A Bologna per combattere il dolore cronico si sta sperimentando un catetere elettrico “poco più grosso di un capello”, che viene posizionato sotto la pelle
Contro il dolore cronico dovuto a patologie sanitarie in Emilia-Romagna arrivano gli impianti neurostimolatori hi-tech che puntano a ridurre almeno del 50% la percezione del male. Il primo istituto a sperimentare la tecnologia in regione, è l’ospedale Bellaria, che oggi presenta i risultati ottenuti su tre pazienti in cura al Centro di terapia del dolore. Questa nuova procedura consiste in veri e propri interventi chirurgici effettuati in anestesia locale e sedazione che prevedono il posizionamento per via percutanea di un sottilissimo dispositivo, un catetere elettrico “poco più grosso di un capello”, in uno spazio della colonna vertebrale immediatamente adiacente al midollo spinale o in prossimità di un nervo, che viene collegato ad un generatore di impulsi, posizionato sotto la cute. Un intervento microinvasivo che con stimoli elettrici consente di ridurre la percezione del dolore cronico in pazienti con patologie che hanno già sperimentato altri metodi senza successo.
“Questa è anche una lotta di civiltà per i nostri malati, su una tematica, quella del dolore, che, nonostante una legge nazionale di qualche anno, è ancora troppo sottovalutata- sottolinea il direttore generale dell’Ausl di Bologna Paolo Bordon durante la conferenza stampa- tutti i pazienti possono avere problemi legati al dolore, che significa qualità della vita, che significa cronicità. Molto spesso sono temi anche di conquista sociale, di miglioramento delle condizioni di vita di persone che fanno fatica a svolgere attività quotidiane”. In particolare, questo trattamento sarà efficace per ridurre il dolore che permane in pazienti che hanno eseguito interventi chirurgici alla colonna vertebrale o che soffrono di lombosciatalgia, ma anche a pazienti con patologie vascolari dolorose come l’ischemia degli arti inferiori, non trattabile chirurgicamente, la neuropatia diabetica o l’algodistrofia.
A trarne vantaggio, l’ospedale stima che siano candidabili a questo nuovo trattamento circa 40-50 pazienti ogni anno. Il percorso terapeutico che coinvolge il paziente prevede due tempi chirurgici: il primo nel quale si posiziona l’elettrocatetere vicino al bersaglio, collegato ad uno stimolatore esterno temporaneo; il secondo, dopo circa un mese, nel quale lo stimolatore esterno viene collegato al generatore sottocutaneo in maniera definitiva. Dopo entrambe le procedure il paziente trascorre una notte di ricovero in ospedale.
“Si lasciano passare tre settimane, un mese all’incirca e si valuta- conferma Emanuele Piraccini, responsabile programma aziendale Terapia del dolore dell’ospedale Bellaria- se il risultato è ottimo con scomparsa o netta riduzione del dolore, nel secondo tempo chirurgico il paziente viene nuovamente ricoverato e viene posizionato il generatore di impulsi sottocutaneo. Quindi alla fine il paziente avrà questo catetere elettrico che, essendo sotto la cute, non si vede”, e sarà poi collegato un generatore elettrico che può essere e che può essere posizionato al di sopra del gluteo o nel basso addome. “Una volta fatto questo- prosegue Piraccini- il generatore è permanente, quindi il paziente non deve fare più nulla se non ricaricare il generatore quando si scarica come un qualsiasi dispositivo elettrico”. Così, il paziente “ha un buon controllo del dolore per il resto dei suoi giorni”.
E un esempio di ottimo risultato viene raccontato in prima persona da una paziente, Rina Ronchi, che soffriva di mal di schiena. “Io sono stata molto contenta, contentissima. Il male non ce l’ho più e adesso, devo fare il secondo intervento che è quello definitivo. Ho altri problemi, per questo sono in carrozzina, però da quel lato lì non ho più mal di schiena”. Una “svolta per me, e i medici sono stati bravissimi”.
E se nel caso della signora Rina il dolore è praticamente sparito, non ci si deve fare però troppe illusioni, dal momento che non sempre si potrà eliminare in maniera definitiva. “Bisogna essere molto chiari con il paziente e fornire aspettative realistiche, perché sennò rimane deluso- avverte Stefania Taddei, direttrice del Centro Terapia del dolore- l’aspettativa di una riduzione del dolore del 50% è quella che noi diciamo al paziente”. Il trattamento, ricorda la dottoressa, è rivolto a chi soffre di dolori che persistono dopo interventi neurochirurgici o di asportazione di ernia discale o di stabilizzazione vertebrale. Quindi interventi “che sarebbero volti a restituire al paziente una funzione che in qualche modo ha perso, ma che però qualche volta non sono in grado di controllare il dolore. Quindi il paziente si rivolge a noi perché, nonostante l’intervento chirurgico, la persistenza del dolore è fortemente invalidante e quindi li condiziona fortemente nella vita, nella vita quotidiana”.