Tumore al colon: sono 18 mila in Italia i pazienti con forma metastatica. Due anticorpi monoclonali raddoppiano l’efficacia della cura
Due studi per due anticorpi monoclonali specifici e mirati contro bersagli importanti per la crescita tumorale, possono ‘dare la spinta’ giusta alla terapia standard contro il tumore al colon-retto metastatico refrattario, raddoppiando la sopravvivenza libera da progressione della malattia: sono il bevacizumab e panitimumab.
Entrambi gli anticorpi monoclonali hanno dimostrato in due diverse sperimentazioni (SUNLIGHT di fase III e VELO di fase II), di allungare in maniera significativa la sopravvivenza dei pazienti più complessi, o già curati con più linee di terapia e/o ‘resistenti’ alla chemioterapia.
Un dato significativo considerando che solo in Italia i nuovi casi di pazienti con questo tumore sono stati stimati nel 2022 in oltre 48 mila, in crescita costante, di cui 18 mila con la forma metastatica. Ancora troppi considerando che quello del colon retto è un tumore facilmente prevenibile, grazie allo screening.
Effettuato nella popolazione generale a partire dai 50 anni con la semplice ricerca di tracce di sangue nelle feci (e se, necessario, con la colonscopia), permette la guarigione perché individua la malattia in fase iniziale nel 90% dei casi.
I due lavori, a cui ha partecipato l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, sono stati discussi in occasione del convegno The Naples Conference on colorectal cancer, durante il quale è stato fatto il punto sulle più recenti innovazioni terapeutiche e sulle speranze per il futuro ‘genetico’ della cura di questo carcinoma.
Nello studio multicentrico internazionale SUNLIGHT, in fase III, i cui risultati preliminari sono stati presentati di recente anche all’ASCO Gastrointestinal Cancer Symposium di San Francisco, al trattamento standard con trifluridina/tipiracil del tumore del colon-retto metastatico refrattario è stato aggiunto bevacizumab, un anticorpo diretto contro il fattore di crescita vascolare VEGF che è in grado di bloccare la crescita di nuovi vasi sanguigni.
“I pazienti, circa 500, erano casi complessi, già trattati con una o due linee di terapia – spiega Fortunato Ciardiello, professore ordinario del Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, coordinatore scientifico del convegno e coautore dello studio SUNLIGHT –. Con la terapia combinata la sopravvivenza mediana è salita a 10,8 mesi rispetto ai 7,5 del trattamento standard. Il beneficio clinico è emerso in tutti i sottogruppi di pazienti indipendentemente dall’età, il sesso, la localizzazione del tumore primario, il numero di metastasi o la presenza o assenza di mutazioni su RAS, che possono influenzare la terapia; il trattamento combinato inoltre ha raddoppiato la sopravvivenza libera da progressione di malattia, passata da 2.4 a 5.6 mesi. Il vantaggio clinico è stato registrato anche in pazienti che erano già stati trattati con bevacizumab, a indicare che continuare a inibire la formazione di nuovi vasi sanguigni che nutrono il tumore può avere un significato clinico di rilievo anche durante la progressione di malattia. Il tasso di controllo della malattia è aumentato del 30 per cento, arrivando al 77%: un risultato notevole e in assenza di un incremento della tossicità. Tutto questo indica nella combinazione di bevacizumab con trifluridina/tipiracil un possibile nuovo standard di cura per questi pazienti, per i quali finora avevamo poche opzioni di cura”.
Anche il secondo studio – VELO – discusso durante il convegno ha previsto l’aggiunta di un anticorpo alla terapia standard del tumore del colon-retto metastatico refrattario. In questo caso il cammino sarà più lungo. Si tratta infatti della sperimentazione clinica di fase II, che ha coinvolto 62 pazienti da 6 centri italiani ed è stata coordinata dall’Università della Campania Luigi Vanvitelli: in questo caso si è utilizzato panitumumab, un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore per il fattore di crescita epidermico EGFR, in associazione con trifluridina/tipiracil in una strategia definita di ‘rechallenge’. “Si tratta della ripresa del trattamento con farmaci anti-EGFR in terza linea di terapia, in pazienti che dopo un’iniziale risposta hanno purtroppo avuto la progressione di malattia e hanno pertanto ricevuto un successivo, diverso trattamento – spiega Teresa Troiani, del Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, e uno degli autori dello studio VELO con il prof. Ciardiello –. In questi pazienti la malattia metastatica riprende e diventa resistente alle terapie: la prognosi è negativa e i trattamenti di terza linea attuali sono efficaci in una porzione relativamente piccola di pazienti. L’aggiunta di panitumumab alla terapia standard ha aumentato da 2.5 a 4 mesi la sopravvivenza libera da progressione di malattia e portato il controllo di malattia dal 48 all’81% rispetto al solo trattamento standard, Un dato solo all’apparenza piccolo, ma di grande significato”.
BIOPSIA LIQUIDA
“Nei pazienti è stata effettuata anche una biopsia liquida, per analizzare se avessero mutazioni di RAS e BRAF che potrebbero influenzare l’efficacia del trattamento – continua Erika Martinelli, del Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli e uno degli autori dello studio –. Il test, che consiste nella raccolta del plasma con un semplice prelievo di sangue per evidenziare la presenza di mutazioni che caratterizzano la neoplasia nel DNA circolante, derivato dai siti tumorali del singolo paziente, è stato anche ripetuto alla progressione di malattia per valutare l’eventuale comparsa delle mutazioni”.
“La biopsia liquida iniziale consente di selezionare i pazienti senza mutazioni, nei quali il beneficio clinico è rilevante – precisa Ciardiello –. Questo studio è il primo trial prospettico randomizzato ad aver valutato l’anti-EGFR panitumumab in aggiunta alla terapia standard con trifluridina/tipiracil come trattamento di rechallenge in terza linea in pazienti con tumore del colon-retto metastatico refrattario. I risultati di entrambi gli studi sono rilevanti perché costituiscono due novità importanti per il trattamento, particolarmente complesso, dei pazienti con cancro del colon-retto metastatico che hanno già ricevuto le prime due linee di terapia e che hanno purtroppo a oggi opzioni limitate per terapie efficaci: in entrambe le sperimentazioni cliniche si è registrato un significativo incremento dell’attesa di vita e nel caso di bevacizumab in aggiunta a trifluridina/tipiracil, valutato in una ricerca già sufficientemente ampia, ci sono le premesse per un cambio di paradigma nella terapia standard”, conclude Ciardiello.