Biofarmaceutica: nel rapporto Deloitte gli investimenti annuali


Nuovo rapporto Deloitte: le 20 più grandi aziende biofarmaceutiche nel 2022 hanno investito 139 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo

Deloitte: il 100% degli investitori continuerà nel 2022 a investire nel settore del lusso. I livelli pre-Covid saranno raggiunti in meno di un anno per la metà degli investitori

L’importanza di investire nella ricerca e sviluppo (R&S) nel settore biofarmaceutico è cruciale per alimentare l’innovazione e a dare forma al futuro della salute; tuttavia, dall’analisi dell’andamento del mercato nel 2022 emerge che il cambiamento radicale nel miglioramento della produttività osservato nel 2021 non è continuato, nonostante esempi di prodotti innovativi.

È quanto emerge dalla tredicesima edizione del report del Deloitte Center for Health Solutions “Seize the digital momentum: Measuring the return from Pharmaceutical Innovation 2022” sulle prestazioni dell’industria biofarmaceutica nel generare ritorni dagli investimenti in nuovi farmaci innovativi.

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Nel 2022, le top 20 aziende del campione analizzato hanno speso complessivamente 139 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo (-2% rispetto ai 141 miliardi di dollari del 2021).

Il costo medio per lo sviluppo di un singolo prodotto – dalla scoperta al lancio – è stato di 2.284 milioni di dollari (con un aumento di 298 milioni di dollari rispetto al 2021), in linea con i dati pre-pandemia del 2018-2020. Tale incremento del costo medio è dovuto principalmente ad un aumento della durata media del ciclo di sviluppo dei prodotti, che non ha più goduto dell’accelerazione imposta dal COVID-19.

Nel 2021 si è osservato un notevole aumento del tasso di rendimento interno medio (IRR) al 6,8%, guidato principalmente dall’entità delle risorse COVID-19 (inclusi vaccini e trattamenti). Tuttavia, poiché alcuni di questi asset relativi al COVID-19 sono entrati nel portafoglio commerciale, l’IRR medio nel 2022 è sceso all’1,2%.

La media delle vendite previste per prodotto della pipeline nel 2022 è diminuita a 389 milioni di dollari dai 500 milioni di dollari nel 2021. Questo calo – che ha portato il valore del 2022 pressoché ai livelli del 2020 – è determinato principalmente dal numero di beni di alto valore che hanno lasciato la pipeline quest’anno.

Nel 2022, si prevede che solo una delle società analizzate raggiungerà, in tutte le sue attività, un picco medio di vendite attese superiore a 1 miliardo di dollari, e che solo cinque saranno potenzialmente in grado di migliorare il proprio rendimento medio per prodotto rispetto al 2021.

“Il ritorno ai livelli di rendimento sperimentati prima della pandemia – ha commentato Valeria Brambilla, Life Sciences & Health Care Industry Leader area Central Mediterranean di Deloitte – riflette la principale sfida che i player del settore biofarmaceutico devono affrontare con riferimento alla produttività: l’aumento dei costi e il concomitante calo dei rendimenti.”

“Accanto al miglioramento della produttività rispetto ai rendimenti, le organizzazioni del settore – spiega Brambilla – devono continuare il loro percorso di crescita, grazie anche alla spinta della digitalizzazione, rafforzando la raccolta e analisi di dati utili per le sperimentazioni cliniche decentralizzate; ampliando la diversità degli studi clinici per promuovere l’equità e migliorare i risultati clinici per tutti; ma anche orientandosi verso operazioni di ricerca e sviluppo più sostenibili sia dal punto di vista ambientale che dell’efficienza.”

Se l’aumento dei tempi di ciclo e dei costi per lo sviluppo di un asset, insieme a una previsione inferiore delle vendite medie, rilevata nell’analisi di quest’anno, suggerisce che potrebbe essere necessario più tempo affinché quanto appreso dalla pandemia abbia un effettivo impatto; tuttavia, le organizzazioni del settore possono focalizzarsi su alcune azioni immediate in grado di contribuire a trasformare la redditività della ricerca e sviluppo:

  • fare leva sulla digitalizzazione per rafforzare la raccolta e l’analisi di dati significativi per le sperimentazioni cliniche decentralizzate;
  • ampliare la diversità degli studi clinici per promuovere l’equità e migliorare i risultati clinici per tutti;
  • orientarsi verso attività di ricerca e sviluppo sostenibili dal punto di vista ambientale, migliorando al tempo stesso l’efficienza.

Come notato lo scorso anno, la pandemia ha accelerato l’approccio del biofarmaceutico alla digitalizzazione, instillandola in ogni aspetto del lavoro e trasformando le esperienze di pazienti e partner. Il percorso verso la trasformazione digitale, che in genere richiede diversi anni, è avvenuto improvvisamente nel giro di pochi mesi, determinando cambiamenti radicali nel modo in cui le aziende conducono le operazioni, e ha aperto la strada a una maggiore innovazione nelle sperimentazioni cliniche.

Le sperimentazioni cliniche di domani saranno adattate alle esigenze di praticità, mediche e comportamentali di diverse popolazioni di pazienti colpite dalle malattie. Con il decentramento della sperimentazione come prassi, la sperimentazione clinica virtuale del futuro comporterà un onere minore per i pazienti. Sarà ricca di dati grazie all’elevata frequenza e al volume di misurazioni e ridurrà l’impatto ambientale grazie alla riduzione dei viaggi, al minor numero di centri di ricerca e alla riduzione dei casi di non aderenza e di abbandono dei pazienti. Tali studi clinici miglioreranno sostanzialmente la redditività e l’efficacia in termini di costi per lo sviluppo di farmaci attraverso l’innovazione digitale mirata. A livello di settore, la creazione di reti di sperimentazione clinica, un’attenzione radicata alla sostenibilità e un’ampia collaborazione lungo tutto l’ecosistema sanitario costituiranno i pilastri centrali della ricerca e dello sviluppo.