Ipertensione arteriosa polmonare, in Italia 3.500 persone ‘senza respiro’: oggi ci sono prospettive terapeutiche da una nuova molecola
‘L’ipertensione polmonare non è una patologia quanto, piuttosto, una condizione emodinamica caratterizzata da diverse malattie che portano a una pressione del sangue elevata nel circolo arterioso polmonare’, ha sottolineato Gavino Casu, direttore UOC di Cardiologia Clinica ed Interventistica, Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari, nel corso del briefing ‘Ipertensione arteriosa polmonare: parliamo della patologia che toglie il respiro’, svoltosi a Roma.
‘Una delle forme pre-capillari di ipertensione polmonare è l’ipertensione arteriosa polmonare- ha continuato Casu- una malattia rara, circa 1-1,5 casi per milione di abitanti per anno, che colpisce principalmente il genere femminile ed è caratterizzata da una alterazione primitiva delle piccole arterie polmonari, vasi di circa mezzo millimetro di diametro che vanno incontro a un rimodellamento, perdono la capacità di dilatarsi, aumentando enormemente le resistenze. La diagnosi è differenziale – vale a dire per esclusione – e la malattia compromette sia la circolazione sia gli scambi gassosi. L’ipertensione arteriosa polmonare è una forma idiopatica che può essere legata a mutazioni genetiche ereditarie o ad alcune patologie. Si manifesta inizialmente con dispnea, la difficoltà a respirare. Il paziente inizia a lamentare una progressiva e ingravescente intolleranza allo sforzo, cioè va incontro a un deterioramento della sua capacità funzionale. All’esordio la sintomatologia è sfumata, il paziente lamenta una perdita di efficienza che diventa progressivamente crescente. È una patologia subdola, evolutiva che, nel giro di pochi anni, può compromettere enormemente la funzione del ventricolo destro che vede questo aumento delle resistenze come un muro da superare e che progressivamente diventa insuperabile. Come conseguenza, il ventricolo destro progressivamente si dilata sino a scompensarsi e a portare a morte della persona che soffre di PAH’.
Il fattore tempo è determinante per le persone affette da PAH. I sintomi non specifici e assimilabili a quelli di altre malattie respiratorie ritardano di anni la diagnosi e costringono il paziente a consultare nel tempo numerosi specialisti, tra cui pneumologi, cardiologi e internisti. Spesso la persona che soffre di PAH deve abbandonare il lavoro e non riesce più a relazionarsi con l’ambiente esterno. Piccole attività come percorrere a piedi anche pochi metri diventano una impresa impossibile.
È fondamentale orientare il paziente presso uno dei 30 centri di riferimento diffusi sul territorio nazionale, la cosiddetta rete Iphnet, che, grazie alla buona volontà degli specialisti, oggi sono organizzati in un network all’avanguardia. Una diagnosi tempestiva e accurata, accompagnata da strategie terapeutiche che agiscono su tutti i meccanismi fisiopatologici, può avere un impatto positivo sul decorso clinico e sulla qualità della vita.
Amip – Associazione malati ipertensione polmonare – affianca da oltre vent’anni il difficile cammino dei pazienti aiutandoli ad affrontare le terapie, le problematiche familiari e i farraginosi percorsi burocratici. Ma, soprattutto, li accoglie e ascolta supportandoli psicologicamente, perché la PAH sconvolge l’esistenza di chi soffre di questa patologia, del nucleo familiare e del caregiver.
‘L’ipertensione arteriosa polmonare è una malattia molto seria dalla quale non si guarisce, ma con la quale si può convivere- ha commentato nel corso dell’incontro Vittorio Vivenzio, presidente Amip– Come comprensibile, la patologia ha ripercussioni sulla vita di chi ne soffre e di chi lo assiste, in genere un familiare, estendendo quindi tale ripercussione a tutto il nucleo. Parliamo di una malattia che si manifesta con la fame d’aria e la spossatezza, quindi non facilmente diagnosticabile, ma cambia totalmente le abitudini di vita e i comportamenti fino ad allora usuali. È fondamentale prendere coscienza dei limiti imposti dalla malattia e adattarsi, inventandosi un nuovo modo di vivere. La missione dell’Amip è quella di essere al servizio di coloro che convivono con la patologia, di essere a fianco dei loro familiari e di fare da ponte con i medici e le istituzioni come il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità’.
‘Sicuramente- ha continuato Vivenzio- negli ultimi due decenni, la vita di chi vive con ipertensione polmonare è cambiata, c’è maggiore consapevolezza e sono cresciute le conoscenze scientifiche, sono disponibili molti farmaci ma soprattutto è cambiata la percezione da parte di chi ne soffre verso sé stesso e rispetto ai medici. Il paziente è prima di tutto una Persona, che non va mai lasciata sola e deve essere presa in carico da un team multidisciplinare’.
Negli ultimi dieci anni, la ricerca ha fatto passi in avanti, mettendo a disposizione farmaci sempre più efficaci. Tuttavia, è ancora forte la necessità di disporre di opzioni terapeutiche innovative e altamente efficaci.
E un’importante novità arriva dalla nuova molecola sotatercept: il primo e unico inibitore biologico di segnalazione dell’attivina, caratterizzato da un meccanismo d’azione innovativo. I dati di efficacia, molto incoraggianti, dello studio di fase III Stellar, che ha valutato sotatercept nel trattamento di adulti con ipertensione arteriosa polmonare, sono stati presentati ieri nel corso del Congresso annuale dell’ACC – American College of Cardiology – tenutosi dal 4 al 6 marzo a New Orleans.
‘Aspettavamo da tempo un nuovo farmaco innovativo per il trattamento dell’ipertensione arteriosa polmonare. Nello studio di fase III Stellar sotatercept ha raggiunto l’endpoint primario migliorando in maniera statisticamente significativa la capacità di esercizio, aumentando la distanza percorsa a piedi in 6 minuti (6MWD) di 40,8 metri a 24 settimane rispetto al basale- ha spiegato Carmine Dario Vizza, professore ordinario di Cardiologia, Dipartimento di Scienze Cliniche, Internistiche, Cardiovascolari e Anestesiologiche, Università Sapienza di Roma e direttore Unità Ipertensione Polmonare, Azienda Ospedaliera universitaria Policlinico Umberto I, Roma- Sotatercept ha inoltre dimostrato miglioramenti statisticamente significativi e clinicamente rilevanti in otto dei 9 endpoint secondari, riducendo il rischio di morte o di peggioramento clinico dell’84% rispetto al placebo con un follow-up mediano di 32,7 settimane. Il profilo di sicurezza di sotatercept è stato generalmente coerente con quello osservato in studi precedenti’.
L’impegno di MSD nell’area terapeutica dell’ipertensione arteriosa polmonare è iniziato 7 anni fa e prosegue senza posa per permettere alla ricerca di trovare soluzioni terapeutiche efficaci e innovative per le Persone che ne hanno bisogno.
‘Con la nostra missione di inventare per la vita, da più di 130 anni nel mondo e da oltre 65 in Italia, grazie alla scoperta e allo sviluppo di farmaci e vaccini innovativi, abbiamo rivoluzionato paradigmi terapeutici per decine di patologie, allungando la sopravvivenza e migliorando la qualità di vita di miliardi di Persone nel mondo, 500 milioni nel 2022- ha sottolineato in conclusione Nicoletta Luppi, presidente e amministratrice delegata di MSD Italia– ‘We follow the science’ e la scienza e la nostra ricerca oggi ci permettono di ritornare con l’innovazione nel campo cardiovascolare, in questo caso nell’ipertensione arteriosa polmonare. Appuntamenti come quello di oggi sono importanti, epocali. Essere qui con i clinici specialisti della PAH e AMIP, con i giornalisti per la corretta informazione è un vero onore per me, oltre che un’emozione. Perché siamo tutti ‘attori’ del grande ecosistema salute. Abbiamo tutti, azienda, associazioni di pazienti, istituzioni e comunità scientifica, un unico, grande obiettivo quando pensiamo ai pazienti, che in questo caso sono prevalentemente giovani donne: la diagnosi tempestiva, la presa in carico da parte dei centri di riferimento e la migliore opzione terapeutica nel più breve tempo per ogni paziente per più anni di vita e migliore qualità di vita. Perché la vita in buona salute non è mai abbastanza’.