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Diabete di tipo 1: benefici nei giovani con uso di verapamil

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Diabete di tipo 1: verapamil preserva parzialmente i livelli di peptide C tra i più giovani secondo i risultati di uno studio pubblicato su JAMA

I bambini e gli adolescenti di età compresa tra 7 e 17 anni con diabete di tipo 1 di nuova diagnosi hanno mostrato livelli più elevati di peptide C dopo 52 settimane se assumevano giornalmente per via orale il calcio-antagonista verapamil rispetto al placebo. Sono i risultati di uno studio randomizzato e in doppio cieco pubblicato su JAMA.

Nello specifico, dopo 52 settimane con verapamil i pazienti avevano un’area sotto la curva (AUC) del peptide C più elevata e il 95% dei soggetti aveva un livello di peptide C superiore a 0,2 pmol/l rispetto al 71% del gruppo placebo.

«Questa scoperta di un effetto benefico di verapamil ha importanti implicazioni cliniche» ha affermato il co-autore Roy Beck, presidente e direttore medico del Jaeb Center for Health Research Foundation a Tampa, in Florida. «Attualmente, al di fuori degli studi clinici, non vengono prescritti trattamenti per cercare di preservare le cellule beta nel diabete di tipo 1 di nuova diagnosi. Il mantenimento anche di una modesta funzione residua delle cellule produttrici di insulina aiuta il paziente a controllare meglio l’iperglicemia e, soprattutto, riduce il rischio di ipoglicemia. Livelli più elevati di peptide C sono anche associati a un minor rischio di complicanze vascolari legate al diabete e, pertanto, è un obiettivo desiderabile».

Uno studio su bambini e adolescenti con diabete di tipo 1
I ricercatori hanno condotto uno studio clinico randomizzato e in doppio cieco presso sei centri per il diabete pediatrico negli Stati Uniti, arruolando bambini e adolescenti di età compresa tra 7 e 17 anni con diagnosi di diabete di tipo 1 entro 31 giorni dalla randomizzazione, con almeno un autoanticorpo anti-isolotto positivo e un peso corporeo di almeno 30 kg.

La coorte è stata assegnata in modo casuale a ricevere verapamil o placebo, nonché alla gestione intensiva del diabete con un sistema automatizzato di somministrazione di insulina oppure cure standard (che includevano l’uso di un dispositivo CGM di monitoraggio continuo del glucosio) per 52 settimane. La dose di verapamil variava a seconda del peso del paziente e iniziava con 60 mg o 120 mg al giorno. Il dosaggio veniva aumentato a intervalli da 2 a 4 settimane, fino a un massimo di 360 mg al giorno per i partecipanti con più di 50 kg.

Alle visite a 13, 26, 39 e 52 settimane dopo la randomizzazione sono stati raccolti i campioni di sangue ed stato eseguito un test di tolleranza a pasti misti di 2 ore. L’outcome primario era l’area sotto la curva del peptide C a 52 settimane, mentre quelli secondari includevano il livello di picco del peptide C, la percentuale di partecipanti con un picco di peptide C di almeno 0,2 pmol/ml, i livelli di emoglobina glicata (HbA1c) e le metriche di monitoraggio continuo del glucosio.

Con verapamil livelli di peptide C più alti dopo 52 settimane 
Degli 88 partecipanti allo studio (età media 12,7 anni, 41% ragazze, 90% bianchi) in 47 hanno ricevuto verapamil e 41 il placebo, con una dose iniziale media di 1,7 mg/kg al giorno per entrambi i gruppi. La dose finale media era di 5,8 mg/kg al giorno per il gruppo verapamil e di 6,3 mg/kg al giorno per il gruppo placebo. L’aderenza al farmaco è stata del 94% con verapamil e del 93% con placebo.

A 52 settimane il gruppo verapamil aveva una AUC media del peptide C di 0,6 pmol/ml rispetto a 0,44 pmol/ml con il placebo (differenza di trattamento aggiustata 0,14 pmol/ml, P=0,04).

Il picco medio di peptide C era di 0,83 pmol/ml con verapamil rispetto a 0,55 pmol/ml con placebo. Le diminuzioni di HbA1c e il time-in-range (70-180 mg/dl) a 52 settimane erano simili tra i gruppi. Non c’era alcuna differenza tra i gruppi nella variazione della dose totale di insulina. I risultati dello studio erano simili indipendentemente dal fatto che ai partecipanti fosse stata assegnata in modo casuale la gestione intensiva del diabete o le cure standard.

Gli eventi avversi sono stati riportati dall’83% del gruppo verapamil e dal 73% del gruppo placebo. Si è verificato un evento di ipoglicemia grave in ciascun gruppo e un evento di chetoacidosi diabetica nel gruppo placebo. Tre partecipanti in ciascun gruppo hanno manifestato eventi avversi non correlati al trattamento. La percentuale di soggetti con un evento avverso non grave correlato al trattamento è stata del 17% nel gruppo verapamil e del 20% nel gruppo placebo.

Prescrizione di verapamil nei giovani con diabete di nuova diagnosi
Secondo Beck questi risultati dovrebbero incoraggiare i medici a prescrivere verapamil ai giovani con diabete di tipo 1 di nuova diagnosi e potenzialmente alle persone con diabete di tipo 1 di lunga durata il cui pancreas sta ancora producendo insulina.

«Come spesso accade negli studi, i risultati rispondono a una domanda ma ne sollevano molte altre, che dovranno essere affrontate nelle ricerche future» ha osservato. «Ad esempio se il trattamento con verapamil dovrebbe essere continuato a lungo termine oltre 1 anno dalla diagnosi fintanto che il paziente mantiene un residuo di peptide C, se è possibile un effetto benefico anche iniziando la terapia con verapamil mesi o addirittura anni dopo la diagnosi di diabete di tipo 1 a patto che ci sia ancora peptide C residuo, oppure se verapamil sarebbe utile se iniziato anche negli stadi subclinici precedenti del diabete di tipo 1».

Referenze

Forlenza GP et al. Effect of Verapamil on Pancreatic Beta Cell Function in Newly Diagnosed Pediatric Type 1 Diabetes: A Randomized Clinical Trial. JAMA. 2023 Mar 28;329(12):990-999. 

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