Auto d’epoca patrimonio italiano, oltre 2,5 miliardi l’indotto annuo. Scuro (ASI): “Tutelare i veicoli storici come beni culturali per promuovere il territorio”
Le auto d’epoca sono un enorme patrimonio italiano, perché il nostro Paese è considerato in tutto il mondo un’eccellenza in questo settore. L’Italia è la culla del motorismo storico e le bellezze del nostro Paese, legate a un veicolo d’epoca per viaggiare nella storia, crea una sinergia fantastica per riscoprire i territori e promuovere anche tutto ciò che di culturale e magnifico abbiamo in Italia”. Così Alberto Scuro, presidente ASI (Automotoclub Storico Italiano), intervistato dalla Dire (www.dire.it) a Roma in occasione dell’evento ‘La valorizzazione dei beni e del patrimonio culturale’, promosso dagli Stati Generali del Patrimonio Italiano, con il patrocinio del ministero della Cultura. Durante l’iniziativa, che si è svolta presso il Palazzo del Collegio Romano, il cinquecentesco edificio che ospita la sede del Mic, sono stati consegnati diversi attestati al merito intitolati a Giovanni Spadolini (il primo ministro dei Beni Culturali nella storia della Repubblica Italiana), tra cui uno all’ASI.
“Sono tantissime le manifestazioni anche culturali realizzate dall’ASI- ha proseguito Scuro- ne organizziamo più di 3mila ogni anno e sono un modo per condividere una passione, ma anche per promuovere il nostro territorio. A livello nazionale l’indotto economico alimentato da questo comparto è di circa 2 miliardi e mezzo di euro l’anno, una cifra davvero significativa, di cui il 30% ha un valore turistico. Ed è proprio per questo che l’ASI si interessa di tutelare i veicoli storici come beni culturali che devono servire a promuovere il territorio”.
In Italia, intanto, il numero di appassionati (ma non di proprietari) di veicoli storici “sono 5 milioni- ha fatto sapere Scuro- mentre i veicoli storici certificati, di per sé, sono un numero abbastanza esiguo: si tratta dello 0,1% del parco veicolare circolante, quindi un numero veramente basso, che però vengono utilizzati per quel ‘turismo lento’ che permette di viverli come momento di passione e insieme di promozione del territorio”.