farmaco in fase di preparazione, oltre che errori di dosaggio legati all’errore umano.
Per la paziente e per chi, eventualmente, l’accompagna, il minor tempo di infusione potrebbe tradursi in un minor tempo di permanenza nel DH, con una conseguente riduzione del costo sociale della malattia.
Il progetto di ricerca Phaster
Per quantificare i benefici del passaggio dalla formulazione endovenosa a quella sottocute dell’associazione di trastuzumab e pertuzumab, a giugno 2022 è stato avviato il progetto Phaster, con il supporto di Roche, con la collaborazione dei tre centri di eccellenza sopra citati, che hanno potuto erogare la terapia in formulazione sottocute, concessa ad uso gratuito dall’azienda.
In particolare, obiettivo del progetto è analizzare gli impatti economico-organizzativi delle due alternative di somministrazione di trastuzumab-pertuzumab, considerando i tempi e costi, secondo la prospettiva sia dell’ente sia del paziente/caregiver.
La raccolta dei dati è stata effettuata con tre diverse modalità: interviste semi-strutturate al personale sanitario (oncologi, farmacisti e infermieri, che hanno fornito informazioni circa le caratteristiche organizzative del DH, il percorso delle pazienti nei giorni di somministrazione della terapia, i costi e le risorse assorbite durante il percorso); somministrazione di questionari alle pazienti (con cui si sono raccolti dati relativi ai tempi di attesa e di permanenza in DH e informazioni di carattere socio-demografico); rilevazioni in “Time Motion” in ciascun centro, con un cronometraggio delle attività svolte dalle pazienti direttamente in presenza.
Valutate le dimensioni organizzativa, economica e sociale
Il confronto tra il percorso delle pazienti trattate con la formulazione sottocute e quelle trattate con la formulazione endovena è stato effettuato considerando tre dimensioni:
- organizzativa (valutando il diverso impatto delle due formulazioni sui tempi delle singole attività del percorso della paziente in DH e sul tempo totale);
- economica (misurando i risparmi generati considerando i costi del personale, quelli legati alle fasi di preparazione e somministrazione del farmaco, i costi dell’impianto di cateteri necessari per la somministrazione endovena e i costi indiretti di struttura);
- sociale (quantificando il potenziale risparmio di tempo e risorse per paziente e caregiver in caso di riduzione del tempo trascorso in DH).
Caratteristiche del ‘Centro Medio’
Inoltre, per avere una visione d’insieme dei dati sulle tre dimensioni citate, i risultati dei tre centri partecipanti al progetto sono stati aggregati in un ‘Centro Medio’, con le seguenti caratteristiche:
- un volume di 53 pazienti/anno potenzialmente trattabili con la combinazione trastuzumab-pertuzumab, di cui il 27% nel setting adiuvante e il 73% nel setting metastatico;
- tempi medi di permanenza in DH pari a circa 5 ore e 30 minuti per le pazienti trattate con la formulazione endovena e 4 ore e 30 minuti per quelle trattate con la formulazione sottocute;
- 44% di pazienti lavoratrici;
- 65% di pazienti accompagnate durante le giornate in DH da almeno un caregiver;
- 65% dei caregiver lavoratore.
Figura 1. Tempo medio trascorso dalle pazienti in DH con la somministrazione endovena (ev) di trastuzumab-pertuzumab e con quella sottocute (sc).
Minor consumo di tempo e risorse sul piano organizzativo con l’opzione sottocute
Considerando quindi un ‘Centro Medio’ con le caratteristiche sopra descritte, sul piano organizzativo, rispetto a quella endovena, la formulazione sottocute di trastuzumab-pertuzumab ha mostrato di implicare nel complesso un minore assorbimento di tempo del personale ospedaliero per le varie attività (accettazione, esami ematologici, visita, preparazione e somministrazione del farmaco). Mediamente, il tempo dedicato ad ogni paziente è risultato di circa 1 ora e 30 minuti per la somministrazione endovena, a fronte di 55 minuti per quella sottocute. Il risparmio di circa 40 minuti (-45%) passando dalla formulazione endovena a quella sottocute è legato alla riduzione significativa, con quest’ultima, dei tempi di preparazione e somministrazione del farmaco.
Inoltre, dal punto di vista dell’occupazione delle poltrone infusionali, ipotizzando uno switch di tutte le 53 pazienti/anno del ‘Centro Medio’ trattate con trastuzumab-pertuzumab dalla terapia endovena a quella sottocute, gli autori hanno calcolato una differenza di circa 1 ora e 30 minuti fra le due opzioni nel tempo medio di occupazione della poltrona, che in un anno si quantifica in un risparmio di quasi 300 ore per le pazienti trattate nel setting adiuvante (che effettuano 14 cicli di terapia) e di oltre 1000 ore per quelle trattate nel setting metastatico (18 cicli di terapia), per un totale di circa 1300 ore ogni anno. Tempo guadagnato, durante il quale le poltrone liberate potrebbero essere utilizzate per la somministrazione di altre terapie antitumorali: oltre 600 terapie oncologiche erogabili all’anno, considerando una durata media di un trattamento oncologico generico di 124 minuti.
Figura 2. L’aumento della produttività con il passaggio dalla formulazione endovena (ev) a quella sottocute (sc) di trastuzumab-pertuzumab.
Risparmio vicino ai 100mila euro annui passando alla formulazione sottocute
Sul fronte economico, si è misurata la differenza di costi fra le due modalità di somministrazione, considerando come voci di spesa il personale, il materiale consumabile (ovvero il materiale sanitario utilizzato durante le fasi di preparazione e somministrazione del farmaco, come siringhe, guanti, sacche), gli accessi venosi (ovvero i costi legati all’utilizzo di cateteri, come il Port-a-cath o il Peripherally Inserted Central Catheter, utilizzati talvolta per la somministrazione endovena), gli scarti del farmaco e i costi di struttura.
L’insieme di questi costi, per ogni singolo accesso per la somministrazione della terapia, è risultato di circa 170 euro per la formulazione endovena, contro 35 euro per quella sottocute. Dunque, una differenza di 135 euro (-79%) per singolo accesso, che, considerando le 53 pazienti gestite dal ‘Centro Medio’ nel corso di un anno e ipotizzando uno switch alla formulazione sottocute nel 100% dei casi, comporterebbe un risparmio di 99.000 euro per ‘Centro Medio’.
Minori costi sociali con trastuzumab pertuzumab sottocute
Passare dalla somministrazione endovena a quella sottocute di trastuzumab-pertuzumab, riducendo il tempo necessario per le cure, comporterebbe un beneficio notevole non solo per il sistema sanitario, ma anche per la paziente e gli eventuali caregiver, limitando anche i costi sociali della terapia.
Usando come parametro la differenza di tempo complessivamente necessario alla pazienti, in molti casi accompagnate da un caregiver, per raggiungere l’ospedale, sommato a quello di permanenza nel percorso del DH, è risultato che con la terapia sottocute un intero ciclo genera risparmi compresi fra circa 450 euro (setting adiuvante) e 580 euro (setting metastatico) rispetto alla terapia endovena. Considerando le 53 pazienti gestite dal ‘Centro Medio’ in un singolo anno, il risparmio dei costi sociali stimati ammonterebbe a circa 13.000 euro annui per ‘Centro Medio’.
In conclusione
Nel loro insieme, dunque, i risultati del progetto Phaster indicano come il passaggio dalla formulazione endovenosa di trastuzumab-pertuzumab a quella sottocute possa apportare numerosi benefici, sia per l’ospedale sia per le pazienti e gli eventuali caregiver.
L’impiego della nuova formulazione sottocute di trastuzumab-pertuzumab potrà tradursi, per il centro di cura, in una riduzione del tempo assorbito per il personale e delle risorse del DH impiegate nella gestione della paziente, liberando ore delle poltrone infusionali, utilizzabili per altri trattamenti, e garantendo risparmi economici, migliorando così la produttività e l’efficienza del sistema. Per la paziente e caregiver, invece, poter passare alla somministrazione sottocute dei due anticorpi monoclonali anti-HER2 significherà dover dedicare meno tempo alle cure, con una conseguente riduzione dei costi sociali ad esse associati.
Ipotizzando di stimare un risparmio complessivo sul Sistema sanitario nazionale su circa il 5% delle 55.700 pazienti (dato AIRTUM 2022) con una diagnosi di tumore alla mammella, l’impatto sarebbe pari a oltre 5 milioni di euro annui (considerando 135 euro risparmiati per singola somministrazione per 14 cicli annui a paziente), a cui si somma un ulteriore risparmio in termini di costi sociali per le pazienti lavoratrici e i caregiver lavoratori che le accompagnano pari a 546.000 euro annui.