Mieloma multiplo ad alto rischio: isatuximab associato alla tripletta carfilzomib, lenalidomide e desametasone (KRd) altamente efficace nei pazienti elegibili e non al trapianto
In pazienti affetti da mieloma multiplo di nuova diagnosi ad alto rischio, sia candidabili sia non candidabili al trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche, la terapia con l’anti-CD38 isatuximab associato alla tripletta carfilzomib, lenalidomide e desametasone (KRd) durante l’induzione e il consolidamento si associa a tassi di risposta elevati, con risposte profonde e durature. Lo evidenziano i risultati dello studio di fase 2 CONCEPT, presentati in un sessione orale al 64° meeting annuale dell’American Society of Hematology (ASH), tenutosi a New Orleans, in Louisiana.
Lo studio evidenzia l’efficacia di questo regime a quattro farmaci contenente isatuximab nel setting di pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi ad alto rischio, per i quali la prognosi risulta essere ancora sfavorevole. Al meeting, tuttavia, sono state presentate anche due analisi dello studio registrativo IKEMA che ribadiscono il vantaggio di sopravvivenza libera da progressione (PFS) fornito dall’aggiunta di isatuximab alla doppietta carfilzomib-desametasone (tripletta Isa-Kd) come terapia di seconda linea, mostrando che tale vantaggio si conferma anche in diversi sottogruppi analizzati.
In particolare, la prima analisi evidenza che la tripletta Isa-Kd migliora in modo significativo la PFS rispetto alla sola doppietta Kd indipendentemente dal numero di linee di terapia già effettuate dai pazienti.
La seconda, invece, ha confrontato efficacia e sicurezza del trattamento nei pazienti ricaduti precocemente e in quelli che hanno avuto una ricaduta più tardiva, mostrando che il beneficio si osserva in entrambi i gruppi di pazienti ed è coerente con quello osservato nella popolazione complessiva.
Infine, al congresso americano sono stati presentati i risultati dello studio SKylaRk, nel quale si è valutato il trattamento con isatuximab in combinazione con la tripletta KRd in pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi eligibili al trapianto, con una somministrazione monosettimanale di KRd, ottenendo buoni risultati di efficacia, con risposte profonde.
Tassi di risposta fino al 95% e di MRD-negatività vicino al 70%
Nello studio CONCEPT, al termine della fase di consolidamento, i tassi di risposta obiettiva (ORR) sono risultati del 94,9% nei pazienti elegibili e dell’88,5% in quelli non elegibili al trapianto, con alti tassi di negatività della malattia minima residua (MRD), pari rispettivamente al 67,7% e 54,2% in una popolazione così difficile da trattare.
«Lo studio CONCEPT è il primo a valutare il trattamento con la quadrupletta isatuximab-KRd per il mieloma multiplo di nuova diagnosi ad altro rischio, in pazienti sia elegibili sia non elegibili al trapianto», ha detto Katja C. Weisel dello University Medical Center Hamburg-Eppendorf di Amburgo, durante la presentazione dei dati.
Prognosi sfavorevole nei pazienti ad alto rischio
Tra i pazienti con mieloma multiplo, quelli definiti ad alto rischio hanno una prognosi particolarmente sfavorevole. Tuttavia, dati sempre più numerosi mostrano che in questo setting di pazienti il raggiungimento della negatività dell’MRD è associato a esiti migliori.
Sebbene la tripletta composta da carfilzomib, lenalidomide e desametasone (KRd) sia uno dei regimi più efficaci e tollerati nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi, studi recenti hanno mostrato che l’aggiunta di anticorpi monoclonali anti CD38, come isatuximab, nell’induzione e nel consolidamento, migliora in modo significativo i tassi di MRD-negatività e la sopravvivenza, quando aggiunto ai regimi standard.
Lo studio CONCEPT
Lo studio CONCEPT (NCT03104842) è un trial indipendente condotto dal German-Speaking Myeloma Multicenter Group (GMMG), in cui gli autori hanno valutato la quadrupletta isatuximab più KRd (Isa-KRd) in pazienti di almeno 18 anni con mieloma multiplo di nuova diagnosi ad altro rischio, candidabili o meno al trapianto di cellule staminali, suddivisi in due coorti.
La prima coorte, formata da 153 pazienti (di cui 127 eligibili al trapianto), è stata arruolata fra l’agosto 2018 e l’aprile 2020; la seconda, formata da 93 pazienti, tutti eligibili al trapianto, è stata arruolata fra il giugno 2021 e il novembre 2022.
In precedenza, gli autori avevano riportato i risultati di un’analisi ad interim sui primi 50 pazienti arruolati nello studio, mostrando un ORR del 100%, un tasso di risposta parziale molto buona o migliore del 90% durante l’induzione e un tasso di sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 24 mesi del 75,5% (L.B. Leypoldt, et al. Leukemia. 2022;36:885-888).
Al congresso di New Orleans, la Weisel ha presentato i risultati dell’analisi ad interim pre-pianificata dell’endpoint primario, cioè la negatività dell’MRD dopo il consolidamento, relativi alla prima coorte di 153 pazienti.
La prima coorte di pazienti
Nella prima coorte, i 127 pazienti eligibili al trapianto (pazienti di età non superiore a 70 anni; braccio A) sono stati sottoposti a un’induzione con Isa-KRd per 6 cicli di 28 giorni, seguita dalla chemioterapia ad alte dosi con melfalan e dal trapianto di cellule staminali, e poi a un consolidamento con Isa-KRd per 4 cicli; i 26 non eligibili al trapianto (pazienti di età over 70; braccio B), invece, hanno effettuato l’induzione con 8 cicli di Isa-KRd, seguita da un consolidamento con 4 cicli di Isa-KRd. In entrambi bracci è stato poi effettuato un mantenimento con la tripletta isatuximab-carfilzomib-lenalidomide per 26 cicli.
In base al disegno dello studio, sono stati inclusi nella popolazione Intention-To-Treat (ITT) dell’analisi ad interim pianificata 99 pazienti del braccio A e 26 del braccio B.
I partecipanti sono stati definiti ad alto rischio in base alla presenza di delezioni (del) del cromosoma 17p, delle traslocazioni (t) (4;14) o (14;16) e/o dell’amplificazione (tre o più copie) del cromosoma 1q21, in aggiunta a una malattia in stadio 2 o 3 dell’International Staging System (ISS). Potevano essere inclusi anche i pazienti che in precedenza erano stati trattati con al massimo un ciclo di terapia per il mieloma multiplo.
L’endpoint primario dello studio era la negatività dell’MRD al termine della fase di consolidamento, misurata con una soglia minima di sensibilità di 10-5, mentre l’endpoint secondario principale era rappresentato dalla PFS e altri endpoint erano l’ORR, la sopravvivenza globale (OS) e la sicurezza.
Le caratteristiche dei pazienti
In base ai criteri di inclusione, tutti i pazienti avevano un profilo citogenetico ad alto rischio e il 44% era portatore del del(17p), il 38,4% della t(4;14), il 15,2% della t(14;16) e il 36% presentava un’amplificazione del cromosoma 1q21.
Per quanto riguarda lo stadio della malattia, il 52,8% dei pazienti era in stadio 2 e il 46,4% in stadio 3 secondo l’ISS.
L’età mediana era di 58 anni (range: 35-73) nel braccio A e di 74 anni (range: 64-87) nel braccio B. Il disegno dello studio prevedeva che l’analisi dell’MRD fosse eseguita su 93 pazienti del braccio A e 24 del braccio B.
Il 74% dei pazienti elegibili al trapianto ha completato la fase di consolidamento e ha continuato con la terapia di mantenimento (la ragione più frequente di interruzione è stata la progressione).
Risposte che si sono approfondite nel tempo
Dei 72 pazienti del braccio A che hanno completato il consolidamento, 66 disponevano del dato di MRD e di questi, 63 hanno raggiunto l’MRD-negatività (67,7%; P = 0,0004) mentre nel braccio B quelli risultati MRD-negativi sono stati 13 (54,2%; P = 0,012).
Inoltre, ha riferito la Weisel, si sono ottenuti alti tassi di risposta e risposte profonde, che si sono approfondite nel tempo in entrambi i gruppi di pazienti.
Infatti, al termine del consolidamento, in quelli elegibili al trapianto l’ORR è risultato del 94,9%, con un tasso di risposta parziale molto buona o migliore del 90,9% e un tasso di risposta completa e risposta completa stringente del 72,7%, mentre in quelli non elegibili al trapianto, i tassi corrispondenti sono risultati dell’88,5%, 88,5% e 57,7%.
Inoltre, il tasso di risposta completa e risposta completa stringente è aumentato progressivamente durante le diverse fasi del trattamento, evidenziando l’approfondirsi della risposta al trattamento nel corso del tempo.
Nel braccio A, infatti, tale tasso è risultato del 49% al termine dell’induzione, 65% dopo il trapianto di cellule staminali e 73% alla fine del consolidamento, mentre nel braccio B è risultato del 38% al termine dell’induzione e dell’intensificazione e del 58% al termine del consolidamento.
Quadrupletta con isatuximab ben tollerata
Nello studio, ha detto l’autrice, la quadrupletta Isa-KRd è stata ben tollerata e il profilo di sicurezza complessivo è risultato coerente con quello già noto dei singoli farmaci.
«L’incidenza della neuropatia periferica è stata bassa», ha osservato la Weisel.
La sicurezza è stata valutata su una popolazione di 122 pazienti. Eventi avversi di qualsiasi grado si sono manifestati nel 93,8% dei pazienti del braccio A (nel 78,4% dei casi di grado 3 o superiore) e nell’88% dei pazienti del braccio B (nel 72% dei casi di grado 3 o superiore).
Tra, gli eventi avversi ematologici di qualsiasi grado, l’incidenza della neutropenia è risultata del 41,2% nel braccio A e 28% nel braccio B, quella della leucopenia rispettivamente del 25,8% e 4%, quella della trombocitemia rispettivamente del 25,8% e 20%, e quella dell’anemia rispettivamente del 14,4% e 20%.
Gli eventi avversi non ematologici più comuni di qualsiasi grado sono stati le infezioni (60,8% nel braccio A e 48% nel braccio B), le reazioni infusionali (rispettivamente 26,8% e 16%), gli eventi gastrointestinali (19,6% e 28%), l’ipertensione (14,4% e 16%) e gli eventi cardiaci (11,3% e 20%).
La neuropatia periferica ha mostrato una bassa incidenza, soprattutto nel gruppo dei pazienti eligibili al trapianto: 8,2% (2,1% di grado ≥3), a fronte del 16% (4% di grado ≥3) nei pazienti non eligibili al trapianto
In conclusione
Lo studio ha completato l’arruolamento e sono in corso ulteriori analisi sulla sopravvivenza e sull’analisi per i sottogruppi dell’alto rischio.
«A nostro avviso, i nostri dati supportano l’utilizzo di un trattamento ottimizzato a quattro farmaci come terapia di prima linea del mieloma multiplo, soprattutto nei pazienti con malattia ad alto rischio» ha concluso la Weisel.
Bibliografia
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