Secondo i risultati di un’indagine tra candidati realizzata da Loriga&associati, società di ricerca e selezione, il posto giusto è, spesso, meglio del posto fisso
Quali sono le nuove priorità dei candidati? Come sta cambiando il loro modo di considerare il lavoro? Cosa li spinge a cercare nuove opportunità professionali? Quali elementi li motivano nella scelta di un’azienda? Sono alcune delle domande che Loriga&associati, società di ricerca e selezione, ha posto a più di un migliaio di candidati.
“I risultati del nostro sondaggio – precisa Orazio Stella, senior partner di Loriga&associati – confermano un trend che è iniziato ormai un paio di anni fa, subito dopo la prima ondata della pandemia da Covid-19. Soprattutto i candidati più giovani scelgono un’azienda non soltanto sulla base della retribuzione, ma di un insieme di altre componenti che potremmo definire soft (bilanciamento vita privata e vita professionale, opportunità di sviluppo personale e professionale, coesione tra i propri valori e quelli dell’impresa) e, ad oggi, il fatto che le aziende spesso fatichino a costruire un’offerta che metta insieme tutto rappresenta un grosso problema che rischia di acuirsi sempre di più, rendendo i processi di selezione più lunghi e, in alcuni casi, non del tutto soddisfacenti per entrambe le parti”.
Quali elementi rendono un posto di lavoro giusto per i candidati? I risultati del sondaggio di Loriga&associati. Se volessimo riassumere i risultati, potremmo dire che flessibilità, opportunità di sviluppo personale e professionale e attenzione alla sostenibilità e alla responsabilità sociale di impresa sono i tre elementi che, nella maggior parte dei casi, guidano le scelte dei candidati più giovani (di età compresa tra i 25 ed i 40 anni). In particolare, la flessibilità (intesa come possibilità di avere il miglior work-life balance possibile) è il driver più importante per più del 55% degli intervistati; seguono opportunità di crescita professionale (che si concretizza anche in percorsi di carriera studiati ad hoc per ciascuna risorsa) al 18% e responsabilità sociale al 15%.
Un discorso leggermente diverso, invece, per quel che riguarda le risorse che hanno alle spalle un percorso professionale più lungo: per questi candidati, infatti, l’aspetto economico è il motore che, più di altri, guida la scelta (65% dei casi), seguita da bilanciamento vita professionale – vita privata (14%) e possibilità di contribuire, in maniera diretta, alle scelte di lungo periodo dell’azienda al 12%.
“Dobbiamo iniziare – aggiunge Orazio Stella – a ragionare in modo diverso perché come abbiamo fatto fino ad oggi, probabilmente, non funziona più: il lavoro ibrido è ormai diventato la normalità quindi anche i manager hanno dovuto imparare a guidare le risorse (soprattutto quelle più giovani, magari appena entrate nel mondo del lavoro) anche a distanza, puntando tutto sulla produttività e quindi sul raggiungimento degli obiettivi e non più sulle ore trascorse in ufficio. Questo significa ridisegnare le organizzazioni e renderle sempre più vicine a ciò che i lavoratori chiedono e desiderano”.