Studi di laboratorio hanno mostrato che il bersaglio che consente all’immunoterapia di riattivare il sistema immunitario è presente anche sulle cellule tumorali
I trattamenti che puntano a combattere il cancro riattivando il sistema immunitario contro i tumori potrebbero avere un secondo meccanismo d’azione, finora inesplorato. Tale meccanismo potrebbe permettere di colpire le cellule staminali tumorali responsabili della comparsa di recidive e dello sviluppo di resistenza ai trattamenti. È quanto suggeriscono i risultati di uno studio coordinato da Dario Sangiolo, dell’Università degli Studi di Torino e dell’Istituto di Candiolo FPO-IRCCS, pubblicati sulla rivista Clinical Cancer Research.
Negli ultimi dieci anni l’immunoterapia si è affiancata agli approcci antitumorali più tradizionali, consentendo di ottenere importanti progressi nel trattamento di alcuni tumori, in particolare del melanoma e di alcune forme di cancro ai polmoni. “Il principio su cui si fonda l’immunoterapia è eliminare i freni che limitano l’attività dei linfociti T, attività che può essere inibita anche dal tumore. Le cellule tumorali sono infatti in grado di inattivare la risposta immunitaria agendo su appositi interruttori, chiamati checkpoint immunitari” spiega Sangiolo, il cui lavoro di ricerca è sostenuto anche da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro.
Uno di questi meccanismi sfrutta l’interruttore PD-1, presente sui linfociti e azionato dalla proteina ‘gemella’ PD-L1, che si trova sulle cellule tumorali. Alcune immunoterapie molto efficaci e già oggi disponibili puntano a interrompere questo dialogo, inibendo PD-1 con anticorpi specifici, e riattivando in tal modo i linfociti contro il tumore.
I risultati della ricerca condotta dal gruppo di Sangiolo hanno mostrato che PD-1 non si trova solo sui linfociti, ma anche su un piccolo gruppo di cellule del tumore al polmone non a piccole cellule.
“A rendere ancora più interessante la scoperta” dice il ricercatore “è il fatto che questo piccolo gruppo di cellule che esprime PD-1 ha caratteristiche di staminalità e chemio-resistenza.”
In sostanza, a esprimere PD-1 potrebbero essere proprio quelle cellule che più spesso danno origine a una ripresa della malattia e che sfuggono ai trattamenti. I ricercatori hanno approfondito questo aspetto. “Crediamo che, quando è espresso sulle cellule tumorali, PD-1 non sia un semplice ornamento, ma che abbia un ruolo biologico. Siamo andati a fondo e abbiamo scoperto che esso attiva meccanismi biologici associati all’aggressività tumorale.”
La scoperta apre ora all’ipotesi, sostenuta proprio dai dati preclinici pubblicati, che l’immunoterapia basata sull’inibizione di PD-1 abbia un secondo meccanismo d’azione finora inesplorato. Oltre a riattivare il sistema immunitario, è possibile che essa eserciti un’azione di contrasto diretta contro quel gruppo di cellule tumorali che esprimono PD-1.
“È un’ipotesi entusiasmante” dice Sangiolo, che precisa che quanto scoperto si aggiunge e non si sostituisce a quanto già si sapeva sul ruolo di PD-1 quando è espresso sui linfociti.
“Questi risultati sono un punto di inizio” aggiunge. “Ora si apre un nuovo territorio di analisi per comprendere nel dettaglio come agisce PD-1 sulle cellule tumorali: per esempio quali geni attiva, in che modo è associato alle caratteristiche di staminalità e di aggressività di queste cellule, se il suo ruolo si osserva in tutte le forme di tumore al polmone non a piccole cellule o soltanto in alcuni tipi. Se i risultati di queste scoperte si consolideranno, i risultati dovranno essere quindi confermati in studi clinici con cui valutare negli esseri umani un ulteriore utilizzo dei farmaci immunoterapici anti-PD-1.”