Livelli più elevati di caffeina nel sangue sembrano ridurre i rischi sia di adiposità che di diabete di tipo 2, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista BMJ Medicine
Livelli più elevati di caffeina nel sangue sembrano ridurre i rischi sia di adiposità che di diabete di tipo 2, suggeriscono i risultati di un nuovo studio pubblicato sulla rivista BMJ Medicine.
Spiegando che la caffeina ha effetti termogenici, i ricercatori hanno osservato che precedenti studi a breve termine hanno collegato l’assunzione di caffeina con la riduzione del peso e della massa grassa. In aggiunta, i dati osservazionali hanno mostrato associazioni tra il consumo di caffè con un rischio inferiore di sviluppare diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari.
Nel tentativo di isolare gli effetti della caffeina da quelli di altre sostanze presenti in cibi e bevande, i ricercatori guidati da Susanna Larsson del Karolinska Institute di Stoccolma, in Svezia, hanno utilizzato dati provenienti da studi su popolazioni principalmente europee per analizzare due specifiche mutazioni genetiche (geni CYP1A2 and AHR) che sono state collegate a una ridotta velocità del metabolismo della caffeina. Gli individui portatori delle varianti genetiche associate a un metabolismo della caffeina più lento consumano, in media, meno caffè ma hanno concentrazioni plasmatiche di caffeina più elevate.
Le due varianti genetiche hanno portato per tutta la vita a concentrazioni plasmatiche di caffeina geneticamente previste, e sono state associate a un indice di massa corporea e massa grassa inferiori, oltre che a un minor rischio di diabete di tipo 2.
«Questa pubblicazione supporta gli studi che suggeriscono un legame tra il consumo di caffeina e l’aumento del consumo di grassi» ha fatto presente Stephen Lawrence della Warwick University in UK. «Il grande atto di fede che gli autori hanno fatto è presumere che la perdita di peso causata dall’aumento del consumo di caffeina sia sufficiente a ridurre il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Tuttavia non dimostra una relazione causa-effetto».
I ricercatori concordano con questa osservazione, ritenendo giustificati ulteriori studi clinici per valutare il potenziale traslazionale di questi risultati verso la riduzione del carico della malattia metabolica.
Katarina Kos, docente senior di diabete e obesità presso l’Università di Exeter, nel Regno Unito, ha sottolineato che questo studio genetico «mostra collegamenti e potenziali benefici per la salute per le persone con determinati geni attribuiti a un metabolismo della caffeina più veloce come tratto ereditario e, potenzialmente, un metabolismo migliore. Ma non raccomanda di bere più caffè, che non era lo scopo di questa ricerca».
Associazione dimostrata dallo studio del genoma
Usando la randomizzazione mendeliana, i ricercatori hanno esaminato i dati che provenivano da una metanalisi di associazione su tutto il genoma di quasi 10mila persone di discendenza europea ricavati da sei studi basati sulla popolazione.
Concentrazioni plasmatiche di caffeina più elevate geneticamente previste nei soggetti portatori delle due varianti geniche erano associate a un BMI inferiore, con un aumento della deviazione standard nella caffeina plasmatica prevista corrispondente a una quota di BMI di circa 4,8 kg/m2 (P<0,001). Per la massa grassa corporea un aumento della deviazione standard della caffeina plasmatica equivaleva a una riduzione di circa 9,5 kg (P<o,001), anche non è stata rilevata un’associazione significativa con la massa magra corporea (P=0,17).
Nei consorzi di ricerca FinnGen (odds ratio 0,77 per aumento della deviazione standard, P<0,001) e DIAMANTE (OR 0,84, P<0,001), concentrazioni plasmatiche di caffeina geneticamente previste più elevate sono state anche associate a un minor rischio di diabete di tipo 2. Complessivamente l’OR del diabete di tipo 2 per deviazione standard dell’aumento della caffeina plasmatica era 0,81 (P<0,001).
Larsson e colleghi hanno calcolato che circa il 43% dell’effetto protettivo della caffeina plasmatica sul diabete di tipo 2 era mediato dal BMI. Non hanno trovato nessuna forte associazione tra le concentrazioni plasmatiche di caffeina geneticamente previste e il rischio di nessuno degli esiti di malattie cardiovascolari valutati (cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca e ictus).
La risposta termogenica alla caffeina è stata precedentemente quantificata come un aumento di circa 100 kcal del dispendio energetico per 100 mg di caffeina al giorno, una quantità che potrebbe comportare una riduzione del rischio di obesità. Un altro possibile meccanismo è l’aumento della sazietà e una minore assunzione energetica l’assunzione di energia soppressa con livelli più elevati di caffeina, hanno affermato i ricercatori.
«Sono giustificati studi clinici a lungo termine per valutare l’effetto dell’assunzione di caffeina sulla massa grassa e sul rischio di diabete di tipo 2» hanno concluso. «Lo stesso vale per studi controllati e randomizzati per analizzare se le bevande non caloriche contenenti caffeina possano svolgere un ruolo nel ridurre il rischio di obesità e diabete di tipo 2».
Referenze
Larsson SC et al. Appraisal of the causal effect of plasma caffeine on adiposity, type 2 diabetes, and cardiovascular disease: two sample mendelian randomisation study. BMJ Medicine 2023;2.