Si chiama StarCrete ed è un nuovo materiale per l’edilizia extraterrestre: è fatto di polvere del suolo lunare o marziano con aggiunta di fecola di patate e cloruro di magnesio
Polvere extraterrestre, fecola di patate e un pizzico di sale: sono gli ingredienti di StarCrete, un nuovo materiale da costruzione, creato da un team di ricercatori dell’Università di Manchester (Regno Unito), ideale per l’impiego su Marte o sulla Luna.
Costruire infrastrutture su altri corpi celesti è un’impresa difficile e dai costi oggi proibitivi. I futuri edifici spaziali dovranno inevitabilmente fare uso di materiali semplici, disponibili perlopiù sul posto. Gli ideatori del nuovo composto hanno utilizzato un terreno marziano simulato, mescolato con fecola di patate e un pizzico di sale, per creare un materiale che è due volte più resistente del normale calcestruzzo e che si adatta perfettamente ai lavori di edilizia in ambienti extraterrestri.
In un articolo pubblicato questa settimana su Open Engineering, Aled Roberts e Nigel Scrutton illustrano come la normale fecola di patate, mescolata con polvere di Marte simulata, possa fungere da legante per produrre un materiale simile al cemento. Sottoposto a test di laboratorio, lo StarCrete ha mostrato una resistenza alla compressione di 72 megapascal (MPa), oltre il doppio rispetto ai 32 MPa del normale calcestruzzo. Usando invece polvere di Luna, il calcestruzzo ottenuto è ancora più resistente: oltre 91 MPa.
È un risultato che migliora il già notevole successo “lacrime e sangue” raggiunto in un lavoro precedente dallo stesso team, utilizzando però in quel caso – come agente legante – il sangue e l’urina degli astronauti. Il materiale allora ottenuto aveva una resistenza alla compressione di circa 40 Mpa, anch’essa dunque superiore a quella del normale calcestruzzo, ma il processo di produzione aveva il non trascurabile svantaggio di richiedere – appunto –l’apporto di sangue: un’opzione che – soprattutto in un ambiente ostile qual è quello spaziale – è stata considerata meno praticabile rispetto all’impiego della fecola di patate. Qualche lacrima d’astronauta potrà comunque continuare fare comodo: sono infatti una possibile fonte di cloruro di magnesio, un tipo di sale piuttosto comune (si trova, in ogni caso, anche sul suolo marziano) che, aggiunto come terzo ingrediente a StarCrete, ne migliora ulteriormente la resistenza.
«Visto che dovremo comunque prevedere la produzione di amido come cibo per gli astronauti, ci è venuto naturale provare a utilizzarlo come agente legante al posto del sangue umano», dice il primo autore dello studio, Aled Roberts, ricercatore al Future Biomanufacturing Research Hub dell’Università di Manchester. «Senza contare che le attuali tecnologie di costruzione necessitano ancora di molti anni di sviluppo e richiedono una notevole quantità di energia e strumenti di produzione pesanti, tutti elementi che aumentano il costo e la complessità di una missione. StarCrete non ha bisogno di nulla di tutto ciò, semplificando la missione, rendendola più economica e migliorandone la fattibilità. E in ogni caso gli astronauti probabilmente non vorrebbero vivere in case fatte di croste e urina!».
Tornando alle cifre, i due scienziati hanno calcolato che un sacco da 25 kg di patate disidratate contiene amido a sufficienza per produrre quasi mezza tonnellata di StarCrete, che equivale a oltre 213 mattoni di materiale. Per fare un paragone, edificare una casa con tre camere da letto richiede grosso modo 7500 mattoni.
In attesa di “cementificare” altri pianeti, StarCrete potrebbe incontrare un certo successo anche sul nostro: impiegato qui sulla Terra potrebbe infatti offrire un’alternativa ecologica al cemento tradizionale, sostengono Roberts e il suo team, che hanno da poco avviato una startup – DeakinBio – proprio a questo scopo. Cemento e calcestruzzo sono infatti responsabili di circa l’otto per cento delle emissioni globali di CO2, a causa delle temperature di cottura e della quantità di energia molto elevate richieste dai processi di produzione. Per StarCrete, invece, sarebbe sufficiente un comune forno, anche un microonde, alle normali temperature di cottura domestica, abbattendo dunque costi e consumi.
Per saperne di più:
- Leggi su Open Engineering l’articolo “StarCrete: A starch-based biocomposite for off-world construction”, di Aled D. Roberts e Nigel S. Scrutton