Ridotta densità minerale ossea possibile fattore di rischio negli anziani per lo sviluppo di demenza? Le risposte in uno studio su “Neurology”
La bassa densità minerale ossea (BMD), in particolare al collo del femore, è emersa come fattore di rischio “robusto” per la demenza negli anziani nel Rotterdam Study di lunga durata e i cui risultati sono stati pubblicati online su “Neurology”. Dopo l’aggiustamento per fattori rilevanti, gli adulti con la BMD più bassa al collo del femore, rispetto a quella più alta, avevano il 42% in più di probabilità di sviluppare demenza in circa 10 anni.
«La nostra ricerca ha trovato un legame tra perdita ossea e demenza, ma sono necessari ulteriori studi per comprendere meglio questa connessione tra densità ossea e perdita di memoria» affermano i ricercatori, coordinati da Mohammad Arfan Ikram, dell’Erasmus University Medical Center di Rotterdam (Paesi Bassi).
«È possibile che la perdita ossea possa verificarsi già nelle prime fasi della demenza, anni prima che si manifestino i sintomi clinici. Se così fosse, la perdita ossea potrebbe essere un indicatore di rischio per la demenza e le persone con perdita ossea potrebbero essere candidate allo screening per il miglioramento delle cure» ha aggiunto Ikram.
Dati tratti dal Rotterdam Study
La bassa BMD e la demenza si verificano comunemente nella popolazione anziana, con la perdita ossea che accelera nei pazienti affetti da demenza a causa dell’inattività fisica e della cattiva alimentazione. Tuttavia, la misura in cui la perdita ossea esista già prima dell’insorgenza della demenza rimane poco chiara. I nuovi risultati si basano su 3.651 adulti (età media: 72 anni; 58% donne) del Rotterdam Study, i quali erano liberi dalla demenza tra il 2002 e il 2005.
A quel tempo, la BMD al collo del femore, alla colonna lombare e total body è stata ottenuta utilizzando l’assorbimetria radiografica a doppia energia (DXA) ed è stato calcolato il punteggio dell’osso trabecolare, che offre ulteriori dettagli relativi alla microarchitettura ossea. I partecipanti sono stati seguiti fino al 1° gennaio 2020.
Le analisi sono state aggiustate per età, sesso, istruzione, attività fisica, stato di fumo, indice di massa corporea, pressione arteriosa, colesterolemia, storia di comorbilità (ictus e diabete) e genotipo dell’apolipoproteina E. Durante il follow-up, 688 (19%) partecipanti hanno sviluppato demenza, per lo più malattia di Alzheimer (77%).
Sito più indicativo: il collo del femore
Durante l’intero periodo di follow-up, una BMD inferiore al collo del femore (per deviazione standard), ma non in altri siti ossei, è risultata correlata a un rischio più elevato di demenza per tutte le cause ( hazard ratio [HR], 1,12; 95% CI, 1,02-1,23) e malattia di Alzheimer (HR, 1,14; 95% CI, 1,02-1,28).
Entro i primi 10 anni dopo il basale, il rischio di demenza era maggiore negli individui con la BMD più bassa al collo del femore (HR, 2,03; 95% CI, 1,39-2,96) e total body (HR, 1,42; 95% CI, 1,01-2,02) e il più basso punteggio dell’osso trabecolare (HR, 1,59; 95% CI, 1,11-2,28). Solo la BMD al collo del femore era correlata alla demenza incidente per tutte le cause nei primi 5 anni di follow-up (HR, 2,13; 95% CI, 1,28-3,57).
Questi risultati aggiungono «ulteriori conoscenze ai risultati precedenti in relazione al fatto che le associazioni cambiano nel tempo, con la forza dell’effetto che diminuisce con l’aumentare del tempo di follow-up» osservano Ikram e colleghi.
Inoltre, questi dati suggeriscono che la BMD totale e il punteggio osseo trabecolare potrebbero verificarsi come «caratteristiche prodromiche invece che cause di demenza e relativo accumulo di proteine tossiche nel cervello. In altre parole, le persone con demenza subclinica e incipiente possono avere una cattiva salute delle ossa a causa del processo di demenza anziché viceversa».
I ricercatori ribadiscono che sono necessarie ulteriori ricerche che si concentrino sulla capacità predittiva della BMD per la demenza. In ogni caso, «quale indicatore del rischio di demenza, intervenire sulla BMD può migliorare l’assistenza clinica di queste persone, soprattutto considerando le multi-comorbilità e la polifarmacia che sono altamente presenti in questo gruppo di pazienti» concludono.
Da esplorare le funzioni dell’asse osso-cervello
«La salute delle ossa sta assumendo sempre più un ruolo di primo piano negli anziani. Questo studio conferma un’associazione tra cattiva salute delle ossa – bassa densità minerale ossea e punteggi ossei – e scarsa salute del cervello» commenta Shaheen Lakhan, neurologo e ricercatore a Boston, non coinvolto nello studio.
Tuttavia, non è chiaro se il legame sia causale, cioè se la cattiva salute delle ossa porti effettivamente a una cattiva salute del cervello e se ciò possa essere evitato supportando direttamente la densità ossea» aggiunge Lakhan. «Il collegamento potrebbe risiedere nel poco conosciuto “asse cervello-osso” – dove le nostre ossa regolano effettivamente il nostro cervello».
«Prendiamo ad esempio l’ormone osteocalcina, generato dall’osso e che attraversa la barriera emato-encefalica e regola le funzioni cerebrali come la memoria e la cognizione. I topi che non esprimono il gene dell’osteocalcina o vengono iniettati con anticorpi che bloccano l’osteocalcina in effetti hanno scarsa memoria e grave ansia» osserva Lakhan.
«Comunque, una buona salute delle ossa inizia da corrette abitudini: una dieta con abbondanza di calcio, vitamina D e proteine; un regime di esercizi non solo anaerobici, ma anche aerobici, oltre allo stare lontano dal fumo e dall’assunzione di bevande fortemente alcoliche» conclude.
Bibliografia:
Xiao T, Ghatan S, Mooldijk SS, et al. Association of Bone Mineral Density and Dementia: The Rotterdam Study. Neurology. 2023 Mar 22. doi: 10.1212/WNL.0000000000207220. [Epub ahead of print]. leggi