Nei pazienti con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo ad alto rischio resecato, nivolumab migliora la sopravvivenza libera da malattia e da recidiva a 3 anni
Nei pazienti con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo ad alto rischio resecato, il trattamento adiuvante con l’anti-PD-1 nivolumab migliora la sopravvivenza libera da malattia (DFS), nonché la sopravvivenza libera da recidiva al di fuori del tratto uroteliale (non-urothelial tract recurrence-free survival, NUTRFS) rispetto al placebo, e il beneficio si mantiene anche dopo 3 anni di follow-up. Lo confermano i dati di una nuova analisi dello studio di fase 3 CheckMate-274 appena presentati al Genitourinary Cancers Symposium dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO-GU).
Con un follow-up mediano di 36,1 mesi e 33,9 mesi, rispettivamente, nei bracci sperimentale e di controllo, nella popolazione Intent-To-Treat (ITT) i pazienti trattati con nivolumab hanno mostrato una DFS mediana raddoppiata rispetto a quelli trattati con il placebo: 22,0 mesi contro 10,9 mesi (HR 0,71; IC al 95% 0,58-0,86). Inoltre, nel sottogruppo di pazienti con espressione di PD-L1 ≥ 1%, la DFS nel braccio trattato con nivolumab è risultata addirittura di oltre sei volte superiore rispetto al braccio di controllo: 52,6 mesi contro 8,4 mesi (HR 0,52; IC al 95% 0,37-0,72).
Anche i tassi di DFS sia a 24 sia a 36 mesi sono risultati più alti nel braccio trattato con l’anti-PD-1. Nella popolazione ITT, la DFS a 24 mesi è risultata del 48,4% con nivolumab contro 38,8% con il placebo, mentre la DFS a 36 mesi è risultata del 45,0% contro 34,9%. Nel sottogruppo con espressione di PD-L1 ≥1%, i tassi di DFS a 24 mesi sono risultati rispettivamente del 60,3% contro 37,6% e quelli a 36 mesi rispettivamente del 56,9% contro 33,3%.
«Questi risultati supportano in modo più consistente il ruolo di nivolumab adiuvante come standard di cura per i pazienti con carcinoma uroteliale muscolo-invasivo ad alto rischio di recidiva dopo chirurgia radicale», ha dichiarato Matthew Galsky, del Tisch Cancer Institute Mount Sinai di New York, presentando i risultati. Inoltre, ha aggiunto l’autore, «il trattamento con nivolumab ha mantenuto il vantaggio rispetto al placebo in tutti i sottogruppi di pazienti prespecificati, compresi quelli basati su età, sesso, regione geografica, performance status, variante istologica minore (presente contro assente), stato patologico dei linfonodi ed estensione del tumore.
Lo studio CheckMate-274
Nivolumab è diventato il nuovo standard of care per il trattamento del carcinoma uroteliale muscolo-invasivo dopo chirurgia radicale sulla base dei primi risultati dello studio CheckMade-274, che avevano dimostrato il raggiungimento dei due endpoint primari del trial.
Lo studio CheckMate-274 (NCT02632409) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato e controllato, in doppio cieco, che ha coinvolto oltre 700 pazienti. Sono stati inclusi pazienti con uno stadio del tumore al momento dell’intervento (eseguito nei 120 giorni precedenti la randomizzazione) da ypT2 a ypT4a o uno stato linfonodale ypN+, e che avevano effettuato in precedenza un trattamento neoadiuvante con cisplatino.
I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento adiuvante con nivolumab 240 mg o un placebo due volte a settimana per un massimo di un anno, oppure fino alla comparsa di una recidiva o all’interruzione del trattamento.
Gli endpoint primari dello studio erano la DFS nella popolazione ITT e nel sottogruppo con espressione di PD-L1 ≥1%. Gli endpoint secondari comprendevano, invece, la NUTRFS, la sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza malattia-specifica (DSS), mentre la sopravvivenza libera da metastasi a distanza (DMFS), la sopravvivenza libera da seconda progressione (PFS2), la sicurezza e la qualità di vita correlata alla salute erano endpoint esplorativi.
Le caratteristiche di base dei pazienti erano ben bilanciate nei due bracci. L’età mediana era di 65,3 anni nel bracco nivolumab (range: 30-92) e 65,9 anni (range: 42-88) nel braccio placebo. Inoltre, la maggior parte dei pazienti di entrambi i bracci era maschio (rispettivamente 75,1% e 77,2%), bianco (74,8% e 76,4%), con un performance status ECOG pari a 0 (63,5% e 62,1%) e presentava un tumore con origine nella vescica (79% in entrambi i bracci).
Benefici su vari endpoint di sopravvivenza con nivolumab
Il trattamento con nivolumab ha mostrato un beneficio rispetto al placebo anche su vari altri endpoint di sopravvivenza, oltre alla DFS.
Per esempio, nella popolazione ITT, la NUTRFS mediana è risultata quasi il doppio con nivolumab rispetto al placebo: 25,9 mesi contro 13,7 mesi (HR 0,72; IC al 95% 0,59-0,88). Inoltre, nei pazienti con espressione di PD-L1 ≥1%, la NUTRFS mediana è risultata addirittura di 52,6 mesi nel braccio sperimentale contro 8,4 mesi nel braccio di controllo (HR 0,53; IC al 95% 0,38-0,74).
I tassi di NUTRFS nei bracci nivolumab e placebo sono risultati, rispettivamente, del 51,6% contro 42,2% a 24 mesi e del 47,5% contro 38,3% a 36 mesi. Nel sottogruppo con espressione di PD-L1 ≥1%, i tassi di NUTRFS a 24 mesi sono risultati rispettivamente del 62,7% contro 38,3% e quelli di NUTRFS a 36 mesi rispettivamente del 57,4% contro 34,8%.
Anche la DMFS mediana è risultata più lunga nel braccio nivolumab rispetto al braccio di controllo: 47,1 mesi contro 28,7 mesi (HR, 0,74; IC al 95% 0,60-0,92). Inoltre, i tassi di DMFS a 24 mesi e 36 mesi sono risultati rispettivamente del 57,8% contro 51,2% e 53,9% contro 47%. Nei pazienti con espressione di PD-L1 ≥1%, la DMFS mediana non è stata raggiunta nel braccio nivolumab, mentre è risultata di 20,7 mesi nel braccio placebo (HR 0,58; IC al 95% 0,40-0,84) e i tassi di DMFS a 24 mesi e 36 mesi sono risultati rispettivamente del 66,4% contro 48,6% e 61,7% contro 44,2%.
Ritardata anche la seconda progressione ed efficacia mantenuta nel tempo
La PFS2 mediana è risultata di 61,2 mesi con nivolumab contro 47,1 mesi con il placebo (HR 0,79; IC al 95% 0,63-0,98). Inoltre, nel sottogruppo con espressione di PD-L1 ≥1%, la PFS2 mediana non è stata raggiunta nel braccio sperimentale, mentre è risultata di 39,4 mesi nel braccio di controllo (HR 0,54; IC al 95% 0,37-0,79). I tassi di PFS2 a 24 mesi e 36 mesi sono risultati rispettivamente del 71,4% contro 60,7% e 61,0% contro 53,8% nella popolazione ITT e 78,8% contro 59,3% e 70,6% contro 51,4% nel sottogruppo con espressione di PD-L1 ≥1%.
«Esaminando i risultati di efficacia nel tempo, dall’analisi iniziale, con un follow-up minimo di 5,9 mesi, alla presentazione attuale, con un follow-up minimo di 31,6 mesi, si noterà che tra gli endpoint primari, secondari ed esplorativi l’effetto di nivolumab adiuvante rispetto al placebo è rimasto notevolmente stabile nel tempo», ha rimarcato Galsky, aggiungendo che «È importante sottolineare che si tratta di un trattamento a durata fissa, limitato a un anno di terapia adiuvante con effetti mantenuti nel tempo».
Sicurezza senza sorprese
Per quanto riguarda la sicurezza, non sono stati osservati nuovi segnali e i risultati sotto questo profilo stati coerenti con quelli dell’analisi precedente.
Il 79% dei pazienti nel braccio nivolumab e il 56% nel braccio di controllo ha manifestato almeno un evento avverso correlato al trattamento, mentre il 18% e il 7%, rispettivamente, ha sviluppato eventi avversi di grado 3 o superiore. Inoltre, rispettivamente il 14% e il 2% dei pazienti ha sviluppato eventi avversi correlati al trattamento di qualsiasi grado che hanno richiesto l’interruzione della terapia.
Gli eventi avversi correlati al trattamento più frequenti sono stati prurito (23% nel braccio nivolumab e 11% nel braccio placebo), affaticamento (17% contro 12%) e diarrea (17% contro 11%), mentre gli eventi avversi correlati al trattamento più frequenti di grado 3 o superiore sono stati gli aumenti delle lipasi (5% contro 3%) e dell’amilasi (4% contro 1%).
Bibliografia
Galsky, et al. Extended follow-up results from the CheckMate 274 trial. J Clin Oncol. 2023;41(suppl 6):LBA443. doi:10.1200/JCO.2023.41.6_suppl.LBA443. https://meetings.asco.org/abstracts-presentations/216467