Il progetto IMPERFECT è un’opera di street art visibile a Milano, nata dall’incontro fortuito tra una paziente, Giulia Ruggeri, e il visual artist Yuri Catania
La street art a sostegno della ricerca sul tumore al seno e i tumori femminili. È questo uno degli obiettivi chiave del progetto IMPERFECT, un’opera d’arte ‘a tutto muro’ nata dall’incontro fortuito tra una paziente, Giulia Ruggeri, e il visual artist Yuri Catania, e realizzata con la collaborazione di altre 21 donne e un uomo, tutti operati per un tumore della mammella.
L’installazione sarà visibile a Milano in via Tortona, in zona Porta Genova, fino al 30 giugno, ma fino a questa data sarà anche possibile acquistare in prevendita sul sito dell’artista (www.yuricatania.art) porzioni del murales grazie a una campagna di ‘adozioni’ promossa dalla Fondazione IEO-MONZINO, alla quale sarà devoluta una parte dei fondi raccolti. Un modo sicuramente originale per finanziare la ricerca, grazie ai cui progressi la prognosi del carcinoma mammario nel tempo è migliorata enormemente, ma i cui frutti, in Italia, spesso arrivano ai pazienti ancora con grande ritardo.
La storia di Giulia
L’idea del progetto IMPERFECT nasce innanzitutto da Giulia Ruggeri, 42 anni, una giovane signora che vive in Svizzera, ha un marito, tre figli (una ragazzina di 12 anni e due maschietti di 8 e 11 anni) e fa l’osteopata, specializzata proprio nella cura dei bambini. Una vita felice, la sua, con l’unica ombra di un papà perso troppo presto. Fino a 2 anni fa, quando, mentre si sta facendo la doccia, succede qualcosa che le cambia la vita: eseguendo l’autopalpazione, si accorge della presenza di una pallina sospetta nel seno destro. Lì per lì non ci fa molto caso, ma qualche giorno dopo, in occasione della visita ginecologica annuale, la sua dottoressa le prescrive alcuni controlli.
Prima un’ecografia e poi un prelievo mediante agoaspirato portano alla diagnosi: carcinoma lobulare. «In quel momento si tocca il fondo, il tempo si ferma, tutto si blocca in me: sogni, vita, tutto», racconta Giulia. Una mazzata, insomma, che la dottoressa cerca di mitigare dicendole che per curare il tumore sarà sufficiente un piccolo intervento chirurgico, dato che si tratta di una forma individuata in fase molto precoce.
Non convinta, la donna decide di rivolgersi per un secondo parere all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), dove ripetono gli esami e alla fine concludono che la soluzione più opportuna per il suo caso è, invece, la mastectomia bilaterale, cioè l’asportazione di entrambe le mammelle. Nell’aprile del 2021 viene operata dall’equipe del Dottor Pietro Caldarella, vicedirettore della divisione di senologia chirurgica delio IEO.
Dopo l’intervento restano il dolore e le cicatrici a ricordarle l’esperienza vissuta. Rielaborando cosa le è successo e guardando le sue ferite ormai rimarginate, ma ben visibili, a Giulia viene in mente il Kintsugi, il ‘riparare con l’oro’, una tecnica di restauro ideata in Giappone alla fine del 1400 per aggiustare le tazze in ceramica utilizzate per la cerimonia del tè che si sono rotte, rimettendone insieme i pezzi. Il senso profondo di questa antica arte giapponese è ridare valore a una cosa danneggiata, non più perfetta. Proprio come il corpo di Giulia e di tante altre donne. Da una fragilità e da un’imperfezione (IMPERFECT, appunto) può nascere così una nuova bellezza. «Quando qualcosa si rompe, può derivarne qualcosa di incredibile, luce e oro, qualcosa di bello. Un’opportunità di crescita, nella quale ho anche sentito di poter aiutare altre persone. Perché condividere con il cuore è una delle cose più potenti che possiamo fare», prosegue Giulia.
Il progetto IMPERFECT, un murales ‘a tempo’ per finanziare la ricerca
La donna entra quindi in contatto con Yuri Catania, artista e fotografo, con il quale nasce subito un’amicizia e ben presto si sviluppa l’idea di IMPERFECT (parola che si può leggere in italiano in due modi, cioè IMPERFETTO, ma anche IO SONO PERFETTO, I’M PERFECT), un progetto fotografico che evolve progressivamente nelle loro conversazioni e finisce per coinvolgere 22 persone, fra i 30 e 94 anni, tutte accomunate dall’esperienza del tumore al seno e dell’intervento chirurgico per rimuoverlo. Il numero 22 non è stato scelto a caso: le due cifre che lo compongono, infatti, se poste una di fronte all’altra in modo speculare, danno forma a un cuore.
I protagonisti dell’opera sono stati ritratti dall’artista, con la sola presenza di Giulia, in sessioni fotografiche molto coinvolgenti e commoventi, mentre si spogliavano progressivamente dei vestiti e ballavano a suon di musica, ‘liberandosi’ così simbolicamente dei loro corpi feriti e dando vita a una coreografia che vuole simboleggiare la rinascita e la volontà di ‘riprendere il volo’ oltre la malattia.
Dopo l’intervento, infatti, la vita va avanti. Restano, però, le cicatrici. Per trasformare queste ‘crepe’, lascito tangibile di un’esperienza difficile, in qualcosa di prezioso, entra appunto in gioco il Kintsugi. Ispirandosi a questa antica arte giapponese che utilizza l’oro per riparare le ceramiche rotte, le cicatrici sono state sovradipinte da Catania con vernice dorata, restituendo ai corpi seminudi tutta la loro bellezza e veicolando un importante messaggio: quello di non vergognarsi di questi segni, ‘accogliere’ il danno e dare valore alla nuova immagine di sé.
Le immagini fotografiche, riunite in un’unica onda di 22 corpi danzanti, sono state elaborate con la tecnica del paste-up, una forma di arte urbana che utilizza foto o dipinti realizzati su carta che viene affissa al muro mediante vari tipi di colla.
Sono stati Catania e le stesse persone ritratte, con le loro famiglie, a dare infine vita all’opera l’1 e il 2 aprile, attaccando le fotografie sul muro prescelto. «La sua realizzazione è stata un’esplosione di gioia e un incredibile intreccio di vite. La solidarietà e l’amore che si respiravano hanno rappresentato un’esperienza molto tangibile e persino virale. Mentre lavoravamo, altre persone si fermavano e condividevano la loro esperienza. C’era un clima magnetico ed è stata una cosa che è arrivata direttamente al cuore della gente, un messaggio autentico», dice Giulia.
Il risultato finale di IMPERFECT è un murales ‘a tempo’, e dunque effimero, ma monumentale e di grande impatto. Con i suoi 120 metri di lunghezza e oltre 360 mq di estensione, questa installazione, che è patrocinata dal Comune di Milano, rappresenta la più grande opera di street art mai eseguita in città con la tecnica del paste-up su una superficie pubblica, un muro del Gruppo Ferrovie dello Stato: mai prima d’ora era stata concessa la possibilità di realizzarne una di queste dimensioni.
Il murales si trova in via Tortona, a Milano, vicino alla stazione di Porta Genova, e si srotola dall’inizio della via fino al percorso pedonale che attraversa i binari e la collega con l’altro lato della ferrovia, in Via Tortona. La scelta del luogo non è stata casuale: si tratta, infatti, di un punto di grande passaggio, dove il progetto avrà grande visibilità, e nel quale il muro è diviso in 22 sezioni, come 22 sono i corpi ritratti da Catania. Inoltre, la superficie sulla quale sono state affisse le immagini è stata ridipinta di rosa, il colore simbolo della campagna Follow the Pink, la campagna solidale della Fondazione IEO-MONZINO, alla quale sarà devoluta una parte del ricavato delle vendite dei pezzi di opera per supportare la ricerca dello IEO sulle neoplasie che colpiscono le donne (la parte rimanente andrà al progetto IMPERFECT e all’artista che ha realizzato l’opera.)
Terminata l’esposizione, infatti, le fotografie verranno staccate dal muro e tagliate in porzioni di tre misure, montate su cornici e certificate dall’artista come pezzi unici o in NFT. Ma già da ora è possibile acquistarle, e lo si potrà fare fino al 30 giugno, attraverso una prevendita sul sito web di Catania, che per questa iniziativa si è ispirato anche al muro di Berlino, i cui frammenti, dopo la caduta, furono venduti e ora sono sparsi nelle case in tanti Paesi, a testimoniare la libertà riacquisita da un popolo.
Il sogno di Giulia e Yuri, adesso, è realizzare altri 21 murales simili in giro per il mondo, portando avanti il messaggio insito nel progetto IMPERFECT, attraverso l’arte, anche al di là dei confini nazionali. «Questa esperienza non finisce con il muro, ma è solo l’inizio di un viaggio che attraverserà altre città e includerà tante altre donne», spiega Giulia, la quale vuole ora creare anche una rete di sostegno per le pazienti nella fase post-chirurgica, in cui si sentono spesso abbandonate, e organizzare incontri mirati in cui insegnare loro ad autotrattare le cicatrici e a fare yoga e meditazione, tecniche che possono essere di grande aiuto per affrontare un momento tanto delicato. L’obiettivo ultimo è creare una fondazione in cui far confluire tutte queste attività.
Tempi di accesso ai prodotti della ricerca ancora troppo lunghi
Nel frattempo, i fondi raccolti con la vendita delle porzioni di murales saranno in parte destinati al Women’s Cancer Center dello IEO per finanziare la ricerca sui tumori femminili e, in particolare, sul tumore della mammella.
È anche grazie ai progressi della ricerca e, di conseguenza, all’impiego di nuovi farmaci sempre più precisi ed efficaci, uniti allo screening mammografico e alla diagnosi precoce, che oggi la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di carcinoma mammario ha raggiunto l’87%. La rapidità con cui la ricerca sviluppa e mette a disposizione nuove alternative terapeutiche, tuttavia, non sembrerebbe andare di pari passo con i tempi di accesso a questa innovazione, ancora troppo lunghi.
In Italia, la discussione sul tema è più che mai aperta e riguarda due livelli: uno nazionale e l’altro regionale. Una volta che un farmaco è stato approvato dall’Ema, mediamente, ci vuole più di anno per avere l’ok dell’Aifa, a cui va aggiunto un altro anno, in certi casi anche di più, affinché ci sia anche il via libera di tutte le Regioni per l’inserimento nei rispettivi prontuari. Un lasso di tempo decisamente lungo per terapie come quelle oncologiche, talvolta salvavita.
Secondo un recente documento IQVIA pubblicato dalla European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA) che riporta, fra l’altro, le stime sulle tempistiche di accesso ai nuovi farmaci in 39 Paesi europei (di cui 27 della Ue), il tempo di disponibilità, cioè il periodo che intercorre tra l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dall’Ema e la data di reale accesso per i pazienti (che nella maggior parte dei Paesi della Ue, compreso il nostro, corrisponde al momento in cui accedono alla lista di rimborsabilità) in Italia è di ben 429 giorni (14 mesi). Sebbene più breve rispetto alla media europea (511 giorni), è un tempo nettamente superiore a quello dei Paesi più virtuosi, come la Germania (133 giorni, poco più di 4 mesi), la Danimarca (176 giorni) o la Svizzera (191 giorni).
E il quadro italiano non migliora di molto se si limita l’analisi ai farmaci oncologici. In questo caso, infatti, il tempo di attesa stimato per poter accedere a un nuovo antitumorale dopo il via libera europeo è di 405 giorni (13 mesi), molti di più rispetto ai 100 giorni della Germania, che è la nazione più veloce, ma anche ai tempi di Paesi europei ritenuti in genere più disagiati in confronto al nostro, come la Macedonia (284 giorni) o la Bosnia (303 giorni).
Proprio il tumore della mammella fornisce un esempio paradigmatico del ritardo con cui i prodotti della ricerca possono arrivare al paziente nel nostro Paese. In questo ambito, infatti, vi sono farmaci mirati che, dopo una prima approvazione europea per il trattamento della malattia avanzata, ne hanno ricevuta una seconda anche per la malattia in stadio iniziale. L’Italia, tuttavia, è ancora in attesa del via libera dell’Aifa a questo ampliamento dell’indicazione, già ottenuto, invece, in tanti altri Stati membri della Ue, compresi i tre quarti di quelli dell’Est, considerati, spesso, meno ‘avanzati’.
Un grosso ostacolo a un accesso rapido ai farmaci innovativi, o comunque più recenti ed efficaci, da parte dei pazienti italiani, una volta ottenuta l’autorizzazione dell’Ema, è insito nell’assenza di un vero e proprio programma di early access nazionale strutturato. Una misura presente, invece, in altri Stati europei, che permette di rendere disponibile il medicinale fin da subito, in attesa che sia definito il prezzo di rimborso dall’azienda produttrice e l’autorità regolatoria nazionale. Nel caso in cui quest’ultima decidesse di non concedere la rimborsabilità al prodotto, l’azienda procederà, per esempio, a un pay-back per coprire i costi relativi al periodo in cui è stato dispensato. Se l’iter approvativo si concludesse, invece, in modo positivo, il paziente avrà beneficiato tempestivamente della nuova alternativa terapeutica disponibile, senza aver sprecato tempo prezioso; tempo nel quale tanti pazienti possono avere usufruito di nuove terapie, che in alcuni casi possono fare la differenza fra la vita e la morte.
L’auspicio, dunque, è che la nuova Aifa, la quale dovrebbe essere operativa dall’1 luglio, valuti anche l’implementazione di un programma di questo tipo tra le riforme da mettere in campo per rendere la nostra sanità più equa ed efficiente, al fine di garantire anche ai pazienti italiani affetti da tumore della mammella (o da altri tumori) di poter accedere in modo rapido ai migliori prodotti della ricerca in quest’area, così come accade in altri Paesi europei.