Vaiolo delle scimme: l’antivirale tecovirimat sembra la migliore opzione terapeutica a oggi disponibile, dimostrando una tollerabilità superiore
Nel trattamento di mpox, l’antivirale tecovirimat ha dimostrato una tollerabilità superiore rispetto ad altri antivirali oltre a tempi di recupero più rapidi, pertanto potrebbe essere l’opzione terapeutica preferita per questa malattia, secondo i risultati di uno studio pubblicato sul Journal of Drugs in Dermatology (JDD).
Mpox, come dal 2022 l’Oms ha stabilito che de essere denominato il vaiolo delle scimme o monkeypox, è una patologia infettiva causata da un orthopoxvirus, un virus simile a quello che causa il vaiolo, da cui si differenzia per minore diffusività e gravità, e il vaiolo bovino.
L’infezione si presenta tipicamente con sintomi come febbre, eruzione cutanea, linfoadenopatia e disturbi gastrointestinali. Le manifestazioni cutanee di sono distintive ma possono essere difficili da differenziare dal vaiolo dal momento che in entrambi in casi sono caratterizzate da una durata dell’eruzione di 14-28 giorni, possono essere localizzate sui palmi delle mani o sulle piante dei piedi, e possono entrambi presentarsi come lesioni dure ombelicate ben circoscritte.
L’eruzione cutanea inizia tipicamente sul viso con una diffusione in modo centrifugo e lesioni che progrediscono da maculare a papulare, vescicolare e pustolosa. Il numero delle lesioni può variare da uno a migliaia e il coinvolgimento della mucosa orale può rendere difficile per i pazienti anche mangiare o bere.
Opzioni terapeutiche non approvate ufficialmente per il virus
Non sono stati delineati trattamenti standardizzati per l’infezione da mpox, anche se negli Stati Uniti sono stati approvati due farmaci antivirali orali per il trattamento del vaiolo, brincidofovir e tecovirimat. Agiscono in modo differente, in quanto brincidofovir, un coniugato lipidico del cidofovir, inibisce la DNA polimerasi virale, mentre tecovirimat inibisce la proteina che avvolge l’involucro (VP37) dell’orthopoxvirus impedendo al virus di sfuggire alla cellula infetta.
Questi farmaci non sono stati studiati nell’uomo in studi clinici per il trattamento dell’infezione da orthopoxvirus, ma sono risultati efficaci nei modelli animali sia contro il vaiolo che contro il virus mpox. Tecovirimat è stato inoltre utilizzato per uso compassionevolein casi gravi debilitanti di infezioni da orthopoxvirus.
Le manifestazioni cutanee dell’infezione lo hanno reso rilevante nella comunità dermatologica. Anche se vi sono trattamenti approvati, sono stati utilizzati tre antivirali, brincidofovir, cidofovir e tecovirimat.
«L’obiettivo del nostro studio era duplice» hanno scritto il primo autore Madiha Khan e colleghi del New York Institute of Technology College of Osteopathic Medicine. «In primo luogo volevamo studiare l’efficacia antivirale nel trattamento di mpox e secondariamente valutare la manifestazione cutanea comune dell’infezione tra i pazienti per aumentare la consapevolezza del medico sulla presentazione».
Efficacia antivirale
I ricercatori hanno utilizzato i database PubMed e SCOPUS per identificare gli studi che utilizzavano brincidofovir, cidofovir o tecovirimat per il trattamento del mpox negli esseri umani. Per valutare l’efficacia di questi antivirali sono stati utilizzati sei studi che hanno coinvolto un totale di 36 pazienti, dei quali 32 sono stati trattati con tecovirimat, 3 con brincidofovir e 1 con cidofovir.
I risultati hanno mostrato che 28 dei pazienti trattati con tecovirimat e tutti i pazienti trattati con gli altri antivirali hanno raggiunto una risoluzione completa. Tuttavia in tutti i pazienti trattati con brincidofovir si è verificato un innalzamento degli enzimi epatici che ha richiesto l’interruzione del trattamento. Di conseguenza gli autori hanno sottolineato che i pazienti con patologie epatiche dovrebbero evitare questa opzione terapeutica.
Al contrario, tecovirimat è stato ben tollerato e l’effetto avverso più comune è stato la fatigue, riportato dal 25% dei pazienti. Tra gli ulteriori vantaggi di questa terapia vi sono la riduzione del tempo di ospedalizzazione rispetto a brincidofovir (10 giorni contro 29) e un aumento del tempo di recupero rispetto a cidofovir. Dei soggetti sottoposti a tecovirimat, 29 si sono ripresi in meno di 21 giorni, con il 45% che si è ripreso entro 1 settimana, mentre il paziente trattato con cidofovir ha necessitato di 6 settimane.
Anche se il piccolo campione di pazienti viene considerato un limite dello studio, gli autori ritengono che le evidenze emerse in questa analisi forniscono informazioni un po’ più approfondite sull’efficacia antivirale rispetto a prima. «Il nostro studio suggerisce che la terapia con tecovirimat ha avuto il miglior risultato tra le opzioni antivirali, in quanto è stata la più studiata ed è risultata ben tollerata» hanno scritto.
Manifestazioni cutanee comuni
I risultati del secondo obiettivo dello studio, basati su un pool di 859 soggetti, hanno concluso che la maggior parte dei pazienti con mpox erano uomini (96%), in particolare uomini che dichiaravano di avere rapporti sessuali con uomini (82%). Inoltre, come riferito dai ricercatori, il 32% di tutti i pazienti riuniti era sieropositivo e il 22% era in terapia di profilassi pre-esposizione.
Le manifestazioni cutanee erano più comunemente pustolose (32%), seguite dalle forme vescicolari (25%) o papulari (18%). Le lesioni erano principalmente localizzate nell’area genitale (37%), nel tronco (20%) e negli arti (19%).
«Nel complesso abbiamo scoperto che i migliori risultati per i pazienti includevano la terapia antivirale con tecovirimat nei casi più gravi, per ridurre il tempo di ricovero e la durata del carico di malattia» hanno concluso. «Nel trattamento di mpox, tecovirimat ha dimostrato una tollerabilità superiore rispetto ad altri antivirali e può essere efficace per il futuro trattamento della malattia».
Referenze
Khan M et al. Managing Monkeypox Virus: Characterizing Common Cutaneous Manifestations and Antiviral Efficacy. J Drugs Dermatol. 2023 Mar 1;22(3):282-287.