Endometriosi, parla il dottor Ceccaroni: “Con il Negrar Method le disfunzioni post operatorie scendono dal 37% a 6%”
L’endometriosi colpisce più di tre milioni di donne in Italia con un’incidenza sottostimata. Una donna su 10 è affetta, infatti, da endometriosi con un grosso impatto sulla qualità della vita anche in termini di infertilità. Il problema principale dell’endometriosi è il ritardo diagnostico. Di fatto, dall’esordio dei sintomi lamentati dalla donna al momento della diagnosi in media trascorrono dai 7 ai 12 anni. L’unica vera arma per sconfiggere l’endometriosi è la diagnosi precoce.
Il ginecologo ambulatoriale però deve tener conto che tra le possibilità vi sia anche questa patologia e la donna allo stesso tempo non deve ‘arrendersi’ al dolore ma rivolgersi a centri specializzati. Per accendere una luce sulla patologia e attivare una maggiore cultura nella popolazione femminile l’agenzia di stampa Dire (www.dire.it) ha intervistato uno dei massimi esperti, il dottor Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità di vita della donna-UOC di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella a Verona, ideatore del ‘Negrar Method’ e membro del ‘Progetto endometriosi’ promosso da Agenas e dal ministero della Salute.
– Che ruolo potrebbero avere anche i medici di base nell’intercettare presto la sintomatologia e inviare la paziente ai centri specializzati come il vostro?
“L’endometriosi è una malattia che ha una grave vizio cioè i sintomi non sono adeguatamente interpretati. Il ritardo diagnostico, come è noto, si aggira intorno ai 7-12 anni. Quindi dal momento in cui insorge e il momento in cui viene diagnosticata trascorrono molti anni. Tutta una ‘filiera’ di medici diciamo che ha spesso una ‘responsabilità’ nella storia clinica di queste pazienti. Il medico di medicina generale così come il pediatra è la prima frontiera che si trova davanti la paziente. Queste figure sono le prime che possono interpretare quel corredo di sintomi e capire che qualcosa non va e inviare la donna ad ulteriori accertamenti specialistici. D’altra parte, il ginecologo di base dovrebbe avere quei ‘tool’ culturali e strumentali per poi poter porre almeno un sospetto diagnostico per inviare la paziente ai centri di riferimento per questa patologia”.
IL NEGRAR METHOD
– Il vostro è un centro altamente specializzato per la cura dell’endometriosi, soprattutto nelle forme più severe. Lei e la sua equipe (recentemente premiata al Senato nell’ambito dell’evento promosso da Fondazione Onda con i bollini rosa per l’alta umanizzazione delle cure e attenzione ai bisogni delle donne) vi trovate quotidianamente ad affrontare quadri clinici difficili che richiedono anche delle chirurgie complesse. A tal proposito ci vuole raccontare in cosa consiste il metodo chirurgico da lei creato che prende il nome di questo ospedale e soprattutto i vantaggi di cui beneficiano le pazienti?
“La chirurgia ideale per l’endometriosi è quella che non ha mai luogo. Questo vale chiaramente in un mondo ideale nel quale la paziente può essere trattata da un punto di vista farmacologico garantendo sia una qualità di vita adeguata che lo stop della progressione della malattia. Ci sono dei casi, ben specifici, nei quali l’endometriosi è talmente avanzata da creare delle infiltrazioni molto importanti ai visceri attorno all’utero e che sono: l’intestino, la vescica e gli ureteri che richiedono una chirurgia. Quest’ultima è necessaria anche quando le terapie mediche falliscono. La chirurgia nell’endometriosi è ‘aggressiva’ perché non ‘lavora’ solo sull’ovaio o sulla tuba ma incide su degli organi molto importanti e che contengono una serie di strutture nervose e che regolano le funzioni della pelvi come lo svuotamento della vescica, la defecazione, la continenza intestinale ma anche l’eccitabilità sessuale che comprende una serie di ‘riflessi’ neurovascolari che nella donna portano all’eccitabilità sessuale. Noi proponiamo la ‘chirurgia Nerve Sparing’ conosciuta dalla comunità scientifica con il nome di ‘Negrar Method’ che prende il nome dell’Istituto di cui faccio parte e che ha la caratteristica di preservare l’innervazione. La capacità di questo metodo è di avere la stessa radicalità chirurgica, cioè la stessa ‘aggressività’ sulla malattia delle altre tecniche, ma rispettando il maggior numero di fibre nervose che spesso con le ‘chirurgie tradizionali’ vengono danneggiate. Tale tecnica, perciò, ha portato alla riduzione delle disfunzioni post-operatorie dal 37% al 6% cambiando sicuramente la storia clinica di queste pazienti e migliorandone la qualità di vita”.
– Lei è anche coinvolto nel ‘Progetto endometriosi’ promosso da Agenas e dal ministero della Salute. Quali sono gli obiettivi perseguiti e le attività rivolte ai cittadini?
“Sono molto orgoglioso di far parte di questo progetto molto importante che ha l’ambizione di creare formazione e informazione. La formazione è quell’elemento che si rivolge al ginecologo ambulatoriale, consultoriale e al medico di medicina generale, al pediatra e a tutte cioè quelle figure che possono ‘intercettare’ precocemente la paziente affetta da endometriosi. La parte dell’informazione vuole coinvolgere invece tutta quella filiera del ritardo e parla alle famiglie, alle scuole e direttamente alle ragazze. Se l’endometriosi colpisce 1 donna su 10 in realtà dobbiamo rivolgerci e informare, non solo quella donna su dieci bensì parlare alle altre nove. Ma c’è di più, bisogna coinvolgere i professori, i fidanzati che possono ad esempio interpretare un dolore visto che l’endometriosi dà dolore durante i rapporti sessuali favorendo una diagnosi che arriverebbe probabilmente anni dopo cioè capire che qualcosa che non va e spingere la donna a rivolgersi a medici che si suppone siano sempre informati su questa malattia e sulle sue ripercussioni cliniche”.
– Soffrire di forti dolori pelvici, ad ogni ciclo mestruale, forse non è poi così normale come spesso si pensa. Quale messaggio vuole inviare alle giovanissime e alle loro mamme che magari ci stanno seguendo?
“Il dolore non è normale, soprattutto in caso di dolore connotato da caratteristiche precise quali: ciclico e a ridosso della ovulazione-mestruazione e che si ripete tutti i mesi. Se è cronico e costante tra un ciclo e l’altro e se è ingravescente, cioè se nell’arco dei mesi o degli anni queste condizioni di cui abbiamo parlato peggiorano. Non c’è nulla di normale in tutto questo. Dal punto di vista culturale è importante saperlo e riconoscerlo. Le mamme, le nonne e le stesse ragazze devono capire che non devono rassegnarsi e accettare questo tipo di dolore. Spesso dico in modo provocatorio alle giovanissime di ‘disubbidire’ alle madri o alle nonne se dicono loro che il dolore è normale. Il punto è che questo frena di almeno 3 o 4 anni il ritardo diagnostico. Bisogna tenere a mente che l’endometriosi è un ‘incendio’ che compare nella pancia della donna tutti i mesi per 14 volte all’anno. Da qui la conseguenza che un ritardo diagnostico di 10 anni significano 140 ‘incendi’ in quella pancia. La ‘disubbidienza’ è andare quanto prima, in caso di sospetto da uno specialista. Viceversa dico anche a quelle ragazze di non ‘fermarsi’ se si trovano davanti uno specialista che nega che ci sia endometriosi. Se il dolore riferito ha le caratteristiche descritte prima è importante continuare ad approfondire perché è possibile che un ginecologo ‘ambulatoriale non abbia gli strumenti per effettuare un accurata diagnosi a quel punto è bene che la paziente sii rivolga direttamente ai centri di riferimento specializzati nell’endometriosi”, ha concluso Ceccaroni.