Mieloma multiplo di nuova diagnosi: isatuximab in combinazione con la tripletta carfilzomib-lenalidomide-desametasone (KRd) ha mostrato buoni risultati
Nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi eleggibili al trapianto autologo di cellule staminali emopoietiche, sia a rischio standard sia ad alto rischio di progressione della malattia, il trattamento con l’anticorpo monoclonale anti-CD38 isatuximab (Isa) in combinazione con la tripletta carfilzomib-lenalidomide-desametasone (KRd), con somministrazione monosettimanale di carfilzomib, ha mostrato buoni risultati, inducendo risposte profonde, con un profilo di sicurezza in linea con quello atteso. Lo evidenziano i risultati dello studio SKylaRk, presentati a New Orleans in occasione del 64° congresso dell’American Society of Hematology (ASH).
Dopo quattro cicli di terapia di induzione con isatuximab più KRd, tutti i pazienti hanno mostrato una risposta al trattamento e dopo otto cicli poco meno di tre quarti hanno raggiunto la negatività della malattia minima residua (MRD).
Al convegno sono stati presentati anche altri risultati che evidenziano il possibile ruolo di isatuximab combinato con il regime KRd fin dalla prima linea di trattamento. Dai dati dello studio di fase 2 CONCEPT, infatti, emerge l’efficacia della quadrupletta Isa-KRd nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi ad alto rischio, candidabili o meno al trapianto. In questa popolazione, la cui prognosi risulta essere ancora sfavorevole, il trattamento con Isa-KRd durante le fasi di induzione e consolidamento si è associato a tassi di risposta elevati, con risposte profonde e durature.
Al meeting, inoltre, sono stati presentati risultati che confermano il valore di isatuximab in combinazione con la doppietta carfilzomib-desametasone (Kd) dalla seconda linea di trattamento in avanti per i pazienti con mieloma ricaduto/refrattario. In particolare, due analisi dello studio registrativo IKEMA confermano come il vantaggio di sopravvivenza libera da progressione (PFS) e di profondità di risposta fornito dalla tripletta Isa-Kd si mantenga indipendentemente dal numero di linee di terapia effettuate in precedenza dai pazienti e dal fatto che la ricaduta di malattia sia precoce o tardiva.
Lo studio SKylaRk
Lo studio SKylaRk (NCT04430894) è un trial di fase 2 in cui si è valutata l’aggiunta di isatuximab a carfilzomib con somministrazione monosettimanale, lenalidomide e desametasone in 50 pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi eleggibili al trapianto, sia ad alto rischio sia a rischio standard, arruolati fra l’agosto 2020 e il febbraio 2022.
Tutti i partecipanti hanno effettuato quattro cicli di terapia di induzione con Isa-KRd seguiti dalla raccolta delle cellule staminali; dopodiché lo sperimentatore poteva scegliere se sottoporre subito il paziente al trapianto o in un secondo tempo. Nel primo caso, dopo il trapianto, i pazienti hanno effettuato altri due cicli di trattamento con Isa-KRd come consolidamento e poi sono passati al mantenimento, mentre nel secondo caso hanno effettuato altri quattro cicli con Isa-KRd, seguiti dal mantenimento.
Ogni ciclo di 28 giorni prevedeva la somministrazione di isatuximab 10 mg/kg endovena una volta alla settimana per i primi due cicli, ogni 2 settimane per i successivi quattro cicli e ogni 4 settimane successivamente, carfilzomib ev 20 mg/m2 il primo giorno del primo ciclo, poi 56 mg/m2 nei giorni 1, 8 e 15 dei cicli successivi, lenalidomide 25 mg/die nei primi 21 giorni di ogni ciclo e desametasone 20 mg nei giorni 1, 2, 8, 9, 15 e 16 (oltre che nei giorni 22 e 23 dei primi due cicli).
Per il mantenimento i pazienti sono stati stratificati in base al profilo citogenetico; quelli a rischio standard sono stati trattati con lenalidomide 10 mg nei primi 21 giorni di ogni ciclo di 28 giorni, mentre quelli ad alto rischio con isatuximab 10 mg/kg il giorno 1, carfilzomib 56 mg/m2 nei giorni 1 e 15 e lenalidomide 10 mg nei primi 21 giorni di ogni ciclo di 28 giorni.
L’endpoint primario era il tasso di risposta completa e risposta completa stringente dopo quattro cicli di Isa-KRd, valutato secondo i criteri di risposta dell’International Myeloma Working Group (IMWG). Gli endpoint secondari, invece, comprendevano la sicurezza e tollerabilità di Isa-KRd, il tasso di MRD-negatività dopo quattro cicli, dopo il completamento del consolidamento (dopo il trapianto) o dell’induzione (per quelli in cui il trapianto è stato posticipato) e a 24 mesi, la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale (OS) e la qualità della vita.
L’età mediana del campione al momento dello studio era di 59 anni (range: 40-70), circa il 54% dei pazienti era di sesso maschile e il 46% aveva un profilo citogenetico ad alto rischio. Al momento della diagnosi il 32% dei pazienti aveva una malattia in stadio I secondo il Revised-International Staging System (R-ISS), il 64% in stadio II e il 4% in stadio III.
Il follow-up mediano è stato di 10,8 mesi.
Tasso di risposta fino al 100%
Dei 47 pazienti in cui si poteva valutare la risposta dopo quattro cicli di trattamento con Isa-KRd, l’ORR è risultato del 100%, l’89% dei pazienti ha ottenuto una risposta parziale molto buona o migliore e il 40% una risposta completa.
I risultati relativi alla MRD sono risultati disponibili dopo quattro cicli di trattamento per 28 pazienti che avevano ottenuto una risposta parziale molto buona o migliore. Di questi, il 43% è risultato MRD-negativo (sensibilità della misura:10-5).
Ma la profondità della risposta è aumentata col tempo. Infatti, il tasso di MRD-negatività dopo 8 cicli è risultato del 74% (26 pazienti su 35 valutabili).
Inoltre, la PFS a 15,4 mesi è risultata dell’88,6% (IC al 95% 75,9-100), mentre l’OS a 15,4 mesi del 98% (IC al 95% 94,1-100).
Profilo di sicurezza coerente con quello atteso
Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, è risultato in linea con quello atteso e coerente con i dati già noti.
Gli eventi avversi di interesse sono stati l’ipertensione (44%) e le reazioni infusionali (20%).
Gli eventi avversi di grado superiore al 3 più comuni sono stati, invece, la neutropenia (28%), l’aumento dell’alanina aminotransferasi (14%), l’anemia (10%) l’ipertensione (8%), la trombocitopenia (6%), l’affaticamento (6%) e il danno renale (6%).
Durante lo studio si è registrato un decesso, che tuttavia non è stato ritenuto correlato al trattamento in studio.
Bibliografia
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