Elisabetta Pisu e Raffaello Barbieri raccontano la mostra “Passione italiana: l’arte dell’espresso” a Copenaghen fino al 21 aprile
45 fra macchine per uso domestico e da bar, set e tazzine da caffè sono in mostra a Passione italiana: l’arte dell’espresso all’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen dal 7 marzo al 21 aprile in occasione dell’Italian Design Day, indetto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Si tratta di pezzi storici, alcuni introvabili ed esemplari unici, selezionati dalla curatrice Elisabetta Pisu perché rappresentano i cambiamenti nel tempo della produzione e del consumo, e permettono di comprendere quanto sia accresciuta nell’immaginario collettivo la rilevanza sociale di un gesto che oggi il mondo lega inscindibilmente al lifestyle e ai riti del nostro quotidiano.
Gli oggetti esposti permettono di tracciare un percorso storico nell’arco degli ultimi due secoli fra caffettiere nate dalla matita di grandi designer e che sono diventate vere icone di un’epoca e pezzi più recenti frutto di innovazioni tecnologiche che ne hanno radicalmente trasformato i processi produttivi e innalzato gli standard qualitativi. Ne parliamo con la curatrice Elisabetta Pisu e Raffaello Barbieri, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen.
La sua attività curatoriale prende le mosse da un approccio sociologico, che guarda agli oggetti per far emergere i cambiamenti di costume in atto o futuri, cosa ci dice questa mostra delle trasformazioni compiute o prossime della società?
Elisabetta Pisu: «Il caffè ha sempre accompagnato le trasformazioni sociali, influenzandone usi e costumi. Nel ‘700 le botteghe del caffè sono i primi luoghi di aggregazione e di convivialità, che hanno permesso la diffusione di importanti idee politiche e culturali. Ma da bevanda riservata alla borghesia illuminata e agli intellettuali, grazie alle invenzioni delle prime macchine espresso e alla loro diffusione a livello internazionale, il suo consumo poi è divenuto popolare. Inoltre, la continua ricerca tecnologica in seno alla produzione italiana delle macchine ha permesso di esaltare le qualità della bevanda, facendo sì che l’espresso si affermasse come uno dei simboli dell’Italia nel mondo. La mostra mette in luce l’evoluzione estetica e funzionale delle macchine da caffè, dal bar all’ambito domestico.»
Quali sono i pezzi che ritiene più significativi fra quelli selezionati per la mostra? Quali quelli che colpiscono più il pubblico danese?
Elisabetta Pisu: «Tra i pezzi più significativi indicherei l’”Eterna Pavia” del 1925 a sviluppo verticale ma anche il modello “America” della Gaggia del 1958, che con il rivoluzionario sistema a leva ha dato vita al caffè espresso “con crema naturale”. Fra gli oggetti più rilevanti ci sono certamente le caffettiere d’autore nate dalla matita di importanti progettisti per Alessi: la “90018” di Riccardo Dalisi, frutto di un progetto di ricerca durato oltre dieci anni intorno alla caffettiera napoletana, con la realizzazione di più di duecento prototipi di latta; la “9090” di Richard Sapper che porta con sé importanti innovazione funzionali, come la base allargata e il sistema di bloccaggio a incastro; “La Cupola” e “La Conica” di Aldo Rossi, simboli per eccellenza del dialogo tra l’architettura e l’ambiente domestico. Il pubblico danese ha sicuramente apprezzato i pezzi storici ma anche i progetti contemporanei, come il servizio da caffè “Collar” disegnato da Daniel Debiasi e Federico Sandri per il noto marchio Stelton, oggetti che integrano la classica moka a un’estetica essenziale scandinava; oppure la caffettiera “Lunika” di Francesco Fusillo per Fi.MA., che si distingue per la mancanza del manico e il contenitore prodotto artigianalmente in puro legno massello delle Alpi.»
La mostra proseguirà in altri spazi, in altri Paesi?
Elisabetta Pisu: «Sì, ci stiamo lavorando, sono previste altre tappe internazionali. L’interesse è tanto e ci piace l’idea di usare il caffè, che è la bevanda più consumata al mondo ma anche uno dei simboli più amati del nostro Paese, per far avvicinare il pubblico al design italiano e trasformare l’espresso in un ambasciatore del made in Italy.»
In che modo il design rientra nel vostro programma di diffusione e valorizzazione della cultura italiana a Copenaghen?
Raffaello Barbieri: «Ogni anno l’Istituto celebra l’Italian Design Day, ricorrenza introdotta nel 2017 dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con il Ministero della Cultura. Proprio in occasione di questo evento tutti gli anni proponiamo mostre, esibizioni o incontri con tema il design italiano. Il grande patrimonio culturale italiano copre tanti settori, alcuni più conosciuti all’estero, alcuni un po’ meno ed è lo scopo dell’Istituto rappresentarli tutti. Nel promuovere il design italiano cerchiamo ogni anno di rappresentare i vari ambiti, per esempio il design grafico, il design urbanistico, la storia del design, l’interior design, ecc. Aggiungo che l’Istituto prossimamente ospiterà anche la mostra Timemade del designer italiano Davide Dolcini, per celebrare il design italiano in questo caso durante i 3 Days of Design.»
A quale tipo di pubblico si rivolge questa mostra?
Raffaello Barbieri: «Sicuramente a un pubblico non omogeneo. La mostra può essere interessante per adulti e ragazzi, così come per italiani e danesi. La Danimarca è un Paese ben noto per il design ed esiste sicuramente una sensibilità e una conoscenza del design che avvicina il Paese all’Italia, quindi c’è stato molto interesse nei confronti della mostra, dal momento che il design è un campo nel quale c’è un dialogo tra i due Paesi. Perciò ci rivolgiamo al pubblico danese appassionato di design e, in genere, a chi ama l’Italian lifestyle, di cui l’espresso è un elemento fondamentale.»
Quanto il design rappresenta l’identità del nostro Paese?
Raffaello Barbieri: «Non c’è dubbio che l’Italia rappresenta ancora un punto di riferimento imprescindibile per tutti coloro che amano l’arte e il bello in generale. Questo vale sia per le arti maggiori, pittura, scultura, architettura, sia per arti cosiddette minori, per le arti applicate alla vita quotidiana come la moda e appunto il design.»
Biografia Elisabetta Pisu, curatrice
Elisabetta Pisu è una curatrice di design con una formazione in sociologia e in management culturale. Il suo ambito di ricerca è il design contemporaneo in relazione ai processi produttivi, alle valenze sociali e all’evoluzione dei nuovi linguaggi espressivi. Oggetti, ambienti e architetture sono al centro dei suoi interessi di studio, protesi a indagare il ruolo mutevole del design nella società contemporanea. Nel 2016 fonda EP studio che si occupa di ideazione, organizzazione e curatela di mostre internazionali di design con particolare attenzione alla diffusione e promozione del made in Italy. Ha collaborato con importanti istituzioni culturali e curato mostre in prestigiosi musei, tra i quali: Craft + Design Centre a Canberra (Australia), Design Museum Gent (Belgio), Cube Design Museum (Olanda), Design Museum Holon (Israele), Museum of Craft and Design (San Francisco, USA), MODA – Museum of Design Atlanta (Atlanta, USA), L. A. Mayer Museum for Islamic Art (Israele), COD – Center for Openness and Dialogue (Albania).
Fonte: Ufficio stampa Sign Press – Isabella Clara Sciacca